Nuova PAC, ecco cosa cambia nella riforma approvata dal Parlamento UE
Il Parlamento Europeo ha dato il via libera, nei giorni scorsi, alla riforma della Politica Agricola Comune. L’assemblea ha approvato i quattro dossier della PAC 2014-2020: pagamenti diretti, sviluppo rurale, OCM Unica, e regolamento “orizzontale” su finanziamento, gestione e monitoraggio. L’11 aprile si aprirà poi la fase negoziale dei triloghi con Consiglio e Commissione, con l’obiettivo di trovare l’accordo che porti all’approvazione finale. La riforma non entrerà comunque in vigore prima del 2015 e fino a quel momento saranno prorogate le norme vigenti.
Il voto ha sostanzialmente confermato l’impostazione data dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo lo scorso gennaio, pur bloccando quelli che le associazioni ambientaliste hanno definito “i peggiori aspetti” della proposta. Resta il fatto che non è emersa una particolare intraprendenza del Parlamento nel volere mettere in campo una profonda riforma della PAC. Non sono state inserite, per esempio, adeguate misure per premiare le pratiche agricole più sostenibili come l’agricoltura biologica e biodinamica, né è stato rafforzato il “secondo pilastro”. L’esito delude quindi tutti coloro i quali speravano in un coraggio maggiore da parte degli Eurodeputati. Vediamo dunque i punti salienti degli emendamenti.
Secondo quanto deciso a Strasburgo, sulla “convergenza interna”, maggiore attenzione verrà dedicata a settori ed aree geografiche dove una riduzione degli aiuti troppo repentina potrebbe impattare negativamente sui redditi dei produttori. Al termine del periodo di applicazione delle nuove regole (2020) i premi non saranno, quindi, ridotti di più del 30% rispetto al primo anno di applicazione (2015). Gli Stati potranno anche trasferire fino al 15% di fondi dal primo al secondo pilastro. Saranno liberi, inoltre, di adottare un proprio sistema per uniformare una parte dei titoli di pagamento mentre il greening potrà essere distribuito proporzionalmente per ogni singolo agricoltore, insieme al pagamento base. Sulla”convergenza esterna”, invece, si stabilisce un nuovo criterio di ripartizione delle risorse in base al quale nessun Paese può percepire meno del 65% della media UE.
Il Parlamento ha poi votato a favore della pubblicazione dei beneficiari dei finanziamenti agricoli così da individuare gli agricoltori attivi, e ha inserito un elenco di proprietari terrieri, come gli aeroporti e le società sportive, che dovrebbero essere automaticamente esclusi dal finanziamento comunitario a meno che non dimostrino che l’agricoltura contribuisce a una quota significativa del loro reddito. I giovani agricoltori dovrebbero, poi, ottenere un 25% in più sui pagamenti, fino a un massimo del 2% delle risorse nazionali di pagamenti diretti ai produttori.
Strasburgo ha inoltre sostenuto la proposta della Commissione di stabilire un tetto massimo, il cosiddetto “capping”, per i pagamenti diretti a qualsiasi azienda, pari a 300 mila Euro, e di ridurre i finanziamenti per chi riceve più di 150 mila Euro. Tuttavia, ciò non si applicherebbe alle cooperative che ridistribuiscono tra i propri membri. I deputati sono stati anche d’accordo sul fatto che il 30% dei bilanci nazionali per i pagamenti diretti dovrebbe essere subordinato al rispetto delle misure di “greening“, ma hanno sottolineato che le stesse devono essere rese più flessibili e graduali. I piccoli agricoltori (sotto i 1.500€/anno) non avranno obblighi di condotta ambientale. Le aziende con certificazione ambientale, che praticano agricoltura biologica e che già rispettano pratiche agroambientali di sviluppo rurale avranno automaticamente diritto ai pagamenti verdi, così come saranno esonerate anche le aziende il cui 75% della superficie è coltivata a riso. Per quanto riguarda la diversificazione delle colture, saranno esonerate le aziende con superficie inferiore ai 10 ettari, mentre per quelle tra 10 e 30 ettari saranno previste almeno due colture e sopra i 30 ettari tre colture. Inoltre le sanzioni amministrative previste per il greening non potranno intaccare il premio base.
