Il bilancio UE paralizza la riforma PAC. E gli allevatori sparano latte sul Parlamento di Bruxelles
La lunga corsa verso l’approvazione della nuova Politica Agricola Comune (PAC) sembra davvero senza fine. Era il 2011 quando la Commissione presentò pubblicamente i primi documenti, ma il testo definitivo entrerà in vigore solo nel 2014. Tuttavia, poco o niente è stato ancora deciso nella sua forma finale e le riunioni delle istituzioni europee, delle associazioni di categoria e dei ministeri coinvolti nei vari Stati membri si susseguono a ritmo ormai incalzante. La settimana appena chiusa è stata la volta del Consiglio Europeo Agricoltura e Pesca.
Riunitisi a Bruxelles il 27 e 28 novembre, i Ministri, sotto la presidenza di Sofoklis Aletraris, Ministro cipriota dell’Agricoltura, delle Risorse Naturali e dell’Ambiente hanno affrontato principalmente tre temi: greening, sviluppo rurale e mercato comune, nello specifico il commercio dello zucchero.
Per quanto riguarda i primi due punti, il documento sul tavolo del Consiglio è ancora quello che contiene le indicazioni della Commissione Europea. L’esecutivo di Bruxelles propone che il 30% della dotazione economica dedicata ai pagamenti diretti sia riservata specificatamente all’applicazione di pratiche agricole sostenibili e per la fornitura di beni e servizi pubblici ambientali che non sono remunerati dal mercato. Ogni imprenditore dovrebbe applicare tre misure specifiche per rientrare in questa casistica. Pascolo permanente, la garanzia della diversificazione delle colture nei terreni arabili, e il mantenimento di un 7% di “zone di interesse ecologico” (ecological focus area) in ciascuna azienda. Devono quindi essere tenuti in considerazione i margini dei campi, le siepi ed altre aree “non produttive” preesistenti, che non sono ammissibili per il sostegno economico. Nel mese di aprile, la Commissione aveva anche deciso di studiare un modo certificato per vagliare regimi agro-ambientali in parte o completamente equivalenti alle misure di greening, in modo che gli agricoltori possano scegliere di applicare le tre misure citate, o standard diversi concepiti a livello nazionale o regionale, ma comunque efficaci per soddisfare le disposizioni che richiedono più attenzione all’ambiente.
I Ministri hanno anche affrontato la necessità di trovare una soluzione per evitare doppi finanziamenti. Quelli ricevuti per misure legate al clima, nell’ambito del pilastro dedicato allo sviluppo rurale e quelli per interventi “green” legati al pilastro dei pagamenti diretti della nuova PAC.
Il regime delle “quote di zucchero”, invece, è in scadenza nel 2015, come concordato nella riforma 2006. La Commissione ritiene però che il settore sia oggi pronto per affrontare la concorrenza internazionale, e che il sistema delle quote non sia più necessario. Ma alcuni Stati membri hanno già chiesto una proroga del regime.
Al termine del Consiglio, il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania si è mostrato tendenzialmente scettico sul pacchetto delle misure ambientali (come, per altro, Greenews.info aveva evidenziato già all’inizio del 2012): “Sul ‘greening’ - ha ribadito Catania – dobbiamo pensare a un sistema flessibile e semplice per gli Stati. Inoltre, credo che sia necessario discutere della percentuale del 7% relativa alle ‘ecological focus area’: si tratta di una soglia troppo elevata, ritengo che si debba arrivare a un accordo su un livello più ragionevole“. Il Ministro ha poi aggiunto: “Per quanto riguarda la diversificazione penso che sarebbe interessante riflettere sulla possibilità di applicare la misura a seconda della grandezza dell’azienda. Sono d’accordo sull’obbligo di tre colture per le grandi aziende, quelle sopra i 50 ettari ad esempio, mentre per quelle di medie dimensioni è opportuno mantenere l’obbligo di due. Le piccole aziende, invece, andrebbero escluse dall’obbligo della diversificazione, così come è giusto non imporre il vincolo ai pascoli permanenti e alle colture arboree, che hanno già un forte valore ambientale”.
