Dazi sui pannelli solari cinesi, l’UE sceglie di giocare duro
L’aumento dei dazi doganali sui pannelli solari cinesi è diventato realtà. Il caso di dumping che ha tenuto banco per mesi sembra archiviato, nonostante la contrarietà e i dubbi di alcuni Stati membri. A seguito di un’indagine che ha tenuto occupata la Commissione Europea per nove mesi, l’UE ha deciso di imporre misure antidumping sulle importazioni di pannelli, celle e wafer solari dalla Cina.
Secondo l’Esecutivo di Bruxelles le aziende cinesi stanno infatti violando la legge sul commercio internazionale vendendo moduli fotovoltaici sul mercato europeo al di sotto del loro normale valore di mercato, provocando un significativo effetto distorsivo sulla performance finanziaria e operativa degli operatori europei. Soprattutto su quelle aziende altamente innovative e sui produttori locali.
Si stima che in tre anni abbiano chiuso 60 aziende europee delle quali 30 solo in Germania. L’approccio sarà graduale, per evitare di perturbare il mercato delle importazioni. Dazi al 11,8% fino al 6 agosto 2013, al fine di dare alla Cina un termine ultimo per le negoziazioni. Qualora non si raggiunga nessun accordo, verrà applicato l’intero dazio. La tassa sarà, cioè, fissata al 47,6%, livello necessario per eliminare la distorsione causata dal dumping. Nel complesso, il dazio provvisorio sarà applicato per un massimo di sei mesi. Il livello della tassa non è punitivo, ma viene fissato al minimo necessario per ristabilire condizioni di parità per l’industria europea. Questo perché l’UE applica la cosiddetta “regola del dazio inferiore”. Il valore reale di un pannello cinese venduto in Europa dovrebbe essere dell’88% superiore al prezzo a cui sono effettivamente vendute. Tuttavia, i dazi provvisori sono assai inferiori a questo tasso corrispondente al dumping a cui sono soggetti i pannelli prodotti nel Vecchio Continente.
Senza contare che le imprese orientali dominano l’80% del mercato con una capacità di produzione del 150% del consumo globale. Inoltre, la Commissione ha respinto le paure che le misure possano rallentare il mercato dei pannelli solari oppure danneggiare gli installatori o fornitori europei. Al contrario, l’UE prevede il ripristino di una concorrenza leale, e quindi una maggiore varietà di produttori ed una crescita, sulla lunga distanza, in termini di impiego nel settore solare europeo. La misura fiscale, sostiene la Commissione, salvaguarderebbe, infatti, venticinquemila posti di lavoro esistenti in questo settore produttivo oltre a crearne di nuovi. Come avvenuto, lo scorso anno, negli Stati Uniti. Effetti certamente benefici per l’industria europea delle energie rinnovabili.
Milan Nitzschke, Presidente di EU ProSun, ha commentato con durezza: “Gli argomenti delle lobby sostenute dai cinesi sono assurdi ed un insulto alle reali capacità tecnologiche europee. Dire che uno spostamento verso l’energia solare è possibile solo con beni soggetti a dumping equivale a dire che le prestazioni sportive sono possibili solo con il doping. Dumping significa frode“.
I rapporti con il gigante asiatico si fanno quindi tesi, anche alla luce degli interessi che ci sono in gioco. La Cina, dal canto suo, si oppone fermamente al protezionismo e si dice disposta a trovare una soluzione, accettabile per entrambe le parti, nel quadro dei dispositivi commerciali bilaterali e per promuovere lo sviluppo della partnership economica tra la Cina e l’UE. La decisione europea aveva già provocato minacce di rappresaglie commerciali preventive da parte del governo di Pechino, ma la Commissione ha di fatto ignorato il monito cinese. Tuttavia, si conferma disponibile a dialogare con gli esportatori e con la Camera di Commercio cinese per trovare una soluzione in linea con l’articolo 8 del Basic Anti-Dumping Regulation, augurandosi che i dazi possano essere sospesi a seguito di un negoziato positivo. A questo proposito nelle prossime settimane dovrebbe riunirsi l’Eu-China Joint Committee proprio per discutere i rapporti commerciali tra i due contendenti. Nessuno, infatti, uscirebbe vincitore da una guerra commerciale. La Cina dovrà ora fare proposte importanti, inclusa la cessazione definitiva del dumping distruttivo. In caso contrario, saranno applicate automaticamente le tariffe più alte. Anche l’UE dovrà però rimboccarsi le maniche. È, infatti, fondamentale che per dicembre gli Stati membri riflettano sull’adozione di misure definitive in tema di difesa commerciale anche perché entro il 5 dicembre l’UE dovrà decidere se istituire dazi antidumping definitivi per cinque anni. Il rebus cinese potrebbe, tuttavia, non essere così facile da risolvere. Come già accennato, infatti, non sono pochi gli scettici nei confronti della misura adottata dalla Commissione.
L’Associazione AFASE (Alleanza per un’Energia Solare Accessibile) è contrariata dalla decisione della Commissione, che ha di fatto ignorato le posizioni espresse da 18 dei 27 Stati Membri (tra cui la Germania), che hanno votato contro l’adozione dei dazi. Il timore è quello che, anche se il livello di tassazione fissato per i primi due mesi è inferiore a quello atteso, verrà comunque danneggiata seriamente l’industria solare europea. Gli attuali sviluppi del mercato non lasciano spazio ad un aumento dei prezzi. Perciò, anche dazi all’11,8% bloccheranno la realizzazione della gran parte dei progetti fotovoltaici nell’Unione Europea, causando gravi danni alla catena di valore del solare europeo. Secondo l’istituto indipendente di ricerca economica Prognos, dazi del 20% potrebbero costare all’economia europea fino a 175.500 posti di lavoro e 18 miliardi di Euro in valore aggiunto, nell’arco dei prossimi tre anni. L’appello a entrambe le parti è quindi quello di raggiungere, entro i prossimi due mesi, un accordo che eviti l’aumento dei costi, tenendo in considerazione gli interessi dei settori europei a monte e a valle dell’industria solare.
Beatrice Credi