Le richieste degli operatori per cambiare i decreti sulle rinnovabili
Come raramente accade in Italia, dov’è abitudine procedere in ordine sparso, le associazioni che rappresentano il settore delle rinnovabili si sono unite per fare richieste comuni al Governo. L’unione fa la forza, e la speranza è che una voce più grossa venga finalmente ascoltata.
Le critiche ai due decreti , già messi nero su bianco dal Governo – il Quinto Conto Energia sul fotovoltaico e il provvedimento sulle altri rinnovabili elettriche – circolano già da settimane. I due testi sono all’esame delle Regioni, che avrebbero dovuto esprimere il proprio parere proprio oggi, mentre al SolarExpo di Verona, in una sessione straordinaria degli “Stati generali delle rinnovabili e dell’efficienza energetica“, operatori e associazioni ambientaliste si confronteranno con il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Alla Conferenza delle Regioni però, l’esame dei decreti e il conseguente, tanto atteso, parere non risultano all’ordine del giorno, creando così un piccolo giallo: se ne parlerà o il parere slitterà, come ritengono alcuni osservatori, a fine mese?
Dicevamo dei due provvedimenti già messi a punto dal Ministro Corrado Passera. Altri tuttavia mancano all’appello: “La prima richiesta che gli Stati generali rivolgono con forza al governo è che vengano emanati rapidamente, previa consultazione con le parti interessate, sia il decreto sulle rinnovabili termiche, atteso dal settembre scorso, sia la definizione degli obiettivi dei certificati bianchi al 2020, che quelli relativi alla definizione delle norme per l’immissione in rete e la promozione del biometano (in assenza dei quali si stanno bloccando, di fatto, le opportunità di sviluppo per questo settore, che presenta significative potenzialità per le rinnovabili elettriche, termiche ed anche per i trasporti)”.
Accanto a questo appello ci sono una serie di richieste congiunte, accompagnate da due proposte di emendamento al decreto sulle rinnovabili elettriche e al Quinto Conto Energia che, così come sono, “porterebbero a ridurre gli incentivi da 12,4 a 11,2 miliardi di euro, con un taglio del 10%, ma con modalità di applicazione devastanti. Infatti, a fronte di un limitato impatto sulle tariffe, come osserva anche l’Autorità dell’Energia, si frenerebbe la crescita delle rinnovabili (secondo l’ultimo rapporto di Deutsche Bank, non si raggiungerebbero gli obiettivi al 2020) e si metterebbe in ginocchio uno dei pochi settori che si erano sviluppati in questo periodo di crisi”.
Per quanto riguarda le rinnovabili elettriche, a preoccupare gli operatori “non sono tanto i tagli degli incentivi, comunque in alcuni casi particolarmente penalizzanti, quanto l’aumento del peso della burocrazia che i decreti introdurrebbero, quando al contrario andrebbe alleggerita come avviene in molti altri paesi”. In particolare, “è unanime la richiesta di abbandono del sistema dei registri e dei limiti annui allo sviluppo delle diverse tecnologie, da sostituire con un meccanismo di riduzione della tariffa che si autoregoli in funzione del volume di installazioni”. Il superamento del sistema dei registri e delle aste, spiega Mario Gamberale, AD di AzzeroCo2, “si potrebbe ottenere tranquillamente anche con un meccanismo di regolamento automatico della potenza in funzione dei volumi”.
Per il fotovoltaico, le associazioni propongono di aumentare il plafond di spesa previsto: “Si dovrebbe tornare al limite di 7 miliardi, già indicato nel Quarto Conto Energia, che consentirebbe a questa tecnologia, nel medio termine, di riuscire a camminare sulle proprie gambe garantendo l’installazione di migliaia di megawatt senza incentivi. Per accompagnare il passaggio al nuovo regime si chiede inoltre un periodo transitorio di tre mesi dalla data di raggiungimento del limite di spesa previsto. Proprio per costruire un percorso del fotovoltaico verso la grid parity che sia ad impatto zero in bolletta, si deve dare la possibilità di usufruire dello scambio sul posto anche agli impianti sopra i 200 kW, come percorso alternativo agli incentivi”.
Gli operatori propongono poi di introdurre premi per gli interventi più costosi, “come gli impianti a concentrazione e lo smaltimento dell’amianto. Allo stesso modo si dovrebbe prevedere un premio per impianti realizzati con almeno l’80% di materiali prodotti in Europa e comunque vanno individuate opportune forme di incentivazione a sostegno e sviluppo dell’industria nazionale. Inoltre occorre, come nell’attuale conto energia, classificare gli impianti su fabbricati rurali come edifici visto che saranno tutti accatastati e soggetti ad Imu”.
Dal Governo, spiega Mariagrazia Midulla, responsabile Clima & Energia del Wwf, ci si aspettano risposte: “Definire le prospettive e mettere a punto anche un piano industriale”. Il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini è ottimista: “Siamo convinti che le mobilitazioni di queste settimane da parte di tanti cittadini, associazioni e aziende per cambiare i decreti, come la chiara volontà espressa dalle Regioni di modificarlo, porteranno a una soluzione che sarà nell’interesse di tutti e che sosterrà la diffusione delle energie pulite per gli enormi vantaggi che sta generando, sia in termini di riduzione dei consumi e delle importazioni di combustibili fossili, che dell’inquinamento, ma anche, e sempre di più, per la riduzione dei costi dell’energia e la creazione di nuovi posti di lavoro”.
Veronica Ulivieri