Sulla flessibilità tra pilastri si propone un massimo del 15% per gli spostamenti dal I al II, aperto a tutti i Paesi, e un massimo del 10% per un limitato numero di Stati per spostamenti dal II al I pilastro. A queste somme dovrebbero aggiungersi anche i fondi non spesi, da utilizzare per misure agroambientali in favore del clima. Chi beneficia dei pagamenti per queste ultime, le aziende situate nelle aree Natura 2000 e chi partecipa a regimi nazionali o regionali di certificazione ambientale, con effetti equivalenti a quelli delle pratiche verdi, oltre alle aziende biologiche, beneficia dei pagamenti verdi senza ulteriori obblighi.
Sull’Organizzazione del Mercato (OCM) si prevedono prezzi di riferimento degli strumenti dell’intervento pubblico e dell’ammasso privato anche in funzione della produzione, dei costi dei fattori produttivi e delle tendenze dei mercati; reintroduzione del grano duro tra le produzioni beneficiarie di intervento pubblico. Invece l’aiuto all’ammasso privato potrà essere attivato anche in seguito a variazioni dei costi medi di produzione, a situazioni aventi un impatto significativo sui margini di profitto dei produttori e alla stagionalità della produzione in alcuni Stati.
Per garantire, inoltre, che la fine del regime delle quote latte non comporti una crisi nel settore lattiero-caseario, i deputati suggeriscono poi di prevedere aiuti per almeno tre mesi dedicati ai produttori di latte che hanno volontariamente tagliato la produzione di almeno il 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. D’altro canto, il Parlamento ha posto il veto a qualunque proposta abbia come scopo quello di mettere fine alle quote nel settore dello zucchero, in scadenza nel 2015, per consentire ai produttori di barbabietole di prepararsi meglio per la liberalizzazione del settore prevista nel 2020. Il diritto d’impianto dei vigneti dovrebbe essere prorogato fino ad almeno il 2030. Per quanto riguarda il settore ortofrutticolo si prevede, invece, un rafforzamento del ruolo delle associazioni che potranno gestire fondi di esercizio, attuare e presentare programmi operativi, stabilire nuove misure per la prevenzione e gestione delle crisi, fare investimenti per rendere più efficace la gestione dei volumi di mercato.
I deputati sottolineano, infine, la necessità di ridurre la burocrazia e garantire che le sanzioni contro la violazione delle regole europee siano proporzionate. In concreto, il processo di semplificazione lanciato dal Parlamento si traduce nella modifica della domanda per accedere ai premi, che avrà validità multiannuale, ma con conferma annuale e nell’introduzione di un sistema di allerta rapido che avvisi l’agricoltore quando sta per incorrere in sanzioni non gravi, (ove cioè non vi sia rischio per salute pubblica o animale). Si deve poi accertare nell’anno seguente che si sia rimediato all’omissione, in caso negativo, la sanzione si applica in maniera retroattiva. Il mancato rispetto dei requisiti non influenzerà l’erogazione dei pagamenti di base. Un approccio che tiene conto del principio di proporzionalità, considerando l’ammontare delle somme interessate, l’esito di audit e la collaborazione dell’azienda a sistemi di certificazione riconosciuti a livello internazionale. È stato anche introdotto il disimpegno automatico, grazie al quale le risorse non spese nel Piano di Sviluppo Rurale potranno essere trasferite a Regioni più virtuose del medesimo Stato Membro.
“La PAC – ha dichiarato il Presidente della Commissione Agricoltura, Paolo De Castro – deve essere resa meno burocratica e più equa per gli agricoltori, non da ultimo per rafforzarli per far fronte a situazioni di crisi. Questa sarà la nostra posizione al momento di negoziare la sua forma definitiva con gli Stati membri”. La parola fine alla lunga marcia verso l’approvazione definitiva della nuova PAC non è stata, dunque, ancora scritta.
Beatrice Credi