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Vranik presenta un mondo senza tecnologia al TFF

novembre 20, 2009 Idee

Courtesy of Autowitch, FlickrSe leggiamo una definizione di “risorse rinnovabili” troviamo che rispondono a questo nome: tutte quelle risorse , sia di materia sia di energia, che, per caratteristiche naturali o per effetto della coltivazione dell’uomo, si rinnovano nel tempo e risultano, quindi, disponibili per la sopravvivenza umana pressoché indefinitamente.

L’irraggiamento solare (per produrre energia termica e elettrica), il vento (fonte eolica d’elettricità), le maree e le correnti marine in genere, ma anche le biomasse (combustione per generazione termica e cogenerazione di calore e elettricità), sono tutto ciò che la natura mette a disposizione e che può essere utilizzato per sostituire completamente le fonti esauribili.

Pochi si interrogano, però, sulle possibili alternative a quelle risorse che non sono infinite ma che, al contrario del petrolio, non trovano in natura alcun valido sostituto. Ci riferiamo ai minerali utilizzati per i chip e le schede che stanno alla base di qualsiasi strumento elettronico (televisori, cellulari, pc, elettrodomestici).

Cosa succederebbe, ad esempio, se il silicio si esaurisse e non si potessero più produrre tutti quei supporti che sono diventati, nostro malgrado,” indispensabili” nella nostra vita quotidiana?

Un possibile scenario è quello raccontato nel nuovo lungometraggio del regista ungherese Roland Vranik, presentato ieri sera in concorso al 27° Torino Film Festival.

Adás, Transmission racconta la storia di una città vicino al mare, una no man’s land, in cui improvvisamente tutti i sistemi elettronici si spengono: la popolazione si ritrova a fissare schermi bui, nell’impossibilità di fare provviste perchè privata della corrente che alimenta i frigoriferi e obbligata a ingegnarsi con metodi alternativi per produrre quel poco di energia necessaria alla sopravvivenza. A qualcuno pare di non avere più uno scopo e la follia prende la forma di un uxoricidio.

Vranik, che è anche sceneggiatore del film, spiega che l’idea da cui è partito gli è stata fornita da un docu-esperimento della BBC nel quale alcune famiglie venivano private delle principali comodità tecnologiche. Incredibili gli effetti: mutamento dei comportamenti e delle relazioni tra le persone, famiglie disgregate e abiezione dei singoli individui (padri che hanno iniziato a bere, madri diventate dipendenti dalle pillole antidepressive, figli scomparsi).

Una commedia apocalittica, glaciale e senza via di fuga che strizza l’occhio alla penna di J.G. Ballard e all’angosciante Saramago di “Cecità”, ma che soprattutto stimola una doverosa riflessione sulle possibili degenerazioni nascoste nel nostro stile di vita. 

Roland Vranik (Budapest, Ungheria 1968) ha girato alcuni cortometraggi prima di realizzare il lungometraggio “Black Brush” con il quale ha vinto Il Gran Premio dell’Hungarian Film Week del 2005. Con lo stesso film ha partecipato a numerosi festival internazionali e ha vinto il premio come miglior regia al Festival di Salonicco.

Elena Marcon

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