Rifiuti inerti: un’opportunità per il comparto edilizio
Il settore italiano delle costruzioni si trova a fronteggiare una nuova sfida imposta dall’Unione Europea: entro il 2020, come stabilisce la Direttiva Europea 2008/98/CE, il recupero di materiali inerti dovrà raggiungere quota 70%. Un cammino lungo, che deve subire un’accelerazione rapida se si considera che ogni anno vengono prodotte più di 40 milioni di tonnellate di rifiuti inerti e che la capacità di recupero sfiora a mala pena il 10%, con differenze significative tra regione e regione.
L’Italia si trova così ad inseguire altri stati europei che già da tempo hanno politiche di riciclo che coinvolgono questa particolare categoria di rifiuti: l’Olanda con il 90% dei materiali recuperati è la nazione più virtuosa, seguita da Belgio (87%) e Germania (86,3%).
Proprio per delineare le linee guida del processo che dovrà portarci a raggiungere gli obiettivi europei, nel corso di Expoedilizia – la fiera professionale per l’edilizia e l’architettura (Fiera di Roma, 22 – 25 marzo 2012) – verrà organizzato un focus del titolo “Rifiuti inerti da costruzione e demolizione” in collaborazione con Studi Ambientali, che punta a coinvolgere professionisti, pubblica amministrazione e imprese, senza dimenticare il mondo della ricerca e dell’università. Oltre a un’offerta di seminari e convegni che cercheranno di illustrare le soluzioni per riuscire a cogliere tutte le opportunità di crescita, verranno presentati studi condotti da enti certificati e università sull’uso di aggregati riciclati per il confezionamento di calcestruzzi e conglomerati bituminosi e verranno mostrate le più moderne tecnologie e macchinari che permettono il recupero degli inerti limitando notevolmente i costi, con la possibilità di vederli in funzione e testarne la qualità, nell’area espositiva esterna.
L’uso corretto dei materiali inerti porta con sé vantaggi di tipo economico e ambientale, come ricorda Francesco Montefinese amministratore delegato di Studi Ambientali, Associazione Europea studi per la tutela dell’ambiente: “Per imprese e pubblica amministrazione la scelta di utilizzare materiali inerti riciclati porta ad una riduzione delle spese, dato che grazie al loro recupero si riduce il costo dei trasporti, un fattore che pesa notevolmente sul costo finale dei materiali. Allo stesso tempo riciclare gli inerti provenienti da opere di costruzione o demolizione ha un notevole impatto ambientale: si risparmiano così materiali vergini che possono essere usati per produzioni più nobili, riducendo l’attività estrattiva che deturpa i fianchi delle nostre montagne. Inoltre, così facendo, si rispetteranno normative nazionali ed europee”
Un momento di riflessione quanto mai necessario che richiede la presenza e il coinvolgimento di tutta le filiera, partendo dalla pubblica amministrazione che da un lato è obbligata, da una direttiva ministeriale del 2003, a coprire il proprio fabbisogno di materiali con almeno un 30% di rifiuti inerti recuperati, e dall’altro, è chiamata a vigilare sul percorso dei rifiuti e l’utilizzo dei materiali nella realizzazione di opere pubbliche e private, nonché a sostenere il riciclo, creando isole di raccolta ad hoc e sostenendo l’apertura di centri autorizzati per il recupero da parte di privati, che oggi sono meno di 300 in tutt’Italia.
Le associazioni di categoria sono chiamate a sensibilizzare gli operatori sull’importanza di privilegiare l’uso di materiali riciclati rispetto a quelli naturali e le imprese a cogliere le implicazioni che i loro comportamenti hanno sull’ambiente e a scoprire nuovi comportamenti virtuosi. Progettisti e direttori dei lavori devono imparare come gestire correttamente i rifiuti e, soprattutto, devono essere spinti ad analizzare i processi di progettazione, costruzione e demolizione, per trovare meccanismi che incentivino comportamenti virtuosi. Centri di ricerca e università devono focalizzarsi sull’analisi di componenti dell’edilizia di maggior consumo per verificare la loro intrinseca potenzialità di riciclaggio e migliorarne le caratteristiche.
Solo con uno sforzo collettivo si potrà infatti raggiungere l’obiettivo base del Regolamento 305 dell’UE, ovvero l’ ‘uso sostenibile delle risorse naturali’, che per il comparto significherebbe un’importante ‘inversione di punto di vista’.