Come sta il mare del Giglio? Le analisi di Greenpeace dopo il disastro.
A quasi due mesi dall’incidente della Costa Concordia, Greenpeace ha pubblicato il rapporto “Come sta il mare del Giglio?” un’indagine preliminare sui fondali e sulle acque dell’isola che aggiunge dati quantitativi e qualitativi alle campagne di monitoraggio condotte dalle istituzioni dopo il disastro.
Fra il 15 e il 18 febbraio, Greenpeace ha verificato lo stato dei fondali dell’isola e prelevato alcuni campioni di acqua marina superficiale dalla costa, con due obiettivi: fotografare lo stato attuale dei fondali così da confrontare l’evoluzione dei popolamenti nell’eventualità di un massiccio sversamento di sostanze pericolose, e valutare l’eventuale contaminazione dell’acqua di mare.
“Siamo stati al Giglio perché non è un posto qualunque, ma un patrimonio ambientale che avremmo dovuto custodire meglio. – spiega Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace – Ci rincuora l’esito positivo delle immersioni, con cui abbiamo potuto verificare il buono stato dei fondali marini, ricchi di gorgonie, posidonie e spugne, ma bisogna fare di più per tutelare l’area considerando che siamo nel cuore del Santuario dei cetacei”.
I risultati delle analisi delle acque (il contenuto più alto di tensioattivi anionici è stato pari a 4,350 mg/litro. Il valore più elevato di azoto ammoniacale (mgNH4/l) è stato pari a 2,12 mg/litro), commissionate al laboratorio indipendente Eurofins Programma Ambiente di Padova, hanno rilevato la presenza in mare di tensioattivi (detergenti) e ammoniaca in concentrazione superiore ai valori di riferimento identificati da ARPAT per la sua campagna di monitoraggio (0,50 mg/l per i tensioattivi, 500 microgr/l per gli idrocarburi e 0,066 mg/l di ammonio). Tali concentrazioni potrebbero essere il risultato della dispersione di detergenti, disinfettanti e altri prodotti presenti sulla Costa Concordia.
“L’esito dei test di laboratorio – aggiunge Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace che ha svolto i campionamenti delle acque del Giglio – non è allarmante, ma sembra indicare che una contaminazione dal relitto potrebbe già essere in atto. Per questo chiediamo che sia adottato al più presto il piano di rimozione dello stesso e organizzato il suo smantellamento in terraferma“.
In un campione di acqua potabile di un esercizio commerciale del porto, sono state trovate tracce di idrocarburi totali pari a 82 microgr/l. La presenza di queste sostanze, anche se non regolamentate dalla legge (D.Lgs 31/2001), non è certo indice di buona qualità dell’acqua. Greenpeace suggerisce dunque che le istituzioni realizzino un’appropriata campagna di monitoraggio sulla qualità dell’acqua potabile all’isola del Giglio.
Dopo dieci anni d’inazione sul Santuario, Greenpeace ha inoltre accolto con favore l’iniziativa dei ministri Passera e Clini di adottare misure specifiche di tutela con il “decreto-rotte“. Ma ora, dice l’associazione ambientalista, è doveroso intervenire anche sulle fonti di inquinamento terrestri e marine e sugli altri pericoli che minacciano l’integrità di questo ecosistema. La regione Liguria, d’accordo con la regione Toscana, aveva infatti promesso a Greenpeace la convocazione di un “tavolo tecnico” sul Santuario, entro il 29 febbraio, promessa al momento disattesa.
Di fronte all’inattività delle Regioni, Greenpeace ha quindi chiesto al Ministro Clini di convocare tutti i soggetti interessati per attivare, nel più breve tempo possibile, un confronto che conduca all’adozione di misure concrete di tutela.