Autolib’, il sogno parigino di Vincent Bollorè che nasce in Piemonte
Mentre a Bologna impazza il Motor Show, dove tra le tante novità ecologiche c’è anche un’auto gonfiabile, a Parigi prende sempre più concretezza il grandioso progetto Autolib’, promosso da Vincent Bolloré, uno degli uomini più ricchi del mondo.
I test con il pubblico sono stati avviati, con uno spettacolare corteo, domenica 2 ottobre nella capitale francese e in 46 comuni limitrofi. Il modello è quello delle biciclette in libero servizio di bike sharing Velib’: 20.000 biciclette dislocate in 1.600 stazioni (in centro una ogni 300 metri), lanciato dal sindaco Bertrand Delanoë nel 2007. E forte del successo di Velib’, Delanoë aveva annunciato, nel 2008, proprio al Salone dell’Auto di Parigi, il «sogno verde» un servizio di car sharing «ecologico» da lanciare entro la fine del mandato. Nonostante l’idea partisse da presupposti concreti – secondo lo studio condotto dall’Apur (Atelier Parisien d’Urbanisme) il 56% dei parigini non possiede un’automobile e le auto di proprietà restano per la maggior parte del tempo parcheggiate – lo scetticismo non era mancato. In effetti, i problemi da affrontare non erano pochi: dalla mancanza di modelli di serie al costo elevato delle batterie, dalla scarsa autonomia alla mancanza di infrastrutture per la ricarica.
Al bando però, nel 2009, hanno risposto sei consorzi e, alla fine, a uscirne vincitore, grazie a 50 milioni investiti senza garanzie, è stato il Gruppo Bolloré, che si è aggiudicato dal comune di Parigi la concessione per fornire le minicar totalmente elettriche, investendo nel progetto fino a 1,5 miliardi di euro (a occhio forse un po’ troppi). Certo, nella cifra sono ricomprese anche la manutenzione dei veicoli e l’assicurazione (sottoscritta con la compagnia Generali, di cui Bolloré è vicepresidente), ma soprattutto l’intera produzione della Bluecar nello stabilimento Pininfarina di Bairo Canavese (Torino), affittato a 14 milioni di euro -maestranze incluse - fino al 31 dicembre 2013, con una produzione prevista di 4.000 vetture, di cui 3.000 destinate al noleggio. Queste ultime dovrebbero essere caratterizzate dal color grigio alluminio, per non essere confuse con le Bluecar acquistabili e per essere più ecologiche, rinunciando alla verniciatura.
Il costo di costruzione sarà sostenuto dalla Città di Parigi, mentre il gruppo Bolloré, oltre a pagare 105 milioni di euro per la fornitura delle auto e delle sue speciali batterie, si è impegnato a farsi carico dei previsti 80 milioni dei costi annuali di esercizio. Quanto al risultato economico dell’operazione le previsioni oscillano tra un utile annuo di 33 milioni e una perdita di 60 milioni di euro. A Ballorè, come ha rilevato l’Economist, il successo della sfida di Autolib sulle strade di Parigi sarebbe fondamentale per aprirsi la strada nel business dell’elettrico, accanto ai grandi dell’auto.
La vetturetta, presentata nel 2008 con gran successo, sulla carta vale senz’altro il prezzo di utilizzo: abbonamento giornaliero, settimanale e annuale (144 euro se individuale, 132 euro per quello familiare) a cui va aggiunta una tariffa variabile di circa 5 euro per ogni mezz’ora di utilizzo. Quattro posti in 3,65 metri di spazio, cambio ovviamente automatico, 130 km orari di velocità massima, navigatore e computer con schermo tattile che indica le stazioni libere per il parcheggio, segnala le anomalie e il livello della batteria e permette di comunicare in permanenza con i tecnici del centro operativo. Ma soprattutto un’autonomia di 250 km, ottenuta grazie alle batterie di nuova generazione litio-metallo-polimero (LMP) che oltre ad essere più efficaci delle normali al litio, dovrebbero surriscaldarsi solo ad elevatissime temperature (si infiammerebbero a 180 gradi contro i 70 gradi delle altre). Una tecnologia che il gruppo Bolloré sta sperimentando da dieci anni con la controllata Batscap (partecipata da Edf al 20%), che oggi produce 7.500 batterie all’anno, in due stabilimenti in Bretagna e in Québec. A queste, proprio per fornire le Bluecar, se ne aggiungeranno altre 15.000 prodotte nella fabbrica di Ergué-Gabéric, finanziata con un prestito di 130 milioni dalla Banca Europea degli Investimenti e di 50 dallo Stato francese.
Si tratta, in ogni caso, di una scommessa, quanto mai, ambiziosa, sia in termini di innovazione, sia (e forse anche di più) nel determinare un nuovo modo di spostarsi nella città, con l’obiettivo di arrivare al 2030, a Parigi, ad una riduzione del 50% di auto a benzina. Da lunedì 5 dicembre entreranno in circolazione 250 auto che, entro l’estate del 2012, arriveranno a 2.000 con 1.100 stazioni di ricarica.
Come andrà a finire? Difficile e troppo presto, oggi, per dirlo. Secondo Bolloré, l’Autolib’ totalmente elettrico comincerebbe a produrre reddito solo a partire dal settimo anno e dopo 80.000 abbonamenti.
Forse, però, è utile ricordare che negli anni ’90, in Europa il ruolo di apripista sulla mobilità elettrica toccò proprio ai francesi: dal 1995 al 2002 furono prodotti oltre 10.000 autoveicoli, solo da parte del Gruppo PSA – Peugeot-Citroen; alla fine però non se ne fece nulla. Si trattò di modelli adattati da auto tradizionali (quelli progettati già inizialmente come elettrici non andarono oltre i prototipi e qualche pre-serie), che sostanzialmente non erano in grado di reggere il confronto con i modelli convenzionali da cui derivavano: prezzo più che doppio, autonomia e velocità massima che rendevano rischioso qualsiasi utilizzo al di fuori di un contesto urbano, abitabilità spesso dimezzata per ospitare le ingombranti e pesanti batterie al piombo.
Ma ciò che è interessante ricordare è che tutto iniziò proprio con il progetto di car sharing nella cittadina di La Rochelle. Oggi i numeri sono ben diversi: Parigi, anno 2011, 3.000 auto, 1 ogni 740 abitanti contro La Rochelle, anno 1993, 50 auto, 1 ogni 2.700 abitanti; nessuno può dire che stavolta non si faccia sul serio.
E chissà se questa grande sfida non sia anche di buon auspicio per un altro prodotto Pininfarina, l’Hybus, grazie al quale nei giorni scorsi l’azienda ha vinto il premio “Innovazione Amica dell’Ambiente” di Legambiente, di cui Greenews.info è media partner. L’idea, pregevole, è quella di trasformare in ibrido un vecchio autobus, sostituendo il propulsore originario con un moderno e ben più piccolo Multi Jet che assista la trazione elettrica (assicurata da due motori), e la ricarica delle batterie oltre ai servizi idraulici e pneumatici.
Antonio Sileo*
*Ricercatore presso lo IEFE Bocconi