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Aspettando Sana 2012: il bio resiste agli “studi” e alle truffe

Mentre le famiglie tagliano sulla spesa e cercano di risparmiare, il comparto del biologico resiste alla crisi. Così, in molti casi si compra di meno, ma si scelgono alimenti di migliore qualità. Secondo le rilevazioni Ismea, l’acquisto di prodotti biologici confezionati nella grande distribuzione è in continuo aumento ormai dal 2005, con un +9% circa nel 2011 e un +6,1% nel primo semestre 2012. Dati confermati dai risultati dell’indagine annuale dell’Osservatorio del Sana, il salone del biologico e del naturale che apre domani a Bologna. Secondo il sondaggio, condotto da Nomisma, sette famiglie su dieci in cui si acquistano prodotti alimentari biologici hanno mantenuto inalterata, negli ultimi 12 mesi, la spesa destinata a questo tipo di prodotti.

A fronte di risultati tanto positivi, che testimoniano un interesse crescente verso un’alimentazione più sana e libera da residui di pesticidi e concimi chimici, ciclicamente, vengono pubblicati studi che – talvolta in maniera un po’ confusa e sospetta – parlano di una “sostanziale uguaglianza tra prodotti convenzionali e biologici” – se non fosse per quei residui di sostanze di sintesi assenti in questi ultimi! L’ultimo, realizzato dalla prestigiosa Università di Stanford, negli Stati Uniti, mettendo a confronto i risultati di indagini precedenti, è stato reso noto solo pochi giorni fa. Secondo l’équipe guidata dalla studiosa Dena Bravata, tra prodotti organici e convenzionali non ci sarebbe dunque differenza per quanto riguarda la concentrazione di proteine e vitamine, ma è innegabilmente presente, al contrario, una diversità  in merito al rischio di “contaminazione” da pesticidi, che negli alimenti organici è del 30% inferiore. “Purtroppo – commenta il presidente di Federbio Paolo Carnemolla – c’è una tendenza costante a trovare difetti al biologico anche dove non ci sono. Non compriamo bio, spendendo un po’ di più, solo per gli aspetti nutrizionali dei cibi, ma anche perché, non contenendo residui di sostanze chimiche di sintesi, è più sano e sostenibile per l’ambiente”. Aspetti sui quali per adesso non ci sono ricerche: “I residui di pesticidi e concimi chimici si depositano nel suolo e interagiscono tra loro in modo fino ad oggi sconosciuto. Inoltre penetrano nelle falde acquifere”, spiega Marina Marcarino, agronoma, titolare dell’azienda vinicola biologica Punset, nelle Langhe, e amministratore delegato del Consorzio Vintesa, che raggruppa produttori da diverse regioni d’Italia. Gli effetti di questi fenomeni sono ancora ignorati, ma potrebbero non essere trascurabili: “A Monforte d’Alba, uno degli 11 comuni di produzione del Barolo, per esempio, si sta indagando sull’alta concentrazione di tumori al cervello, che potrebbe essere legata all’utilizzo di un prodotto chimico per il trattamento delle vigne”, continua la Marcarino, lanciando un sasso pesante nello stagno dell’omertà che spesso regna tra i produttori.

Tornando alla concentrazione di vitamine, Carnemolla sottolinea invece, come “l’assenza di differenze, in diversi studi, tra prodotti biologici e convenzionali è dovuta al fatto che tante ricerche vengono condotte nel Nord Europa, dove c’è molta distanza tra il luogo di raccolta e il luogo di consumo di frutta e ortaggi”. E’ evidente che un frutto – anche bio – strappato prematuramente all’albero di appartenenza non possa contenere un alto tenore di vitamine. Inoltre, i risultati sono spesso discordanti: secondo il dossier Il Buono Bio, realizzato dall’Aiab (l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica), che ha fatto confluire in un’unica ricerca i diversi test realizzati negli ultimi anni mettendo a confronto alimenti bio e non, “i prodotti bio, rispetto a quelli convenzionali, hanno spesso più vitamina C. E i cereali biologici contengono una percentuale inferiore di glutine (proteine), dovuta all’utilizzo di fertilizzanti organici che, rispetto a quelli di sintesi, riducono la quantità di azoto prontamente assimilabile dalle piante, indispensabile per la sintesi delle proteine”.

Ma oltre alla diffusione di dati, spesso parziali ed eterogenei, che non rendono giustizia al comparto del biologico, c’è un’altra questione con cui gli operatori stanno ancora facendo i conti in questi mesi. La maxi truffa del dicembre scorso, quando vennero spacciate per biologiche oltre 700.000 tonnellate di prodotti alimentari (pari al 10% del mercato nazionale e per un giro di fatture false di 220 milioni), ha fatto emergere chiaramente le falle del sistema di certificazione. Per questo la 24° edizione del Sana sarà dedicata, in particolar modo, alla trasparenza e alla serietà di produzioni e controlli. Tra i tanti eventi e convegni in calendario durante i quattro giorni di fiera, ci sarà anche un confronto promosso da Federbio tra operatori del settore, Guardia di Finanza e Ministero delle Politiche Agricole. “L’aspetto più rilevante da correggere è che nell’attuale assetto ci sono tanti organismi che fanno certificazione, ma non c’è un sistema unico, una banca dati, uno scambio di informazioni che permetta di lavorare tutti insieme”, spiega Carnemolla. Dall’incontro di lunedì prossimo potranno partire le prime misure per rendere l’ambito della certificazione più efficiente: “C’è un disegno di legge per la riforma del sistema che giace in Parlamento dal 2003. Ma molte cose possono già essere fatte senza attendere i tempi legislativi”.

Veronica Ulivieri

 

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