Rischio proroga sulla PAC. E le associazioni richiamano l’attenzione sui temi ambientali
Dopo lunghe contrattazioni, e a poco più di un anno dall’entrata in vigore della nuova PAC 2014-2020, la situazione in Europa sembra tornata al punto di partenza. Il nodo del budget della Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, infatti, rimane ancora da sciogliere ed è solo un pezzo, anche se non proprio trascurabile, della battaglia più grande che si sta consumando sul Bilancio UE.
Il ministro alle Politiche Agricole Mario Catania, nei giorni scorsi a Torino per incontrare gli assessori regionali all’agricoltura, riuniti al Salone del Gusto, ha spiegato che “nella seconda metà di novembre è previsto un vertice europeo dei capi di stato e di governo, ma la speranza di avere in quella sede un accordo sul Bilancio si allontana”. Con il rischio di uno slittamento della trattativa sulla PAC: “Il presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento europeo Paolo De Castro ha confermato i nostri timori sul rischio che non si faccia in tempo ad approvare la Politica Agricola Comunitaria entro i tempi previsti, andando così incontro a una sorta di proroga”, aggiunge Dario Stefano, Assessore Regionale all’Agricoltura della Puglia e coordinatore della commissione Politiche Agricole in Conferenza delle Regioni.
La partita della ripartizione dei fondi tra i Paesi membri, dunque, è ancora aperta. E l’Italia intende riconquistare autorevolezza al tavolo delle trattative sull’argomento. Lo stesso Mario Monti ha preso pubblicamente posizione sulla PAC: “Ha ribadito – garantisce Catania – che il bilancio agricolo sta a cuore all’Italia e va mantenuto a un livello congruo. Il nostro Pese lo difenderà”. L’obiettivo, continua il ministro, “è ottenere una soluzione migliore rispetto alla proposta che prevede un taglio di 280 milioni annui nel I Pilastro, più altre riduzioni sui fondi destinati al II Pilastro, quello dello Sviluppo rurale”.
Anche sui criteri di erogazione dei contributi si continua a discutere. “Nella visione della Commissione, in futuro le risorse dovrebbero essere date in funzione della superficie agricola”. Idea che “l’Italia ha sempre contrastato, perché abbiamo superfici ristrette, ma un alto valore aggiunto per le nostre coltivazioni. Elemento che dovrebbe essere tenuto in conto nella ripartizione dei fondi”.
Accanto alla questione-madre del bilancio, il ministro Catania e gli assessori regionali all’agricoltura evidenziano poi una serie di aspetti ancora in sospeso, legati ai sistemi di regole che la nuova PAC dovrebbe introdurre. A partire da una semplificazione e sburocratizzazione delle procedure: “La Commissione predica bene, ma in realtà si muove verso sistemi sempre più complicati”, spiega il ministro. Servono poi strumenti per la tutela della qualità, che “per l’Italia è un asset fondamentale”. Nel dibattito degli amministratori entra anche il tema dei cambiamenti climatici, e della necessità che l’Europa sostenga le assicurazioni agricole, a tutela di raccolti sempre più imprevedibili. “Dalla prassi storica di intervenire sempre a problema avvenuto, è necessario passare a un sistema di polizze generalizzato, che chiediamo venga anche sostenuto dall’UE, e a cui il governo italiano ha già destinato 120 milioni attraverso la legge di stabilità”. Un sistema che, dice il Ministro, oltre a tutelare gli agricoltori sui cambiamenti climatici, dovrebbe anche offrire garanzie sulla volatilità dei prezzi e su rischi legati a mercati sempre meno stabili.
Alla fine – questo il concetto che emerge – se ci sarà effettivamente una proroga della PAC, non sarà necessariamente negativa per l’Italia, visto che congelerebbe budget per i quali invece sarebbe prevista una riduzione. “Non siamo noi a dover rincorrere una risoluzione veloce a tutti i costi”, conferma il Ministro.
