UE: risparmio energetico, combustibili e pesca sostenibile sul piatto dell’ultima plenaria
La sessione plenaria di settembre del Parlamento Europeo, è stata ricca di temi ambientali. Il più importante, senza ombra di dubbio, l’adozione di nuove regole per risparmiare energia. Dopo un anno di serrate trattative tra i diversi organismi UE, gli Europarlamentari riuniti a Strasburgo hanno infatti dato il via libera ad una nuova Direttiva, che dovrà essere recepita, entro 18 mesi, dagli Stati membri.
Tante le novità introdotte, così come i punti critici. Un primo pacchetto di norme è dedicato agli edifici pubblici. Agli Stati è chiesto di rinnovare annualmente il 3% delle pavimentazioni di tutti gli immobili occupati dalle istituzioni dei Governi centrali (inizialmente l’obbligo doveva comprendere tutte le strutture della pubblica amministrazione). Attualmente si fa riferimento agli stabili con una superficie calpestabile di più di 500 metri quadri ma, da luglio 2015, il vincolo riguarderà quelli dai 250 metri quadrati in su. Una seconda parte del testo è, invece, dedicata alle imprese energetiche di pubblica utilità. Le quali saranno tenute a rispettare, nel periodo 2014-2020, un obiettivo annuale di risparmio almeno dell’1,5% sul totale dell’energia venduta, sulla base della media dei consumi dei 3 anni precedenti all’entrata in vigore della Direttiva. La vendita per i trasporti può essere esclusa dal calcolo. L’opposizione più forte su questo punto è arrivata, paradossalmente, dalla “verdissima” Gran Bretagna, che ha chiesto, e ottenuto, una serie di esenzioni.
Tutte le grandi imprese saranno, inoltre, obbligate a sottoporsi, ogni 4 anni, ad audit energetici svolti, in maniera indipendente e terza, da enti certificatori. Dovranno cominciare al massimo 3 anni dopo l’entrata in vigore della normativa. La Direttiva introduce inoltre disposizioni speciali per la creazione di strumenti di finanziamento per le misure di efficienza energetica. Gli Stati membri dovranno, cioè, facilitare la creazione e messa in campo di nuovi incentivi e migliorare l’accesso e l’utilizzo di quelli già esistenti.
Un taglio del 20% nel consumo di energia, che è quanto auspicato dalla nota direttiva “20-20-20″, porterebbe ad un risparmio di 50 miliardi di euro l’anno – ma non è tutto oro quel che luccica. La Direttiva è infatti frutto di un compromesso, poiché gli Stati membri si sono sempre opposti ad un target vincolante. Tant’è che, tra gli aspetti chiave della nuova legislazione europea sull’efficienza ci sono i Piani Nazionali. Ad aprile 2013 i Governi dovranno presentare i loro programmi e calcolare quale obiettivo intendono raggiungere; seguirà poi la valutazione della Commissione Europea. Se questa dovesse ritenerli non in linea con il target del 20% aggiungerà ulteriori misure vincolanti. Ma la grande libertà lasciata, di fatto, agli Stati potrebbe far sì che molti di loro abbassino gli obiettivi nella fase di implementazione, rendendone lunga e complicate l’applicazione. Alcuni Paesi si dicono, del resto, preoccupati per il costo che l’adozione delle norme comporterà, stimato tra i 40 e 50 miliardi di euro. Anche se per altri più che di costi si tratterebbe di immense opportunità.
Il Parlamento UE ha poi affrontato, in plenaria, altre due importanti questioni. Il livello di zolfo nei combustibili delle imbarcazioni e la pesca sostenibile. Riguardo al primo tema l’Assemblea ha approvato gli emendamenti alla Direttiva 1999/32 che stabiliscono l’abbassamento dal 3,5% allo 0,5% del contenuto di zolfo nei combustibili delle navi. Un cambiamento annunciato a fine maggio e che ora viene fissato definitivamente allineandosi alle indicazioni dell’International Maritime Organization. Gli armatori hanno dunque otto anni di tempo, fino al 2020, per adottare gli strumenti necessari, come nuovi motori o filtri idonei. Inoltre, Il carburante utilizzato nei mari ad alta acidità (come Mar Baltico, Mare del Nord e canale della Manica, zone di controllo delle emissioni di zolfo in Europa – ovvero SECA, Sulphur Emission Control Areas), dovrà soddisfare il nuovo standard internazionale dello 0,1% entro il 2015. Tutti i limiti, garantiscono dall’UE, possono essere rispettati utilizzando fonti energetiche più pulite o tecnologie già esistenti, ad esempio i depuratori dei fumi, in grado di fornire risultati soddisfacenti. Il Parlamento aveva chiesto di estendere a tutto il territorio europeo i limiti dei virtuosi Paesi del Nord, ma la proposta si è conclusa con un nulla di fatto. Restano così in sospeso situazioni delicate come quella di Venezia o altre aree, minacciate dalla navigazione ravvicinata alla costa delle grandi navi da crociera.
L’ultimo argomento dibattuto a Strasburgo è relativo alle importazioni di pesce nell’UE proveniente da stock eccessivamente sfruttati. Le norme approvate investono la Commissione Europea del potere di mettere in campo sanzioni commerciali verso Paesi terzi che autorizzino una pesca non sostenibile e dei prodotti ittici provenienti da stock d’interesse comune la cui gestione richiede mutua cooperazione. L’Esecutivo di Bruxelles potrebbe inoltre decidere di adottare anche misure supplementari, ad esempio limitando l’uso dei porti dell’UE alle navi battenti bandiera di un Paese che non rispetta le regole.
È la situazione nel Nord Est Atlantico ad essere di immediato interesse. Le misure dovrebbero, infatti, scoraggiare il sovrasfruttamento di sgombri da parte dell’Islanda e delle Isole Faroe, che ne hanno unilateralmente aumentato la quantità massima. I deputati hanno anche approvato disposizioni relative all’organizzazione comune dei mercati nel settore della pesca e dell’acquacoltura. I produttori dovranno migliorare l’informazione al consumatore, con l’introduzione di etichette per i prodotti ittici freschi che indichino, fra l’altro, la data di sbarco. Priorità, poi alla riduzione delle catture accidentali, promuovendo, ad esempio, l’uso di attrezzature più selettive.
Beatrice Credi