La saga dell’AIA: Clini rivendica, Squinzi accusa, i grillini rilanciano
Secondo quanto dichiarato, nei giorni scorsi, dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, “è imprescindibile, se vogliamo continuare a essere un Paese ancora in grado di attrarre investimenti e mantenere uno sviluppo industriale moderno, esigere un nuovo quadro normativo ambientale allineato agli standard europei e un radicale intervento di semplificazione amministrativa sulle procedure”. Il contesto era quello della presentazione di uno studio di Confindustria che, in occasione del recepimento della direttiva sulle emissioni industriali (la 2010/75/UE che prevede, tra l’altro, da parte degli impianti industriali, l’applicazione della “BAT” – Best Available Technology - vale a dire le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso), ha realizzato un’analisi comparativa della disciplina di Autorizzazione Integrata Ambientale a livello europeo e internazionale.
L’occasione è valsa, al numero uno di Viale dell’Astronomia, per entrare nel merito della semplificazione delle regole ambientali e valutare l’impatto dell’AIA sulle imprese che “deve avvenire”, ha sostenuto Squinzi, “nel rispetto delle disposizioni comunitarie e degli standard prevalenti negli altri paesi, senza oneri impropri”, ha precisato. In effetti, in Italia, i tempi per il rilascio dell’AIA sono tra i più lunghi in Europa: variano dai 14 ai 21 mesi, e questo nonostante il D.Lgs. 18/02/2005 n. 59 – che attua la direttiva 96/61/CE, l’I.P.P.C. ( Integrated Pollution Prevention and Control), relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento – prescriva un termine massimo di 150 giorni e renda obbligatorio il rilascio dell’AIA. Non solo: il termine si allunga fino a superare i 20 mesi nel settore della raffinazione, fino ai 5 anni in quello della chimica e del termoelettrico. A rendere poi ancora più difficile, dal punto di vista delle imprese, il quadro burocratico, c’è, secondo Confindustria, la durata delle autorizzazioni, che da noi è molto più breve (5 anni) rispetto agli altri paesi europei (generalmente di 10 anni), mentre i costi sono elevatissimi.“Appare evidente”, ha commentato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, “come la disciplina comunitaria in materia ambientale sia spesso recepita nel nostro paese in maniera più restrittiva rispetto a quanto richiesto dalla stessa UE (ad esempio per i limiti di emissioni, le sanzioni, gli oneri e le tariffe a carico delle imprese)”.
Al presidente di Confindustria ha risposto Corrado Clini. Il Ministro uscente per l’Ambiente, in una lettera indirizzata per l’occasione a Squinzi, ricorda come “in pochi mesi abbiamo rinnovato un’AIA che, nella prima versione, aveva richiesto 5 anni, un tempo assurdo e incompatibile con i tempi della competizione delle imprese nei mercati internazionali”. Clini ha aggiunto che “resta ancora molto da fare”: e infatti il disegno di legge sulla semplificazione, approvato dall’Aula della Camera, deve ancora completare l’iter al Senato. “Nel ddl”, scrive Clini, “avevo previsto una procedura chiara sulle modalità e sui tempi per le AIA, in modo tale da evitare il ripetersi della inaccettabile sequenza di conferenze di servizi interlocutorie che hanno lasciato aperte procedure per anni. Spero che la legge possa essere ripresa dal nuovo parlamento e approvata”. Il riferimento del titolare dell’Ambiente è al decreto – fatto approvare in Consiglio dei Ministri a fine febbraio – che istituisce la nuova Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) per le Piccole e medie imprese, inglobando una serie di adempimenti burocratici: l’autorizzazione passa dalla durata di 5 anni a 15, con la previsione di un monitoraggio annuale per verificare che la semplificazione effettivamente funzioni.
Ma nel mondo ambientalista c’è chi, al contrario, pensa che già il provvedimento del Governo sia troppo permissivo, una sorta di “liberi tutti per chi inquina”, più che di una semplificazione. E’il caso di Angelo Bonelli, il leader dei Verdi che, prima delle elezioni, lo aveva definito “un regalo elettorale per un sistema produttivo che lo stava aspettando con ansia: l’interesse dell’impresa a risparmiare tempo e denaro è prevalente rispetto alla tutela dell’ambiente e della salute”, ha chiosato Bonelli.
Sembrerebbe dunque che il tema delle regole sulla protezione ambientale da un lato, e quello delle norme sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese dall’altro (le nuove norme riguarderanno “solo” le PMI, che però rappresentano circa l’80% del sistema produttivo italiano), polarizzino il dibattito pubblico del Paese. Eppure, semre Squinzi, nei giorni scorsi, ha aggiunto: “Riteniamo che la sfida della sostenibilità sia non solo un dovere etico morale, ma anche una straordinaria opportunità di innovazione tecnologica e di sviluppo“. E c’è già chi interpreta le parole del presidente di Confindustria in chiave di “avvertimento” rivolto all’esercito dei neo-eletti del M5S. Il movimento di Grillo, infatti – le cui politiche ambientali, il capo degli industriali ha definito con un’impostazione a metà strada “tra l’agreste e il bucolico” – in questo ambito, chiede regole più rigide.
Ilaria Donatio