Sulla disponibilità della Commissione ad accogliere le richieste italiane, tuttavia, non ci sono certezze. Il commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos, parlando sabato scorso al Congresso internazionale di Slow Food a Torino, si è espresso a favore del “mantenimento dell’agricoltura familiare”, che consente “la diversità di agricolture e degli alimenti, contro l’omologazione della dieta”, ma anche “di costruire un senso di comunità”. Il tessuto delle imprese agricole italiane è più vicino di altri Paesi a questo modello. Ma forse il vero oggetto del contendere è altro. Ad esplicitarlo ci hanno pensato 13 associazioni ambientaliste, che ieri, a Roma, hanno rivolto un appello proprio al Governo Monti, al Parlamento UE e alle Regioni, durante l’incontro “PAC 2014 – 2020: per un’agricoltura in grado di riconciliare Economia ed Ecologia”.
AIAB – Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI-Fondo Ambiente Italiano, Federbio – Unione Nazionale Produttori Biologici e Biodinamici, Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica, Italia Nostra, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, Pro Natura, Societa’ Italiana Ecologia del Paesaggio, Touring Club Italiano e WWF Italia hanno chiesto, con una voce unica “una riforma ‘verde’ della Politica Agricola Comune dell’Unione Europea che fronteggi la crisi economica ed ecologica, dirottando i finanziamenti dalle produzioni intensive ad alto impatto ambientale alle piccole aziende agricole multifunzionali, in grado cioè di garantire modelli di produzione e di consumo sostenibili e fornire servizi ambientali e sociali economicamente efficienti e rispettosi della biodiversità, delle risorse naturali e del paesaggio”. Il cosiddetto greening, fortemente voluto da Ciolos e, di fatto, osteggiato dagli Stati Membri e, in Italia, dalle principali associazioni di categoria (Coldiretti, CIA, Confagricoltura).
“Gli aiuti distribuiti fino ad oggi alle imprese agricole dall’Unione Europea attraverso la PAC hanno favorito produzioni intensive ad alto impatto ambientale – scrivono le associazioni nel documento comune – senza garantire la loro sostenibilità economica. Le aziende che hanno ricevuto la maggior parte dei fondi comunitari sono infatti quelle di grandi dimensioni, monoculturali, che producono merci indifferenziate ma che realizzano un reddito netto più basso. Le aziende agricole che reggono meglio l’impatto della crisi sono invece le aziende diversificate, multifunzionali, che realizzano attività innovative per la costruzione di un modello di produzione e consumo basato sulla sostenibilità ambientale”. Ci troviamo cioè di fronte ad un paradosso: “le imprese che hanno sostegni dalla PAC non hanno futuro sul piano economico e le imprese che invece possono avere un futuro non hanno sostegni. La riforma della PAC per il periodo 2014 – 2020, in discussione al Parlamento Europeo, deve affrontare questo paradosso”, spiega il testo congiunto.
Le associazioni ambientaliste richiamano quindi l’attenzione su quella che, ad oggi, è l’unica forma di agricoltura possibile per conciliare la produzione con la sostenibilità ambientale: l’agricoltura biologica e biodinamica, non particolarmente amata né difesa, in realtà, dalle tre associazioni di categoria, che esercitano un’influenza significativa a livello nazionale. “Le proposte della PAC per il periodo 2014 – 2020 presentate dalla Commissione Europea nell’ottobre 2011 – scrivono le associazioni in difesa della proposta Ciolos – contenevano alcune importanti innovazioni rispetto al passato insieme ad altri aspetti da considerarsi invece insufficienti e che necessitavano ulteriori approfondimenti e miglioramenti per poter realizzare una riforma adeguata alle esigenze di profondo cambiamento che i tempi attuali richiedono. Visto il dibattito in corso al Parlamento Europeo e le proposte del Consiglio Europeo dell’Agricoltura si rischia invece di fare ulteriori passi indietro e far diventare la riforma un’occasione persa per l’affermazione di una nuova agricoltura in grado di riconciliare economia ed ecologia”.
Veronica Ulivieri