“De Rerum Natura”, quando l’arte indaga il cibo
Ci sono un cervello di vacca, una cozza, un gallo spennato. Nudi, su uno sfondo bianco. Sono tredici foto del progetto De Rerum Naturae del fotografo Arturo Delle Donne. Per alcuni sono animali, per altri soltanto cibo più o meno quotidiano. Immagini anche dure, crude, all’interno di una mostra che inaugura a Genova il 5 ottobre (fino al 17 novembre).
L’appuntamento fa parte di Start, rassegna che per l’ottavo anno consecutivo riunirà le gallerie d’arte moderna del capoluogo ligure che inaugureranno in contemporanea le nuove mostre e installazioni.
La galleria VisonQuesT ha deciso di partire con le tredici foto del progetto di Delle Donne. Un lavoro che invita a riflettere sull’ambiente e l’utilizzo delle risorse naturali, e soprattutto sul rapporto dell’uomo con il cibo.
Già dal titolo – sintesi fra le opere del naturalista Linneo e del poeta Lucrezio – la mostra mescola un’anima scientifica e una artistica. Due aspetti che si ritrovano nella biografia dell’autore, biologo di formazione, ricercatore in ecologia, e oggi fotografo. “Ho cercato di isolare alimenti quotidiani – spiega Delle Donne – per spingere a riflettere, a considerarli come animali ma anche come risorse da gestire con attenzione”.
Questo lavoro, d’altra parte, è l’ultimo atto di una trilogia che indaga la cultura (anche quella gastronomica), quello che riusciamo a trasmetterne e quello che rischiamo di perdere. Nel primo progetto (Tribes) il fotografo di Parma ha studiato e raccolto i costumi di alcune popolazioni estinte o in estinzione. Nel secondo (Memes) ha invece indagato i tratti culturali che si tramandano da una generazione all’altra. Tutti e tre i lavori sono riuniti nel volume The Last Breath on Earth (Academia Universa Press, 2012), che verrà presentato all’inaugurazione della mostra.
“Stiamo perdendo culture importanti, omologandole sempre più – racconta ancora il fotografo – Ed è una grandissima perdita per l’umanità. Questo vale anche per il cibo e per la natura: andiamo sulla Luna ma se ci trovassimo nel mezzo della foresta ci perderemmo in un attimo. Allo stesso modo sappiamo di più sullo spazio che sulle profondità marine”.
Da un lato quindi l’invito è a salvaguardare e studiare le diversità, dall’altro la necessità di ragionare su come produciamo e consumiamo il cibo. Da qui la scelta di fotografie artistiche, dove gli animali (o quel che ne rimane) diventano simboli: “Ci sono tantissimi reportage che raccontano di habitat in pericolo o dei danni della pesca indiscriminata – spiega Delle Donne – Così tanti che ormai immagini di quel tipo creano quasi una specie di fastidio, allontanano dal problema. Quelle però sono questioni vitali e una foto artistica, meno immediata, può stimolare la curiosità dello spettatore, farlo fermare per un attimo, costringerlo a interrogarsi”.
Al di là della denuncia, secondo Delle Donne è urgente impegnarsi nella ricerca di un equilibrio nel nostro rapporto con il cibo. “C’è chi dice che in futuro dovremo diventare tutti vegetariani, perché la carne ha un impatto troppo forte sull’ambiente. Non credo sia quello il punto, il vero problema è essere consapevoli di quello che si fa e di come lo si fa: anche la soia ad esempio, nelle sue coltivazioni indiscriminate causa danni incalcolabili. Tutto sta nel trovare il giusto compromesso fra le nostre necessità e quelle dell’ambiente”. Una ricerca che deve essere collettiva ma anche individuale. Provate a pensarci la prossima volta che affettate un petto di pollo, o gettate via le verdure dimenticate nel frigorifero.
Matteo Acmè