Decreto Liberalizzazioni: nell’art.65 spunta a sorpresa la norma “antifotovoltaico”
“Magia, mistero, apparizioni, sparizioni…” incalzava un giovane Ezio Greggio in un suo sketch comico. Le associazioni delle fonti rinnovabili non sembrano però intenzionate a ridere. Tanto più da quando si è saputo che la modifica dell’Articolo 65 del Decreto sulle Liberalizzazioni - che rischia di provocare gravissimi danni economici agli operatori con investimenti in corso – è stata misteriosamente fatta di notte. Quasi un “agguato” alle spalle.
Per questo, in una lettera aperta al premier Monti e ai ministri Passera, Clini e Catania, diffusa lo scorso 19 gennaio, Anev, Anie, Assosolare e Aper, denunciano che la bozza del decreto attuativo relativo alle fonti elettriche “infligge un duro colpo all’intero settore e ne compromette irrimediabilmente lo sviluppo”. Le associazioni ricordano anche che “il settore, se non ostacolato, può contribuire non solo in termini di risparmio economico connesso alle politiche di incentivazione, ma soprattutto in termini di rilancio di nuovi investimenti nel nostro Paese”. È un fatto, del resto, che l’Italia è impegnata a raggiungere gli obiettivi europei del 2020 e quelli della Roadmap del 2050 della Commissione Europea, che punta entro il 2030 a conseguire una quota del 50% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Se l’art. 65 del Decreto sulle Liberalizzazioni fosse convertito in legge dal Parlamento così come è stato scritto dal Governo, diminuirebbero le possibilità di accedere alle tariffe incentivanti e al contempo sarebbe possibile realizzare mega impianti su terreni agricoli di qualsiasi dimensione senza tener conto dei limiti di rapporto tra superficie occupata dall’impianto e superficie agricola totale. Salterebbero anche le restrizioni sulla potenza massima installabile, imposte dal precedente decreto di marzo per preservare i terreni agricoli dalle speculazioni.
Ad essere in allarme oggi sono in particolare le aziende che operano nel fotovoltaico e nella geotermia. In un comunicato congiunto di Anie/Gifi, Aper, Assosolare e Asso Energie Future (seguito a ruota alla lettera inviata al Presidente del Consiglio), si ribadisce “la necessità che si evitino interventi normativi estemporanei e retroattivi che minano la stabilità del sistema e ledono la fiducia degli investitori”, chiedendo la fine della fase “in cui si decide senza ascoltare la voce delle forze sociali ed economiche che operano in concreto”.
Le associazioni chiedono di ritirare “la nuova norma antifotovoltaico” dal Decreto sulle Liberalizzazioni che “incredibilmente”, introduce disposizioni retroattive che “ledono gravemente i diritti dei produttori fotovoltaici che in buona fede hanno iniziato a realizzare nuovi impianti secondo la normativa vigente da soli 10 mesi (D.Lgs. 28/11)”. Invece, così come recita in Gazzetta Ufficiale, l’articolo 65 stralcia parte dell’articolo 10 del decreto legislativo del 3 marzo 2011 n.28, in base al quale i produttori che avessero già aperto l’iter autorizzativo avevano un anno di tempo per mettere in esercizio, in area agricola, gli impianti fotovoltaici a terra.
Gianni Chianetta, presidente di Assosolare, spiega: “Da sempre Assosolare evidenzia la necessità di una maggiore stabilità normativa per il settore fotovoltaico, soggetto a scossoni e cambi di rotta imprevisti che ne bloccano lo sviluppo e rendono il Paese poco appetibile per gli investitori nazionali e stranieri. Il cambiamento continuo del quadro normativo di riferimento impedisce di fatto la crescita in termini di occupazione e di ricchezza che il settore ha saputo creare anche in una fase economica negativa”. Secondo l’associazione di categoria, i punti critici più importanti del Decreto sono la riduzione del budget di spesa – che dai 6-7 miliardi di euro, previsti nella bozza del precedente governo, scendono ora a 5 miliardi – e quella dell’incentivo minimo, che passerebbe dal 70 al 50%.
“Se dovesse essere confermata tale previsione – denunciano le associazioni – l’incentivo minimo vedrebbe snaturata la sua stessa funzione, in quanto, applicando una riduzione del 50%, si avrebbe un valore addirittura inferiore al prezzo della sola energia elettrica scambiata sul mercato”. Nel decreto è previsto anche l’obbligo di partecipazione alle aste per i piccoli impianti - già a partire da 6 MW – mentre le associazioni ne propongono l’applicazione ai soli impianti di grande taglia, ossia di potenza superiore a 50 Mw. “L’Art. 65 - sottolinea Chianetta – si ‘rimangia’ le disposizioni precedenti. È chiaro che ingenti investimenti in corso per impianti già autorizzati, che ricadono nei casi di esenzione dalle limitazioni, sono così vanificati dalla nuova normativa che, con effetto retroattivo, applica anche ad essi le restrizioni. Da qui la richiesta da parte di Assosolare e di tutte le maggiori associazioni di categoria di un passo indietro su una norma che produce più effetti negativi che positivi”.
Agnese Pellegrini