Come orientarsi nella bioedilizia. Intervista a Mario Veronese, ANAB
Mentre si moltiplicano in Italia gli eventi e le fiere dedicati alla bioedilizia – proprio in questi giorni è in corso a Modena la Settimana della Bioarchitettura e della Domotica – sull’argomento rimane una certa confusione. Dei cittadini, in primo luogo, che vorrebbero ristrutturare la propria casa o costruirne una nuova secondo criteri “ecologici” e di efficienza energetica, ma anche di molti professionisti, che vedono ancora la bioedilizia come uno sfizio da ambientalisti. Sembra dunque non essersi ancora radicata una piena consapevolezza sui principi di cui tenere conto in fase di progettazione, su quali materiali possano essere considerati effettivamente conformi, sulla normativa e le certificazioni.
Anab è l’Associazione Nazionale dell’Architettura Bioecologica, che dal 1989 si occupa di formare i professionisti e sensibilizzare le imprese, ma anche di certificare i materiali e misurare la sostenibilità degli edifici. Abbiamo intervistato Mario Veronese, bioarchitetto e segretario dell’associazione, che ci ha aiutato a fare maggiore chiarezza in una materia difficile, dove il dibattito su quali pratiche e materiali includere o meno è ancora in corso.
D) Architetto, quali sono i principi basilari della bioarchitettura, contenuti anche nel Manifesto di Anab?
R) Si tratta di principi abbastanza semplici da riassumere, ma difficili da rispettare, stante il mondo produttivo attuale e la sensibilità di cittadini, progettisti, costruttori. In primo luogo, tutti i materiali da costruzione devono avere un ciclo di vita che danneggi il meno possibile l’ambiente: parliamo soprattutto di materiali naturali, non trattati con sostanze chimiche di sintesi, che alla fine della loro vita possono tornare nell’ambiente naturale senza particolari problemi. Bisogna poi conservare un’alta presenza dell’uomo nei processi costruttivi: è giusto trovare un corretto incrocio tra sistemi artigianali e industrializzati, che di solito hanno un impatto maggiore sull’ambiente. Ma una costruzione non può definirsi veramente sostenibile se non usa l’energia in modo consapevole. Valorizziamo i sistemi conservativi, che tendono a conservare l’energia più che a utilizzarla.
D) Dunque il modello della casa passiva?
R) Sì, ma facendo attenzione a come viene ottenuta la passività. Molti produttori parlano di casa passiva, ma isolano l’edificio con pannelli di polistirene e polietilene, senza considerare la traspirabilità dell’abitazione e le emissioni interne date da questi materiali. Il nostro modello è piuttosto una costruzione in cui si toglie dall’involucro tutto ciò che è impianto, per aggiungere le strutture che possono aiutare a compensare i cambiamenti stagionali, come masse naturali isolanti, ma anche elementi come l’orientamento e l’esposizione alla luce solare.
D) Parliamo di materiali. Quali si possono utilizzare in bioarchitettura?
R) Nella misura del possibile, usiamo materiali realizzati solo con componenti naturali. Dove non è possibile, per esempio nel caso delle fondazioni, ci orientiamo verso materiali certificati per il loro basso impatto ambientale. Anab collabora con Icea per rilasciare una certificazione che garantisce prodotti il cui ciclo di vita non è dannoso per l’ambiente.
D) Quanto si spende in più, in media, se si decide di costruire la propria casa in bioedilizia piuttosto che con metodi e materiali convenzionali?
R) Premetto che in diversi casi la bioedilizia si sposa con finiture degli ambienti più sobrie ed essenziali, che comportano minori costi. In realtà, poi, se per la costruzione la spesa è maggiore, facendo due conti sulla gestione della casa, si vede che c’è un risparmio in termini di consumo energetico. Bisognerebbe che la normativa stessa facesse proprio questo criterio, andando a finanziare la differenza di costi iniziale che la bioedilizia comporta, visto che poi a lungo termine tutta la collettività si avvantaggia di edifici più efficienti. La detrazione del 55% è ancora troppo poco per la gravità della situazione energetica.
D) Oltre al decreto sulle detrazioni, ci sono altre leggi di riferimento per chi vuole costruire in bioedilizia?
R) No. Ci sono solo dei protocolli che non sono stati ancora armonizzati. Uno è il protocollo ITACA, che misura la sostenibilità dell’edificio. Anche Anab ha un suo sistema di misura: SB100 è un software di supporto alla progettazione, che calcola l’impatto di ogni intervento sulla sostenibilità della costruzione.
D) Sono diversi anche i sistemi di certificazione per gli edifici in bioarchitettura, ma non tutti garantiscono una valutazione della casa nel suo complesso. Come muoversi?
R) In generale, non sono d’accordo con quei sistemi che hanno una soglia di accettazione troppo bassa. Molto spesso si utilizzano impropriamente nel nostro Paese sistemi di certificazione nati in altri contesti geografici e culturali, mentre sarebbe opportuno realizzarne altri pensati per i nostri territori. Non è la stessa cosa costruire a Bolzano o a Catania. Proprio per questo il sistema di Anab che citavo prima tiene conto delle variabili climatiche e geografiche.
Veronica Ulivieri