Campi elettromagnetici: come prevenire i rischi sul posto di lavoro
Oggi giorno siamo sempre più esposti ad emissioni elettromagnetiche, le cui fonti sono ormai diventate indispensabili sia per il lavoro che per la vita privata. Al riguardo, basti solo pensare al massiccio utilizzo della telefonia mobile o delle tecnologie wireless. Purtroppo però non è ancora definitivamente accertato, dal punto di vista scientifico, come queste emissioni possano interferire sulla salute umana.
Di questo si è discusso il 23 marzo a Trento durante il convegno intitolato “L’esposizione ai campi elettromagnetici e alle radiazioni ionizzanti. Valutazione e prevenzione negli ambienti di lavoro”. Il seminario è stato organizzato da CET – Ecologia Applicata in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler, entrambi soci Habitech.
“Dal 30 aprile ogni azienda dovrà mettersi in regola con la nuova normativa che obbliga ad aggiornare i documenti sulla sicurezza legata all’esposizione a campi elettromagnetici in bassa e alta frequenza – spiega l’Arch. Roberto Colombo di CET – Ciascun datore di lavoro sarà chiamato ad individuare, in azienda, le sorgenti di campi elettromagnetici, valutarne il rischio tramite strumenti adeguati e in conformità alle norme di emanazione europea e adottare misure di contenimento e di prevenzione del rischio”.
Sì, ma come? “Non esistono statistiche epidemiologiche e quindi è ancor oggi difficile correlare rischio e conseguenze. Certo, ci sono alcuni rari casi che sono approdati in tribunale, ma di rilievo hanno solo il fatto di ammonire sugli effetti futuri che oggi non conosciamo e che pertanto non possiamo prevenire se non applicando principi di cautela come quelli definiti per l’impiego del telefono cellulare, ad esempio preferendone l’utilizzo con l’auricolare”, continua Colombo. E aggiunge: “Mentre le radiazioni ionizzanti, a cui sono esposti coloro che lavorano a contatto con sorgenti radioattive, possono essere schermate, le emissioni elettromagnetiche a bassa energia hanno rari casi di esposizione acuta e possibili influenze solo nel lungo lunghissimo periodo”.
Esistono invece sorgenti indipendenti dall’attività lavorativa, ma che possono essere influenti e che pertanto vanno verificate e confrontate con le soglie, molto più cautelative, disposte per la popolazione. Si tratta ad esempio di stazioni radio base ed elettrodotti posti nelle vicinanze delle aree produttive.
Ne consegue che più che proteggere una postazione di lavoro da un rischio comunque difficile da correlare è meglio agire con soluzioni di prevenzione, ad esempio evitando che i lavoratori debbano stazionare per molte ore a diretto contatto con queste sorgenti o ricollocando il posto di lavoro.
Ma esiste anche un bisogno emergente e correlato che riguarda la salubrità delle abitazioni. “Il movimento del green building non ha ancora affrontato nei propri sistemi di rating questo aspetto in maniera decisa, forse a causa dell’apparente intangibilità del problema. È però una questione molto sentita dalla popolazione”, commenta l’Amministratore Delegato di Habitech Gianni Lazzari. E conclude: “Così come nelle case bisognerebbe creare ambienti privi di microinquinanti, allo stesso modo andrebbero evitati materiali che possono rilasciare radon, come certi gessi e materiali pozzolanici, e premiate le soluzioni che isolano da eventuali sorgenti di gas radon provenienti dal suolo. Inoltre, occorrerebbe evitare di posizionare apparecchiature elettriche ed elettroniche nelle zone dove stazioniamo per molte ore, come la camera da letto. In generale, sul fronte indoor, andrebbe premiata la presenza di materiali intrinsecamente salubri”.
Al convegno sono intervenuti Michaela Vettori (Area Innovazione FBK), Alessandro Vaccari ( Unità di ricerca REET – FBK), Luca Laffi (Presidente CET), Graziano Maranelli (Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di lavoro – APSS), Monica Marani (Dipartimento di Prevenzione APSS) e Massimo Esposito (U-SERIES di Bologna).