Nitrati: la querelle incompiuta tra agricoltori italiani e Unione Europea
“I conti non tornano”, tuona Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza. E in effetti la partita sulla Direttiva Nitrati che si gioca tra Bruxelles e l’Italia è ancora aperta ed è diventata un terreno di scontro tra gli agricoltori, l’Europa e il Ministero dell’Ambiente.
Con “Direttiva nitrati” si intende la direttiva comunitaria 91/976/CEE, che prevede l’individuazione di zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, nelle quali è introdotto il divieto di spargimento dei reflui degli allevamenti oltre il limite massimo annuo di 170 chili di azoto per ettaro, dimezzandoli di fatto rispetto a prima (il limite era 340 kg). Gli agricoltori lamentano il fatto che non saprebbero dove mettere metà dei liquami e del letame prodotti.
Il provvedimento è stato recepito dal nostro Paese col decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 52 e con il decreto ministeriale 7 aprile 2006. Ora, con la legge di stabilità è stato rimandato tutto al 2014 e quindi la direttiva entrerà in vigore tra un anno. E mentre l‘Ispra e i ministeri dell’Ambiente e delle Politiche agricole stanno riperimetrando le zone vulnerabili ai nitrati, l’UE ha indicato all’Italia di applicare alle aree vulnerabili gli stessi limiti di quelle non vulnerabili. Il ministro Corrado Clini, di conseguenza, ha ordinato alle Regioni di applicare la direttiva.
“Il fertilizzante organico è finito sotto accusa ingiustamente”, prosegue Chiesa. Il presidente di Coldiretti, Sergio Marini se la prende col ministro, accusandolo di aver invitato le Regioni ad applicare la direttiva senza prima modificare il perimetro delle zone vulnerabili, dicendosi pronto a mettere in campo una task force per monitorare le reali fonti di inquinamento. “Sono molto rammaricato di essere stato tacciato di arroganza dal presidente della Coldiretti, ma la posizione sui nitrati assunta dal governo è un atto dovuto”, taglia corto Clini, che chiarisce: “Credo che sia interesse delle Regioni adottare, come già fatto dall’Emilia Romagna, misure chiare per rispettare la direttiva senza compromettere la produttività, tutelando le aziende agricole e le loro opportunità di accedere ai fondi UE. Va ricordato che dopo l’approvazione del Parlamento di una norma non coerente con le direttive europee in materia di inquinamento da nitrati, il commissario europeo Janez Potocnik ha scritto una lettera chiedendo all’Italia di dare entro cinque giorni indicazioni sul rispetto della direttiva europea”.
Per Angelo Basile, ricercatore CNR dell’Istituto dei Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (Isafom), “l’argomento è complesso dal punto di vista della ricerca”, perché “i nitrati intervengono su diverse scale temporali e spaziali, hanno origine agricola, urbana e industriale. Le multe e i costi di smaltimento devono essere pagati da chi inquina, azienda agricola o industria, saperlo è difficile anche perché per capirne l’origine si usano gli isotopi ma è un’analisi costosa”, prosegue il ricercatore. Queste sostanze arrivano al suolo come azoto, come deiezioni animali: “Nella parte più attiva del terreno, a circa un metro, i nitrati entrano in contatto con i microrganismi che si rigenerano ogni mezz’ora, massimo un’ora. Tutto ciò che è prodotto entra nelle trasformazioni del suolo e vengono portate verso il basso, poi, lì le falde sono collegate tra di loro”.
Un fenomeno quindi complesso che difficilmente può essere inquadrato con norme universali, secondo Basile: “La direttiva UE non può stabilire una scala universale, poiché per farlo bisognerebbe prevedere cosa succede nel terreno: fare ricerca sui nitrati è difficile perché prevedere le reazioni è impossibile”. E se qualcuno porta come esempio positivo il caso dell’Olanda, che ha utilizzato liquami e letame come fertilizzante per le floricolture, Basile invita a essere cauti: “Come altri Paesi, l’Olanda ha chiesto una deroga alla direttiva UE per superare il limite dei 170 kg per ettaro dimostrando che non c’erano conseguenze ed è stata accettata. Anche alcune regioni italiane lo hanno fatto, soprattutto nel Nord dove gli allevamenti di bestiame sono più intensivi e quindi inquinano di più”. Il rischio, però, è che il limite imposto dalla UE possa essere devastante per alcune aree e assolutamente inconsistente per altre. “Bisogna trovare un equilibrio tra gli ettari e la quantità di capi. Molto dipende dalle condizioni agricole di un determinato terreno: in inverno, per esempio, o nelle zone più umide come la pianura Padana, la situazione dei nitrati diventa problematica, perché l’acqua provoca una reazione dell’azoto chiamata lisciviazione, ovvero scende più facilmente nel terreno, così come quando si fanno colture intensive e si concima anche d’inverno. È molto rischioso”. E l’Isafom grazie a un finanziamento dell’Europa per i progetti Life, con i quali si chiede di trasferire la conoscenza al territorio, ha creato un sistema web che permette a chiunque, agricoltori e aziende sul territorio, di gestire il proprio territorio, per capire la quantità di nitrati nel terreno.
Marta Rossi