Inquinamento dell’aria in Europa, l’Italia tra i peggiori
È dal lontano 1997 che in Europa l’inquinamento atmosferico non registra miglioramenti significativi, nonostante le emissioni di alcune sostanze dannose siano diminuite. Questo vuole dire che tra la popolazione urbana del Vecchio Continente, un’alta percentuale vive in città in cui si superano costantemente alcuni limiti imposti dall’Unione Europea per quanto riguarda la qualità dell’aria.
È la relazione 2012 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) dal titolo “Air quality in Europe” a fornirci un quadro dettagliato sull’esposizione dei cittadini alle sostanze inquinanti. I dati, raccolti dalle centraline sparse su tutto il territorio comunitario, riguardano il periodo 2001-2010. Particolato e ozono troposferico sono i “protagonisti” più noti del documento, dal quale emergono dettagli interessanti.
L’aria più inquinata sarebbe in Bulgaria e Romania, ma sono tuttavia le pessime performance dell’Italia a lasciare senza parole. Nell’istantanea scattata dall’Agenzia si evidenzia che quasi un terzo degli abitanti delle metropoli europee è esposto ad eccessive concentrazioni di particolato in sospensione (PM). È, tuttavia, il Bel Paese il territorio che, nel periodo 2001-2010, ha più spesso superato il valore limite annuale di PM10 insieme a Polonia, Slovacchia, area balcanica e Turchia. Anche la concentrazione di polveri sottili (PM2.5) è stata troppe volte più alta della soglia massima. In questo triste primato l’Italia è in compagnia di Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia. Sconfitta su tutta la linea la Penisola primeggia in negativo anche sul fronte dell’ozono, con i valori europei più alti. Sul banco degli imputati l’Italia settentrionale, in particolare la Pianura Padana, che registra una concentrazione ben due volte superiore alla soglia limite (oltre 45.000 ug/m3.h). E ancora, per quanto riguarda il monossido di carbonio, il nostro Paese è l’unico ad aver sforato i limiti nel 2001, nel 2005 e nel 2010. Inoltre, risulta eccessiva anche la presenza di nickel nell’aria e del benzene/benzopirene, un agente cancerogeno a cui è stata esposta una parte considerevole della popolazione urbana in Europa (20-29% tra il 2008 e il 2010) e che per questo sarà oggetto di studi futuri da parte dell’AEA.
Dati allarmanti quelli italiani. Considerando, tuttavia, l’Europa nel suo insieme la situazione è ancora più grave se, anziché fare riferimento ai valori limite UE, ci affidiamo ai livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questi sono più severi di quelli imposti dalla Direttiva europea sui massimali nazionali di emissione e ci consegnano un quadro inquietante: il 95% degli abitanti delle città, secondo l’OMS, si troverebbe oggi esposto ad eccessive concentrazioni di PM.
Lo scenario sottolinea dunque l’urgenza di una immediata ed efficace revisione della normativa sulla qualità dell’aria, che la Commissione Europea dovrebbe rendere pubblica nel 2013. Da un lato, a stimolare l’azione, sono gli aspetti prettamente medici: disturbi cardiaci, problemi respiratori, tumori, sono solo alcune delle malattie legate all’inquinamento atmosferico, che riduce l’aspettativa di vita di circa due anni nelle città e nelle regioni più colpite da questo fenomeno. Dall’altro c’è la tutela dell’ambiente. Alcune sostanze possono, infatti, condurre all’eutrofizzazione (cioè l’eccessivo accrescimento di piante acquatiche ed alghe), a ridotte rese agricole e ad una scarsa crescita delle foreste. Senza contare poi l’impatto sul clima.
Le uniche buone notizie giungono in relazione al biossido di zolfo (SO2) e a monossido di carbonio, benzene e metalli pesanti (arsenico, cadmio, nichel, piombo). Il primo, in particolare, costituisce un vero e proprio successo. Le emissioni sono state ridotte in misura tanto significativa che il 2010 sarà ricordato come il primo anno in cui la popolazione urbana dell’UE non è stata esposta a concentrazioni di SO2 superiori al valore limite. Un risultato ottenuto grazie alla normativa europea che impone l’utilizzo di una tecnologia per eliminare le emissioni di carburanti con un minore contenuto di zolfo. Per quanto riguarda invece le altre sostanze, la loro concentrazione in UE è stata generalmente modesta, localizzata e sporadica. Rari i casi di superamento dei livelli consentiti.
Come può guarire la vecchia Europa da questa brutta malattia chiamata inquinamento dell’aria? È senza dubbio necessario adottare misure strutturali. Incrementare il trasporto pubblico locale, estendere le aree pedonali, le corsie preferenziali per i mezzi pubblici e favorire l’incremento degli spostamenti in bicicletta lungo le strade cittadine. Senza dimenticare la nascita di nuovi spazi verdi. Bisogna anche dire basta al consumo del suolo agricolo. Abusivismo e urbanizzazione incontrollata estendono, infatti, le metropoli a dismisura divorando campagne e terreni coltivati.
Le soluzioni ci sono, ma è evidente che richiedono interventi coraggiosi da parte degli amministratori, e responsabilità da parte dei cittadini. Dal canto suo l’UE non sta a guardare, e proprio in contemporanea con l’uscita del rapporto, la Commissione Industria del Parlamento Europeo ha votato una relazione in cui sottolinea come, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, sia di primaria importanza modernizzare e ampliare le infrastrutture energetiche presenti sul territorio dell’UE. La richiesta degli Eurodeputati è semplice: selezionare, attraverso un gruppo di esperti scelti in assoluta trasparenza, una serie di progetti ‘d’interesse europeo’ a cui dovrebbero essere concessi più rapidamente finanziamenti e permessi di costruzione. L’idea deriva anche dalla consapevolezza che, ad oggi, i tempi del rilascio delle autorizzazioni nazionali per infrastrutture energetiche sono troppo lunghi (in media 12 anni). I progetti vengono spesso bloccati e gli investimenti scoraggiati. La relazione servirà come base per i negoziati su una nuova legislazione che saranno prossimamente avviati tra il Parlamento e il Consiglio UE.
Beatrice Credi