Stati Generali dell Rinnovabili: Clini sul ring con le associazioni di categoria
«Il futuro dell’Italia si gioca sulla possibilità di aumentare il ruolo delle fonti rinnovabili nella nostra economia e nel sistema energetico, tenendo conto che l’Italia non è un grande produttore di petrolio, di gas o carbone, e che non ha nucleare». Parola del ministro Corrado Clini, titolare dell’Ambiente, presente mercoledì 9 al convegno di apertura di Solarexpo, dal titolo gli “Stati generali delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica in Italia”.
A confrontarsi sui temi energetici, fonti pulite ed efficienza energetica, insieme alle istituzioni, tra cui GSE e Autorità per l’Energia, le venticinque associazioni di categoria (dall’Ifi, all’Aiel-Cia, dall’Assotermica alla Gifi-Anie ad Assosolare, solo per citarne alcune), riunite sotto un’unica bandiera, quella degli “Stati generali”. Chiare le richieste dei produttori al Governo: emanare rapidamente, consultando le parti, il decreto sulle rinnovabili termiche, atteso da settembre scorso, la definizione degli obiettivi dei certificati bianchi al 2020 e delle norme per l’immissione in rete e la promozione del biometano. E soprattutto, per quanto riguarda il fotovoltaico, ridurre la burocrazia, vera spina nel fianco delle aziende, quasi più dei tagli agli incentivi, seppur in alcuni casi particolarmente penalizzanti.
Ma prima di riuscire ad arrivare al tavolo del dibattito, nell’Auditorium Verdi, in fiera a Verona, il ministro Clini ha dovuto fronteggiare l’assedio dei giornalisti che lo attendevano. «Le rinnovabili rivestono un ruolo importante per la sicurezza energetica, per l’ambiente e per la crescita, perché investire nel miglioramento delle tecnologie esistenti per le rinnovabili vuol dire presentarsi sui mercati internazionali con prodotti che oggi hanno un’altissima domanda – ha commentato – I numeri del mercato globale dell’energia dicono che nel 2011, in assoluto, le rinnovabili hanno attratto la quota maggiore di investimenti rispetto all’estrazione del petrolio e del gas, il che vuol dire che i grandi investitori internazionali credono che lo sviluppo delle rinnovabili sia uno dei driver più importati per la competitività nei mercati dell’energia».
Sull’attesa del varo dei decreti e degli incentivi in Conto Energia il titolare dell’Ambiente replica diligentemente ribadendo le politiche governative, ma ammette che sono “migliorabili“: «Lo schema di revisione degli incentivi ha due obiettivi. Il primo, rafforzare quelle componenti all’interno delle rinnovabili che possono essere più direttamente legate allo sviluppo di tecnologie nazionali, che dobbiamo completare con l’identificazione degli strumenti incentivanti per sostenere l’innovazione. Il secondo, ridurre il peso degli incentivi alle fonti rinnovabili sul costo dell’elettricità. Lo schema è ancora suscettibile di miglioramenti, dobbiamo ridurre i passaggi burocratici, semplificando le procedure, e compensare la riduzione degli incentivi in modo che non impatti negativamente sullo sviluppo del settore. La nostra attesa è che, attraverso questi strumenti incentivanti rinnovati, il peso delle rinnovabili nella generazione di elettricità passi dall’attuale 26% al 35% in tre anni. L’altra parte riguarda la produzione di calore e l’uso nei trasporti attraverso i biocarburanti. Tutto il “pacchetto” sulle rinnovabili, si lega a un altro “pacchetto” che è quello dell’efficienza energetica. Non è un caso che nelle misure incentivanti per il fotovoltaico integrato nell’edilizia abbiamo previsto incentivi laddove vengono previsti miglioramenti dell’efficienza energetica dell’edificio».
Per questo, quando il Ministro arriva finalmente sul palco e dichiara di voler ridiscutere il sostegno al settore “dopo” l’approvazione dei decreti del Conto Energia, le associazioni di categoria non riescono a celare la delusione. Per gli operatori i problemi sono essenzialmente due: primo, procrastinare ancora (i decreti erano attesi già a settembre 2011) con successive manovre significa andare alle calende greche, e i mercati (gli stessi chiamati in causa dallo stesso ministro), si sa, hanno tempi molto più rapidi della politica (pardon, dei tecnici al governo); secondo, se i decreti rimangono come finora annunciato, contengono una serie di disposizioni (limiti di spesa degli incentivi e registri) che possono già danneggiare le imprese.
I famigerati “registri” erano stati difesi (forse “d’ufficio”) dal Ministro poco prima, con i giornalisti: «sono stati introdotti per avere un effetto regolatore e per evitare le speculazioni avute negli anni precedenti, raggiungendo il loro apice quando, con uno sciagurato decreto legge, il cosiddetto “Salva Alcoa” nel dicembre 2010, si crearono le condizioni per offrire incentivi veramente troppo elevati rispetto al costo. Ora stiamo valutando se alzare la soglia (di accesso al registro, ndr). Se avremo suggerimenti diversi, per esempio dalle Regioni, in merito alla possibilità di regolare il sistema, li valuteremo, per il momento il registro ci è sembrato il migliore strumento».
Il dubbio che rimane è: da chi dovrebbero venire questi suggerimenti, se non dalle associazioni, che rappresentano direttamente chi opera in questo settore? Almeno 1600 aziende oltre all’indotto di installatori artigiani e manutentori (ma la stima del GSE sembra al ribasso) che, a più riprese, hanno lamentato la mancanza di ascolto da parte del Governo, proprio in questa fase nevralgica di predisposizione di un decreto, che regolamenterà, nel bene o nel male, il mercato delle rinnovabili per i prossimi anni. A meno che non si intenda che le associazioni di categoria devono parlare alla nuora (le Regioni) perché capisca la suocera (il Governo)…
Alessandra Sgarbossa