Vetro a rendere o Pet riciclato?
Antonio Mazzocchi, Questore della Camera, e Fabio Gava, membro della Commissione Attività Produttive, entrambi del Pdl, hanno presentato una nuova proposta di legge: tornare al “vuoto a rendere“, come già avviene in altri paesi europei, per diminuire la quantità dei rifiuti e abbattere i costi degli imballaggi.
La proposta di legge, presentata lunedì mattina in conferenza stampa, mira a “promuovere e stimolare il ritorno volontario all’utilizzo di contenitori in vetro ‘a rendere’ mediante l’istituzione di vere e proprie filiere di recupero degli imballaggi, la creazione di sistemi di cauzione più moderni, ma soprattutto l’incentivo, per i soggetti aderenti, di sgravi fiscali sulla Tarsu e dilazioni di pagamento dell’Iva”. Un progetto che consentirebbe inoltre all’Italia di adeguarsi progressivamente agli standard europei, dove il vuoto a rendere è una prassi consolidata.
Mazzocchi e Gava spiegano: ”Il problema dei rifiuti è oggi una delle emergenze ambientali maggiormente sentite nel nostro Paese: l’impatto delle materie plastiche (soprattutto per quanto riguarda gli imballaggi usa e getta di alimenti e bevande) rappresenta una delle voci di inquinamento più rilevanti, mentre le bottiglie di vetro abbandonate sono spesso utilizzate come strumenti per atti vandalici. Per queste ragioni abbiamo condiviso sin da subito le motivazioni del Comitato Vetro Indietro, e ci siamo adoperati per la realizzazione di questa proposta di legge che speriamo venga accolta dal Parlamento Italiano”.
La posizione dei due deputati raccoglie il consenso di Nunzio Cirino Groccia della Segreteria Nazionale di Legambiente che dichiara: ”Nel nostro Paese la produzione dei rifiuti urbani continua ad aumentare di anno in anno. Occorre rimettere al centro delle politiche sui rifiuti la riduzione. Come previsto dalla nuova direttiva europea, entro il 2013 il nostro Paese deve adottare il suo Programma nazionale di prevenzione rifiuti che dovrà prevedere la diffusione delle buone pratiche locali e soprattutto azioni nazionali strutturali. Il ritorno del vuoto a rendere va proprio in questa direzione”.
Intanto, dall’Ispo (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione) arrivano notizie di non facile interpretazione: il 71% degli italiani dichiara di fare regolarmente la raccolta differenziata pur lamentando confusione di regole regionali (spesso contraddittorie tra loro) e sospettando che esista un business di illegalità, dietro alla gestione dei rifiuti.
Ma è la ricerca Gli Italiani e i materiali riciclati, presentata ieri nel convegno organizzato da Assobibe e Mineracqua, con l’adesione di Conai e Aiipa (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari) a sollevare qualche dubbio interpretativo circa l’atteggiamento degli italiani verso il riciclo del Pet (Polietilene tereftalato): il 73% degli italiani preferirebbe acquistare bevande in bottiglie di plastica riciclata, considerandole resistenti (76%), igieniche (68%) e sostenibili dal punto di vista ambientale (62%). E fin qui tutto bene.
Quello che francamente non ci è chiaro, dai dati riportati, è in che senso “Il 90% degli italiani ritiene che il Pet faccia bene all’ambiente”! Che l’89% pensi che possa giovare a livello economico sembra più evidente, mentre torniamo nell’oscurità interpretativa di fronte al fatto che l’82% lo ritenga “utile a livello sociale”…
Il discorso ritorna più lineare e comprensibile quando si sottolinea la particolare attenzione rivolta al riciclo come modalità di gestione dei rifiuti da imballaggi: anche in Italia verrà a breve introdotto l’utilizzo del Pet riclato nel settore alimentare, dal momento che è proprio da qui che derivano il 70% dei rifiuti da imballaggio. Una pratica che comporterebbe una serie non trascurabile di vantaggi economici e ambientali, in linea con la sensibilità del consumatore italiano. Oltre ai benefici del riciclo di materiale, ogni chilogrammo di Pet riciclato, secondo la ricerca, permette di risparmiare 1,7 kg di petrolio, che in termini di emissioni di CO2 significa circa il 60% in meno rispetto al Pet vergine derivato dal petrolio.
Ilaria Burgassi