Kyoto Club presenta a Roma il gruppo di lavoro Smart Cities
Realizzare progetti di smart city, con soluzioni innovative, per vivere le città in un modo più semplice, ecologico e sostenibile: si è parlato di questi temi nel corso del convegno organizzato dal Kyoto Club a Roma presso il Senato della Repubblica il 5 Giugno 2012, nella Giornata Mondiale dell’Ambiente. L’incontro, aperto dal direttore scientifico del Kyoto Club, Gianni Silvestrini, è stato anche l’occasione per presentare il nuovo gruppo di lavoro sulle Smart Cities. A confronto due esperienze concrete di città molto diverse tra loro, ma accomunate da un desiderio di trasformazione positiva della città: Genova e Bari, che si stanno trasformando per diventare più ecologiche, efficienti e sostenibili, in senso “smart”. Genova si è appena aggiudicata un finanziamento di 6 milioni di un progetto europeo; a Bari l’approccio è diverso, e nasce dall’impegno dei cittadini. Ma che cosa significa in concreto essere “smart cities”?
Secondo Federico Butera, sociologo e professore del Politecnico di Milano, una smart city è una città “sostenibile, ovvero sobria, in cui il consumismo, progressivamente sarà bandito. Una città in grado di governare la transizione a una prosperità senza crescita.” La sobrietà diventa necessità in una prospettiva di crescita della popolazione e della dimensione delle città, per dare una prospettiva di vita decorosa e una risposta alle sfide ambientali e di utilizzo delle risorse. Non solo: una definizione di smart city deve integrare anche una “diversità, per applicare la capacità di cambiamento ai casi concreti”, per arrivare a un miglioramento della qualità della vita delle persone che vivono in città molto diverse tra loro.
“L’esigenza maggiore è quella della programmazione e pianificazione integrata – sottolinea Roberto Pagani, coordinatore del gruppo Smart City del Kyoto Club, – un atteggiamento pressoché sconosciuto alla nostra amministrazione, ma altrettanto cruciale”, perchè l’innovazione deve essere guidata dalla città. “Abbiamo bisogno di entità diverse che riescano a facilitare il rapporto pubblico-privato: non sostituendosi al pubblico, ma in grado di cogliere quelle aree di business che il pubblico non riesce a vedere e che il privato senza il pubblico non riesce a creare. E ce ne sono tante, come abbiamo visto ad esempio nel settore dell’efficienza energetica, con le Energy Service COmpany.”
Secondo Francesco Ferrante, senatore PD e vicepresidente del Kyoto Club, nella definizione su cosa è smart, è fondamentale “rispettare anche le diverse identità. Non esiste un modello di città smart che puoi usare a Siena, Milano e Palermo. Le nostre città sono bellissime, ma sono città che si sono stratificate nel tempo, per cui sono al momento poco smart. Si tratta di individuare nuove linee guida, ma la definizione di città smart deve essere individuata con procedure di maggior democrazia, caso per caso.” Si tratta quindi non solo di diventare più ecologici ed efficienti, ma di avviare un processo di modifica della governance delle nostre città, finalizzato ad “ammodernare il modo in cui le amministrazioni possono rapportarsi con i cittadini.”
Riusciranno le città italiane a trasformarsi in smart e a vincere le sfide ecologiche del futuro? “Servono innanzitutto formazione e smart citizens“, risponde Alberto Colorni, del Politecnico di Milano. Cittadini informati, capaci di chiedere ai propri governi locali una città migliore e a misura d’uomo.
Veronica Caciagli