Parlamento? Assente. Strategie nazionali di pseudo-consultazione energetica
Venerdì scorso, la Commissione Ambiente della Camera ha approvato un emendamento alla Legge di Stabilità che chiede di sopprimere le misure di moderazione e spegnimento delle fonti di illuminazione pubblica previste dal piano “cieli bui”. Per il momento, in verità, non succede nulla: la procedura per l’approvazione delle Leggi di Bilancio (com’è quella di Stabilità) prevede, infatti, che l’emendamento sia esaminato, ora, dalla Commissione Bilancio come emendamento proposto dalla Commissione Ambiente. In quella sede, l’emendamento andrà esaminato nelle coperture finanziarie e rivotato, per diventare effettivamente modificativo della Legge di Stabilità.
La circostanza ci sembra significativamente sintomatica di qualcosa che non va: sprechi, inefficienze e inquinamento luminoso delle illuminazioni pubbliche, infatti, erano stati segnalati da oltre 8.000 cittadini nell’ambito della consultazione pubblica sulla spending review (in totale sono state oltre 135.000 le segnalazioni pervenute).
Ma non basta: il 24 ottobre, il Governo era “andato sotto” in Commissione Lavoro su un emendamento alla legge di stabilità finalizzato ad allargare le tutele per gli “esodati”. Il 10 ottobre, infine, la Commissione Finanze della Camera ha “stralciato” dallo schema di delega fiscale l’articolo 14 sulla fiscalità ambientale; a quest’ultimo riguardo, a nulla è valso, almeno per ora, il forte dissenso espresso dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il quale ha ricordato come questa scelta contrasti sia con quanto deciso dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 aprile, sia con la rotta indicata dalla Raccomandazione del Consiglio Europeo sul Programma Nazionale di riforma italiano del 10 luglio.
In un simile contesto, dove l’idillio tra Parlamento e Governo sembra ormai finito (sarà perché si avvicinano le elezioni?), il 16 ottobre scorso, il Ministro dello Sviluppo Economico delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera ha presentato al Consiglio dei Ministri la prima bozza della Strategia Energetica Nazionale (SEN). Riduzione dei costi energetici, pieno raggiungimento e superamento di tutti gli obiettivi europei in materia ambientale, maggiore sicurezza di approvvigionamento e sviluppo industriale del settore energia: questi i 4 obiettivi (dichiarati) del documento.
Prima (e forse più ancora) dei contenuti, la circostanza interessante è, però, che la SEN sia stata posta in consultazione, fino al 30 novembre: chiunque potrà rispondere a 24 quesiti specifici e formulare osservazioni più generali, anche se, come dire, è chiaro che l’impostazione non potrà cambiare. In parallelo, sono previste consultazioni formali con le Commissioni competenti di Camera e Senato e incontri con parti sociali, associazioni di categoria e anche istituti di ricerca. Terminato il lungo giro di consultazioni, il lavoro di sintesi verrà presentato nel corso di una conferenza – sul sito si parla di conferenza pubblica – per essere portato, infine, al varo del Cipe. Non è previsto invece che il Parlamento si pronunci con un voto su una mozione o su un ordine del giorno.
A nostro avviso quest’ultimo passaggio sarebbe senz’altro opportuno, quanto meno per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, il Governo (almeno l’attuale) non potrà realizzare nulla di quello che la Strategia si prefigge. In secondo luogo, la SEN dovrebbe fissare una serie di indicazioni di priorità e indirizzo che il Governo, o meglio il Paese, dovrebbe seguire in campo energetico e che dovrebbero essere prese seriamente in considerazione dagli operatori del settore.
Ci permettiamo, tuttavia, di ricordare che la fissazione di obiettivi è funzione propria (e qualificante) del Parlamento, anche in presenza di governi tecnici o del Presidente. Peraltro, questi ultimi non sono sottoposti al giudizio ex post degli elettori; o meglio, non lo sono fin quando quei componenti non aspirino, candidandosi, a diventare onorevoli o senatori.
Va ricordato, inoltre, che l’art. 7 delle legge 133/2008, interamente dedicato alla SEN, non prevede alcun passaggio parlamentare. Quindi, in caso di mancata espressione delle Camere per mancanza di tempo o per causa di forza maggiore, non ci sarebbero particolari appigli per protestare. Sembra paradossale, tuttavia, che dopo più di due anni di indagine conoscitiva, i senatori della X Commissione non possano esprimere il loro autorevole e ormai competente giudizio...
Ma il problema vero, a nostro avviso, è un altro: la legge 133/2008 – che convertì il tanto urgente decreto n. 112 – non si trova citata né nel corposo comunicato stampa (10 pagine!), né nelle oltre 100 pagine della SEN vera e propria. Eppure, senza il disposto quella norma, il Governo non avrebbe avuto motivo alcuno per elaborare la strategia! Un richiamo alla Legge sarebbe doveroso, non solo perché l’Italia è un paese civil law, ma anche per l’efficacia stessa della Strategia.
A proposito di efficacia, una domanda circola tra operatori e addetti ai lavori: alla fine, quale valore avrà quanto scritto nella SEN? Potrà essere utile in un giudizio? Di quale tipo di atto si tratta? Da quanto si è appreso finora, ci si sta, per l’appunto, orientando verso una delibera del CIPE, ripetendo la formula adottata per i vecchi Piani Energetici. Trattandosi quindi di un documento di natura prettamente tecnica, si potrebbe argomentare che si tratti di un atto di natura amministrativa e, come tale, suscettibile di impugnazione davanti al Tar Lazio. E, lo sappiamo bene, motivi di doglianza innanzi al giudice amministrativo se ne trovano sempre…
Uno vorremmo segnarlo subito: l’art. 7 della legge 133/2008, al secondo comma, testualmente recita che “Ai fini della elaborazione della proposta di cui al comma 1 – la SEN – il Ministro dello Sviluppo economico convoca, d’intesa con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, una Conferenza Nazionale dell’Energia e dell’Ambiente”. Se tutto va bene, però, la Conferenza si terrà dopo la chiusura della consultazione. Crediamo che l’attuale procedura immaginata dai Tecnici del MSE non sia esattamente la stessa cosa, e ciò non è un dettaglio di poco conto. Qualcuno, infatti, ricorderà che la Strategia Energetica era stata fortissimamente voluta dall’allora Ministro Claudio Scajola per ammantare di condivisione e consenso il ritorno al nucleare. Ora che il fantasma atomico è sparito, gli argomenti di scontro sono molti meno; tuttavia, con la campagna elettorale che incombe e le note posizioni di alcune Regioni – per esempio – sull’estrazione di idrocarburi, non possiamo non considerare che presentare un ricorso al Tar è operazione parecchio più semplice, ed economica, che indire un referendum. Ma non è detto che sia meno efficace, anzi.
Infine, una prima specifica critica riguardo a contenuti e tempistica: a ben pensare, anche a prescindere dal sogno nucleare, le fonti che avrebbero avuto un maggior bisogno d’indirizzo, se non addirittura di un vero percorso di crescita con regole chiare e stabili, erano, senza dubbio alcuno, le rinnovabili. Come sia andata e come stia andando è cosa nota a tutti. Ma chissà come sarebbe andata se – per esempio – 4 anni fa’ fosse stata redatta una SEAN: Strategia Energetica e Ambientale Nazionale.
Antonio Di Martino e Antonio Sileo*
*Ricercatori IEFE Bocconi