Smart building: un workshop internazionale per Torino Smart City
Si è aperto ieri mattina, alle Officine Grandi Riparazioni di Torino, “Smart Building in Torino Smart City”, il workshop internazionale promosso dall’Ordine degli Architetti a sostegno della candidatura di Torino come Smart City europea, in cordata con Lione e Monaco di Baviera.
Smart Building, si occuperà in misura prioritaria degli aspetti urbanistici e di edilizia sostenibile e coinvolgerà, in 5 giorni (dal 27 settembre al 1° ottobre) 100 partecipanti, tra manager d’azienda, ricercatori, studenti e professionisti del settore per studiare le soluzioni a supporto del nuovo piano strategico decennale della città.
Lo stimolo viene della Commissione europea, che ha pubblicato, lo scroso luglio, i primi tre bandi da 75 milioni di euro per promuovere l’innovazione tecnologica e il risparmio energetico. Ma il piatto forte, da 11 miliardi di euro, arriverà con il prossimo programma quadro (l’ottavo), che prevede una più generosa linea di finanziamenti dedicati alle “Smart Cities”. In apertura dei lavori, il sindaco Piero Fassino ha tuttavia voluto ricordare come il progetto di Torino tragga spunto dal programma europeo “ma non si esaurisca qui”. “Vogliamo creare un’idea di città - ha continuato il sindaco – e assumere la dimensione Smart City come fondamento della programmazione urbanistica, dei trasporti pubblici, di tutte le politiche locali, con un progetto trasversale che ci permetta di compiere un salto di qualità”. I cittadini, secondo Fassino, ”hanno ormai assorbito i valori della sostenibilità” e del loro diritto ad avere un ambiente urbano più sano e vivibile. Per questo occorre rivedere, in chiave di sostenibilità, le strategie dell’Amministrazione.
Concorde il neo-Assessore all’Ambiente, il 32enne Enzo Lavolta, che ha sottolineato come Smart City sia “una straordinaria opportunità per riportare l’economia di questo territorio a una vocazione reale”. Le difficoltà del momento, secondo l’assessore, sono infatti riconducibili, in buona parte, alla distanza che si è creata tra la finanza e l’economia reale. “Negli ultimi anni – ha proseguito Lavolta – si sono affermati strumenti come i derivati il cui peso finanziario è stato quantificato, recentemente, in 330 trilioni di dollari, 5 milioni di volte il PIL mondiale”. Quello di Smart City si presenta dunque come uno stimolo per tornare a produrre, a costruire – ma secondo principi di sostenibilità, progettando uno sviluppo strategico del territorio sulla lunga distanza. Una linea sulla quale converge anche l’Unione Industriale che, per voce di Massimo Settis, responsabile delle politiche energetiche e ambientali, ha parlato di Smart City come di “un progetto culturale per la costruzione di un modello Smart Industry trasversale ai settori produttivi, che si fondi sui temi della sostenibilità: l’interesse delle imprese è evidenziato dal fatto che hanno aderito in poco tempo al workshop in 30, con progetti già pronti e applicabili. Sono le basi per una crescita virtuosa”.
Già, ma perchè le imprese devono essere coinvolte in un piano strategico della città? Alla provocazione dell’anonimo contestatore risponde, dal palco, Giorgio Gallesio, amministratore delegato di DE.GA SpA, che ricorda come l’ANCE – l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, raggruppi oggi ”20.000 imprese, di cui solo il 20% lavora per enti pubblici, mentre l’80% per privati. Il 50 per cento di questo ottanta ha un ruolo attivo e propositivo e non si limita a eseguire commesse”. Del resto, continua Gallesio, citando Georges Clemenceau (e restitutendo la provocazione in casa OAT), “il piano strategico della città è cosa troppo importante per lasciarlo ad architetti e urbanisti” (così come il primo ministro francese sosteneva che la guerra fosse cosa troppo seria per lasciarla ai generali).
Per questo alla conferenza stampa di ieri hanno preso parte i rappresentanti dei main partner del progetto, aziende locali ma anche multinazionali che da alcuni anni investono negli sviluppi della green economy: oltre a Gallesio di DE.GA, Federico Golla, amministratore delegato di Siemens Italia, Marco Beltrami, a capo della IBM Smart City Unit, Dario Vineis, presidente CasaClima Network Piemonte e Valle d’Aosta, Giuseppe Marinelli, amministratore unico di Ecojoule srl e La Maison Verte srl, Francesco Joly, responsabile delle relazioni esterne di Finder SpA e Domenico Napoli, responsabile ricerca e sviluppo di Fotorecuperi.
Oggi il workshop è invece proseguito con un primo confronto diretto, “Smart Planning: quale piano strategico di area vasta per Torino Smart City?“, che ha visto nuovamente al tavolo Beltrami di IBM, con il presidente dell’Ordine degli Architetti Riccardo Bedrone, Roberto Bocca del World Economic Forum, Edoardo Calia, dell’Istituto Mario Boella, i rappresentanti della Città e della Provincia e Ippolito Ostellino, direttore del Parco del Po Torinese. In questo contesto la provocazione è venuta proprio da Ostellino, che ironizzando sui tanti progetti delle nuove “Spine” torinesi si è augurato che “su quelle spine attecchiscano anche un po’di foglie“, altrimenti il paesaggio rischia di rimanere un “orpello” escluso dalla pianificazione, invece di diventare, come auspicabile, una preziosa risorsa turistica e un elemento chiave per la qualità della vita urbana. Una posizione complementare – e non contradditoria – rispetto a quella di Beltrami, che ha ribadito l’importanza di ottimizzare lo spazio e gli strumenti urbani esistenti, connettendoli tra loro grazie alle tecnologie smart (appunto), e interpretando le informazioni che se ne ricavano per rendere le città più intelligenti. ”Mica servono altre telecamere per monitorare la città: le ha il tabaccaio, la banca e molti altri. Ognuno di voi ha un telefonino cellulare e perciò è un sensore sul territorio, non serve altro. Il punto è solamente far dialogare tra loro questi strumenti“.
Sabato 1 ottobre alle ore 10, nella sala Duomo delle OGR, Pier Giorgio Turi, coordinatore scientifico del workshop chiuderà il workshop illustrando i progetti realizzati dai partecipanti.
Andrea Gandiglio