Il Commissario Europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos sarà in Italia il prossimo 14 dicembre e l’occasione permetterà forse di continuare il dibattito su tutti gli aspetti ancora aperti del negoziato per la riforma della PAC, in particolare sulla portata delle risorse che spetteranno al nostro Paese. A livello europeo tutto appare, comunque, ancora bloccato. Permangono forti divisioni tra i Paesi membri, che rischiano di protrarre le decisioni ad un futuro sempre più lontano e indefinito. Pare, infatti, che la Presidenza cipriota non sia nelle condizioni di proporre nemmeno un documento di approccio generale sulla riforma, ulteriore conferma del fatto che il negoziato è ancora in salita. Toccherebbe, quindi, alla prossima Presidenza di turno, l’Irlanda, che prenderà il testimone dai ciprioti il 1° gennaio, affrontare il dossier della PAC 2014/2020. Il Ministro irlandese pare che condivida con Catania alcuni punti sulla ripartizione degli aiuti diretti. Forti dubbi permangono tuttavia sulla possibilità che l’approvazione avvenga prima dell’inizio del prossimo settennio, il che significherebbe il ricorso ad un “regime transitorio” per la PAC. Un’ipotesi che troverebbe conferma anche nel fatto che non sono pochi gli Stati, tra cui l’Italia, ad avere suggerito alla Commissione di cominciare a redigere “norme ponte”.
La riforma, inoltre, sarebbe già fuori tempo massimo – per iniziare nel 2014 – anche se un accordo sul bilancio dei prossimi sette anni (da cui dipende la decisione sui fondi per l’agricoltura), dovesse essere raggiunto il prossimo febbraio. Ad ostacolare il percorso della nuova PAC c’è, infatti, tra le altre cose, un delicatissimo dibattito politico a monte. Vale a dire la definizione del Quadro finanziario pluriennale dell’Unione Europea, una sorta di “legge finanziaria” in cui l’UE dettaglia come intende utilizzare il suo budget nei sette anni a venire. L’intesa Parlamento-Consiglio sulla nuova PAC e l’implementazione dei Regolamenti che vi fanno riferimento, viaggiano di pari passo con lo scenario ottimistico o pessimistico sull’accordo finanziario. Sul quale i Capi di Stato e di Governo non sono riusciti a trovare una posizione comune nell’ultimo Consiglio, che si è concluso con un clamoroso buco nell’acqua. Dovuto anche al fatto che è la prima volta che l’UE deve affrontare tagli così importanti nel settore dell’agricoltura, i cui fondi sono gestiti per quasi il 90% da Bruxelles. La riduzione dei budget ammonterebbe a circa 43 miliardi di euro. Di cui 19,9 verrebbero sottratti agli aiuti diretti per gli agricoltori, e altri 21,4 miliardi dai fondi a sostegno dello sviluppo rurale. Andrebbero però aggiunti 2,8 miliardi voluti dalla Commissione per le crisi di mercato.
Uno scenario a tinte fosche, dunque, quello che potrebbe prendere forma all’inizio del prossimo anno, con un bilancio UE fortemente ridotto e con la nuova PAC che potrebbe vedere la luce addirittura nel 2015, secondo i più pessimisti. Anche per questo Bruxelles è stata teatro, nei giorni scorsi, di una violenta protesta scatenata dagli allevatori, che hanno denunciato le enormi difficoltà che la zootecnia da latte sta attraversando. Centinaia di trattori hanno attraversato la capitale europea marciando fino alle porte del Parlamento Europeo, preso letteralmente d’assalto a colpi di latte sparato dagli idranti. La tensione è stata alta non solo per i prezzi inadeguati del latte, ma anche per le prospettive di tagli alla PAC. Il Commissario Dacian Ciolos ha incontrato gli allevatori che hanno ribadito, in vista della abolizione del sistema delle quote latte, la necessità della creazione di un’Agenzia di Sorveglianza che fornisca le dovute garanzie ai produttori. Una proposta che non ha ricevuto, per ora, accoglienza da parte della Commissione.
Beatrice Credi