“La grande abbuffata non esiste più, vince la salute”. Intervista a Paolo Massobrio
Più che un manuale, una guida con il papillon. Paolo Massobrio, l’uomo che con il meteorologo Luca Mercalli condivide il primato del papillon sempre indosso, uno dei critici enogastronomici più seguiti d’Italia, è appena uscito in libreria con la sua Guida Critica Golosa 2013, un vademecum del buongustaio che dà lumi su ristoranti, piole, piolette e trattorie di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Lombardia, Piacentino e Costa Azzurra per l’anno prossimo. E da guru della buona tavola, interviene questa settimana nella nostra rubrica V.I.P. per togliere di mezzo un po’ false credenze.
D) E’ una nostra impressione, o i menu dei ristoranti stanno diventando sempre più salutistici?
R) E’ stato finalmente fatto il salto di qualità che ci voleva da tempo. L’apparizione del carrello delle verdure in alcuni ristoranti era auspicabile. Sembrava impossibile, oggi c’è ed è una pietanza di gusto e non triste a tutti i costi, come si credeva. Certo si potrebbe fare di più…
D) In che senso?
R) Ad esempio si fa ancora troppo poco sul fronte delle zuppe, che sono piatti completi. Non ci si può più permettere di farle in casa, per mancanza di tempo, per cui sarebbe cosa buona e giusta trovarle nei menu dei ristoranti. Ma accade di rado, mentre sono una portata gustosa, su cui si può lavorare molto di fantasia, con un ottimo valore nutrizionale.
D) E’ finita l’era del ristorante dalle proposte ultrasperimentali? Si ritorna verso ricette più “normali”?
R) I ristoranti dovrebbero sempre assolvere al doppio ruolo di luoghi esclusivi del gusto, con creatività, ma non è più tempo di esagerare. Spesso hanno pensato di andare “troppo avanti” sulla cucina, con spinte esasperate e noiose. Il cliente si è stufato. Ma è lui il riferimento più importante, non il cuoco, come pensano molti.
D) Da una vostra indagine tra i ristoratori, viene fuori che sono i giovani ad aver fatto la rivoluzione. Meno disposti a spendere, bevono e mangiano di meno, contribuendo a modificare l’offerta.
R) Dirla così è un po’ semplicistico. E’ vero che i giovani possono spendere meno. Ma i giovani, ovviamente, non sono gli unici clienti. Anzi sono appunto quelli con minori disponibilità economiche. Sono cambiate le abitudini e le proposte da parte dei ristoratori anche perché abbiamo sviluppato patologie alimentari legate ai consumi eccessivi che ci stanno facendo ripensare il nostro approccio alla tavola. Sono piuttosto le donne, a mio parere, le responsabili della rivoluzione.
D) La grande abbuffata non ci sta più, dunque. A casa, come al ristorante…
R) No, è scomparsa. Perfino ai pranzi ufficiali, a Natale e Capodanno. C’è una nuova generazione di ristoratori che da cinque anni lavora su questi aspetti. Anche con intenzione educativa: andare al ristorante significa sempre più alzarsi soddisfatti e abbastanza leggeri, in forma.
D) Tra le regioni italiane ce n’è qualcuna che mangia meglio di altre?
R) No, abbiamo così tanta diversità a tavola che ogni regione riesce a trovare il suo equilibrio. Siamo unici al mondo per questo. Se proprio dovessi rispondere, paradossalmente forse la regione che si nutre meglio è la Sicilia perché cucina tanto pesce, però poi c’è la caponata che ti frega sulle calorie. Direi che la nostra dieta mediterranea è il compromesso migliore.
D) Lei dove vive?
R) Ad Alessandria.
D) Com’è la qualità della vita in Piemonte?
R) Ci vivo con orgoglio. Giro molto a piedi perché questa città è un paesone, conosci tutti, l’auto puoi dimenticarla. E già io sono costretto a fare 60 mila chilometri l’anno per lavoro…almeno quando mi riposo voglio camminare. Ci sono dettagli che si colgono solo così. In auto ti perdi l’odore delle atmosfere, quasi non ti accorgi che passano le stagioni.
D) Il suo luogo d’elezione, la seconda casa del cuore?
R) La Francia, anzi la Borgogna, che ha una storia molto simile a quella delle mie zone.
D) E anche degli ottimi vini…
R) Prima viene la storia, poi tutto il resto, in questo caso.
D) Un luogo invece per cui le piange il cuore, per come è stato deturpato?
R) La Calabria. Questi paesini dell’entroterra così abbandonati, lasciati a metà, lasciati impoverire, abbandonati a se stessi…
D) Nella sua guida critica ci sono moltissimi consigli utili per frequentare i migliori ristoranti, aggiornati di anno in anno. Com’è la nati-mortalità delle imprese della ristorazione?
R) In Piemonte teniamo meglio che altrove. Più che in Lombardia, perché abbiamo aziende molto flessibili, a conduzione familiare, con ottimi prezzi. Certo, è un gran peccato che il migliore ristorante della Val Sesia abbia chiuso. Era un gioiello, ma teneva aperto solo nel weekend. Appena c’è stato un po’ di calo, non ha retto. Peccato davvero.
Letizia Tortello