Confagricoltura: l’opportunità del biogas “fatto bene”
«Il biogas è una grossa opportunità per le aziende agricole e la sua crescita, se ben governata, non danneggerà il alcun modo il settore». Mancano poche settimane allo scadere del termine per la stesura dei decreti attuativi sugli incentivi alle rinnovabili in vigore dal 2013, e Confagricoltura lancia un messaggio: si facciano interventi per la crescita delle rinnovabili, che integrandosi con le aziende agricole generino un reddito integrativo per l’impresa, creando nuovi posti di lavoro e senza togliere spazio alle produzioni food.
Difficile però ignorare le polemiche degli ultimi mesi, che hanno visto partecipi la Lega Nord, sul fronte politico, e associazioni come Slow Food, che si dichiarano contro «impianti speculativi», soprattutto se alimentati con colture dedicate piuttosto che con scarti e liquami. «Il problema è stato presentato in modo distorto, provocando allarmismi», sottolinea Ezio Veggia, vicepresidente di Confagricoltura e responsabile per le Politiche agro energetiche. Secondo Confagricoltura, infatti, «più di un quarto degli impianti agro-zootecnici (a maggio 2011 erano 391, ndr) non utilizza materia prima agricola in senso stretto (biomasse da coltivazioni dedicate), ma solo deiezioni», e «poco meno del 60% utilizza la codigestione di effluenti zootecnici, sottoprodotti agroindustriali e colture dedicate». Gli impianti alimentati esclusivamente con colture dedicate sono «sicuramente meno del 15%».
Un altro capitolo della questione riguarda le superfici necessarie a realizzare e alimentare gli impianti. L’accusa è che «la terra deve servire solo a produrre il pane». Attualmente, secondo l’organizzazione degli agricoltori, sono utilizzati per il biogas poco più di 60.000 ettari coltivati a mais, circa il 6% delle superfici coltivate a granturco in Italia. Gli obiettivi di crescita al 2020 sono ambiziosi: «Il piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili – spiega Veggia – prevede il raggiungimento al 2020 di una potenza installata di 1.200 MWe da biogas. Un traguardo conseguibile utilizzando circa 200.000 ettari, corrispondenti a meno del 2% della superficie agricola italiana utilizzata». Quasi un quinto della superficie a risposo, che «oscilla intorno a 1 milione di ettari». A cui vanno aggiunti, fa notare Veggia, «quelle aree produttive, pari a 300.000 ettari, una volta destinate alla coltivazione di barbabietole da zucchero e tabacco».
Confagricoltura ammette la possibilità che si creino «situazioni di squilibrio a danno degli allevatori». Ipotesi che già oggi preoccupano gli allevatori, soprattutto quelli di aree come la Pianura Padana. Problemi legati sostanzialmente a un aumento dei prezzi dei terreni in vendita e in affitto e dei mangimi, che in parte si sono già presentati in zone particolarmente vocate all’allevamento, come la Provincia di Cremona.
Insieme alla Cia e alle associazioni della filiera agro energetica, Confagricoltura ha stilato una serie di proposte per uno sviluppo equilibrato del settore, contenute nel documento “Il biogas fatto bene”. Proposta principale, proprio per «ridurre i fenomeni di competizione per l’uso del suolo agricolo» è la soglia di autonomia del 70%: «L’autorizzazione – spiega Veggia – deve essere data solo a chi ha almeno il 70% delle materie prime per far funzionare l’impianto». Altre proposte riguardano la fissazione delle tariffe, in modo da premiare i comportamenti virtuosi dell’azienda che «chiude il proprio ciclo produttivo energetico con il riutilizzo del calore per attivare nuove produzioni e del digestato (cioè il residuo del processo di digestione anaerobica di scarti vegetali e liquami, ndr) per la fertilizzazione dei propri terreni».
L’obiettivo su cui puntare, dice Donato Rotundo, responsabile Ambiente di Confagricoltura, è «lo sviluppo dei piccoli impianti per l’autoconsumo». E sempre nell’ottica dell’autosufficienza energetica, Confagricoltura sottolinea l’importanza di incentivare il mini-eolico, che «si adatta molto bene all’inserimento nelle aziende agricole». Per quanto riguarda invece il fotovoltaico, secondo l’organizzazione è necessario intervenire perché «sia data maggiore diffusione agli impianti su terreni abbandonati».
Veronica Ulivieri