La PAC allo sprint finale, è il turno del Consiglio UE sull’Agricoltura
La riforma della Politica Agricola Comune sta arrivando alle battute finali. Nonostante gli ottomila emendamenti presentati durante questa lunga corsa, il Consiglio Europeo sull’Agricoltura e la Pesca del 22 e 23 ottobre che si terrà sotto la presidenza di Sofoklis Aletraris, Ministro cipriota dell’Ambiente, comincerà a delinearne la forma futura.
Insieme al Commissario per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale, Dacian Cioloş, la discussione dei Ministri si concentrerà su tre aspetti principali: la convergenza dei pagamenti diretti tra Stati membri, i giovani agricoltori e l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM).
Sulla convergenza dei pagamenti diretti, le proposte della Commissione sono per fornire una più equa distribuzione, sia tra gli Stati membri che al loro interno. Questo include un meccanismo con opzioni per la regionalizzazione, in modo da evitare ingiustificati effetti negativi per alcune categorie di agricoltori. Secondo questo schema, i Paesi avrebbero un largo margine di discrezionalità, che consentirebbe loro di distinguere i diritti all’aiuto a livello regionale con le aree definite in base a criteri oggettivi, quali le caratteristiche agronomiche o economiche e il loro potenziale agricolo.
Per i giovani agricoltori, la Commissione ha proposto, invece, di istituire un regime di sostegno specifico, che tenga conto delle loro difficoltà, come ad esempio l’accesso alla terra o al credito. Diventerebbe obbligatorio e si svolgerebbe nell’ambito del “Primo pilastro” della PAC, quello dedicato ai pagamenti diretti.
Per quanto riguarda l’Organizzazione Comune di Mercato, infine, La Commissione suggerisce una OCM in cui gli Stati membri abbiano ’obbligo di riconoscere tutte le organizzazioni di produttori. Questo mira a rafforzare il potere contrattuale degli agricoltori e il funzionamento della catena di approvvigionamento alimentare. Alcuni Paesi hanno espresso preoccupazione per l’inclusione del settore lattiero-caseario. Tuttavia, l’Esecutivo di Bruxelles sostiene che il rafforzamento della posizione dei produttori è un obiettivo prioritario della nuova PAC. La proposta della Commissione sulla riforma della PAC include, infatti, anche un approccio particolare per l’applicazione delle regole di concorrenza, sempre con l’obiettivo di consentire ad agricoltori e produttori di combinare la loro produzione con azioni di marketing, in modo da rafforzare il loro potere contrattuale.
Francia e Germania, intanto, hanno espresso tutto il loro sostegno alla proposta della Commissione Europea di mantenere il bilancio per la politica agricola al livello nominale del 2013 durante il periodo 2014-2020. E la dichiarazione giunge, non a caso, proprio nel momento in cui entrano nella fase decisiva i negoziati sul futuro quadro finanziario UE. Oltre ad avallare questa proposta, l’asse Parigi-Berlino si è pronunciato poi su altri elementi del negoziato, schierandosi decisamente a sostegno della linea di Bruxelles. In primo luogo i Ministri concordano ”su un avvicinamento del livello degli aiuti diretti tra gli Stati a condizione che sia ragionevole e progressivo”. In questo processo ritengono ”si debba tener conto della dotazione globale e della ripartizione dei crediti accordati ad ogni Stato, compresi i fondi per lo sviluppo rurale’‘. Una delle preoccupazioni è anche ”il rafforzamento del potere economico dei produttori’‘. Francia e Germania chiedono infine che ”l’UE faccia valere i suoi interessi agricoli nella mondializzazione e nelle relazioni commerciali con i suoi partner”.
Ben diversa la posizione dell’Italia che, attraverso la voce di Tiziano Zigiotto, Presidente dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), fa sapere che le “questioni finanziarie sono ancora al centro del dibattito sulla PAC e la proposta attuale di fatto penalizza l’Italia”. Infatti, l’effetto combinato, del taglio di budget, 417 milioni di euro, e del riavvicinamento comportano una perdita complessiva per l’Italia di 382 milioni di euro. Secondo il Presidente INEA sarebbe dunque opportuno mettere in campo alcune forme di compensazione, come una diversa attribuzione del peso dei parametri per il Secondo Pilastro e l’incremento delle superfici ammissibili sul Primo.
Preoccupazioni italiane anche sul difficile equilibrio tra competitività, sicurezza alimentare e sostenibilità. “Da un lato ci sono la stabilità dei redditi agricoli, la gestione del rischio, la trasparenza e la stabilità dei prezzi, la distribuzione del valore aggiunto lungo la «supply chain» e la completa eliminazione degli strumenti di controllo dell’offerta. Dall’altro, il processo di greening, la valorizzazione dei beni pubblici e le attenzioni agli effetti sul cambiamento climatico. In alcuni casi, gli strumenti messi in campo generano risultati diversi rispetto a ciò che si vuole raggiungere”, ha aggiunto Alberto Manelli, Direttore Generale di INEA.
Il “greening“, appunto, che fine ha fatto? Dopo il fuoco incrociato dei vari Stati e delle associazioni di categoria è difficile prevedere cosa rimarrà, alla fine, della proposta originaria di Ciolos.
Beatrice Credi