Euforia da certificazione: tutti in Bocconi per l’etichetta “green”
“Innescare nell’economia reale un circolo virtuoso di buone pratiche e scelte che consentano di migliorare l’ambiente e aumentare la competitività”, è l’obiettivo del Ministero dell’Ambiente, ha ricordato Corrado Clini a conclusione dei lavori del convegno organizzato da Legambiente, lunedì 8 ottobre all’Università Bocconi di Milano, dal titolo “L’impronta ambientale dei prodotti“. Imprese e ambiente, dunque, i protagonisti dell’incontro nato per presentare i risultati del progetto “Etichetta per il Clima”, che ha permesso a centinaia di aziende di certificare la natura “ecosostenibile” dei propri prodotti.
Convenienza ecologica, low carbon cost, valore ambientale, riferimenti chiari per la spesa del consumatore, le parole d’ordine del progetto. “La qualità dell’ambiente, infatti, viene migliorata soprattutto grazie all’impegno di chi opera nei mercati e può agire in molti casi anche sulle abitudini dei consumatori”, ha sottolineato il Ministro. Dalla passata di pomodoro alla lampadina, dagli adesivi per il parquet fino ai meloni, per tutti la novità è un “bollino per il clima”, un modo per marchiare l’impronta ambientale dei prodotti.
Una platea piena di addetta ai lavori, fitta e attenta per tutta la mattinata di lunedì. Oltre 70 le imprese leader del Made in Italy che hanno aderito al programma del Ministero per la certificazione ambientale dei prodotti, illustrato da Martina Hauser, coordinatrice della task force per la valutazione dell’impronta ambientale del dicastero. Da Pirelli a Gucci, Antinori e Benetton, da Coop Italia alla società Autostrade, Acqua San Benedetto, Gancia e Illy Caffè, da Telecom Italia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Tasca d’Almerita, Unicredit e, ancora, Università Tor Vergata di Roma, tutti hanno aderito agli accordi volontari lanciati dal progetto ministeriale, con inedito entusiasmo.
“L’Acqua San Benedetto, per esempio – racconta la Hauser – ha innescato un effetto a catena. Oggi in collaborazione con la Coop lancia il progetto per lo sviluppo di una filiera virtuosa del recupero del PET. La nuova bottiglia dell’acqua ha il 30% di PET reciclato, consuma il 13% in meno di energia e ha aumentato le vendite del 78%”. Tra i casi più interessanti quello sperimentato dall’Unviersità Cà Foscari di Venezia, che ha studiato la mobilità di studenti, docenti e dipendenti dell’Ateneo creando una “application” – scaricabile sui propri cellulari – con un calcolatore di CO2 per incentivare la diminuzione delle proprie emissioni. “Un successo enorme, soprattutto quando abbiamo messo a punto la metodologia del carbon management. Abbiamo messo in competizione tra loro i dipartimenti: chi consuma meno riceverà più soldi”, conclude la Hauser. “L’esperienza di questi anni”, ha osservato il Ministro Clini, “suggerisce che i consumatori finali sono sempre più sensibili al valore ambientale delle proprie scelte, e questo dato sta orientando le imprese ad assumere in misura crescente la certificazione ambientale del ciclo di vita dei propri prodotti, come scelta volontaria e strategica per accrescere la competitività in mercati sempre più esigenti ed attenti ai valori ambientali”.
Ma qual è lo stato dell’arte per l’analisi del ciclo di vita dei prodotti? Durante la mattinata del convegno si è tentato un approfondimento: dalle carbon footprint consolidatesi in alcuni paesi UE alle più recenti metodologie della Commissione Europea, ma anche l’evoluzione dello scenario italiano, attraverso le esperienze sperimentate con un certo successo dalla Fondazione Legambiente Innovazione e dall’Istituto Ambiente Italia, per etichette basate sulle emissioni di gas serra ed altri indicatori di prodotto. L’incontro è stato anche occasione, per Michele Galatola, della Direzione Generale “Ambiente” della Commissione Europea, di esporre le caratteristiche della nuova PEF (Product Environmental Footoprint), per valutare la produzione e il consumo sostenibili in Europa. A raccontare l’esperienza del proprio paese sono infine intervenuti Sylvain Chevassus, del Mistero per lo Sviluppo Sostenibile francese, che ha riportato l’approccio d’Oltralpe all’etichettatura dei prodotti e Silvana Centty di Carbon Trust UK, per l’illustrazione della carbon footprint del Regno Unito.
Clima positivo e grande entusiasmo. Nella speranza che tutto ciò non lasci spazio, come troppo spesso accade, a operazioni di greenwashing.
Francesca Fradelloni