IRB: la sfida hi-tech per le biocolture
Perché sprecare ettari di suolo e migliaia di tonnellate di acqua per produrre estratti di piante? Se lo è chiesto un gruppo di ricercatori e imprenditori, incontratisi quasi per caso alla fine degli anni Novanta. Così è nato l’Istituto di Ricerche Biotecnologiche Spa, puntando tutto su una scommessa: creare una tecnologia che permettesse di raggiungere alti livelli di qualità e sicurezza dei principi attivi vegetali, utilizzati dall’industria cosmetica e degli integratori nutrizionali, limitando l’impatto sull’ambiente.
Nel 2003 è stata brevettata HiTechNature, tecnologia che consiste in bio-colture su scala industriale di cellule vegetali (non Ogm) per produrre, in condizioni controllate, estratti vegetali. Detta così, la cosa sembra semplice, ma in realtà ci sono voluti anni di ricerche e investimenti di diversi milioni di euro per raggiungere il risultato, che quest’anno ha fatto vincere allo Irb il Premio Impresa Ambiente per la sezione Migliore Innovazione di Processo.
Il procedimento, spiega il responsabile Ricerca & Sviluppo Roberto Dal Toso, per 15 anni ricercatore in industrie farmaceutiche, «era conosciuto nelle università, ma risultava molto difficile da riprodurre su scala più ampia. La nostra sfida è stata proprio quella di passare dal banco di laboratorio a un livello industriale. Nel settore della cosmesi, siamo stati dei veri pionieri. Quando abbiamo iniziato, nel 1999, esistevano due aziende, una tedesca e una giapponese, che facevano bio-colture, ma per il settore farmaceutico». Oggi, Irb ha in commercio una decina di estratti diversi, e molti altri sono in fase di studio e sperimentazione. I clienti sono aziende che producono cosmetici e integratori. Europee, americane e asiatiche.
Consistenti i vantaggi ambientali: non si utilizzano fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi e si limita di molto il consumo di acqua e suolo. «Nel caso dell’Echinacea Angustifolia, per esempio, per ottenere un chilo di Echinacoside, sostanza estratta dalle radici, noi utilizziamo solo 3 metri quadrati di superficie e una tonnellata d’acqua, contro i 1.149 metri quadrati di suolo e le 1.379 tonnellate d’acqua necessari per la coltivazione a terra della pianta. Per estrarre la sostanza, a noi servono poi solo 100 chili di solventi, contro i 500 per le piante coltivate in modo tradizionale». La tecnologia Htn, inoltre, non incide negativamente sulla biodiversità, permettendo di evitare la raccolta di piante rare o a rischio di estinzione. Una linea di coltura, infatti, spiega Dal Toso, si può iniziare a partire solo da alcune foglie: «Dopo averle pulite, le riduciamo in piccoli frammenti. Il tessuto sente la ferita e si attiva per ripararla creando il cosiddetto “callo”, una risposta naturale e spontanea della pianta. Noi facciamo crescere questo tessuto di riparazione in ambiente sterile, senza oltretutto modificare niente, visto che abbiamo da sempre un approccio non Ogm». Così, per esempio, sono bastate poche foglie di Stella Alpina, una specie protetta e coltivabile solo con lunghi tempi di crescita, per avviare una coltura cellulare e produrre così i suoi preziosi estratti con una forte azione anti-ossidante. «Il procedimento è utile soprattutto per quelle piante rare, che crescono molto lentamente, o nel caso di sostanze contenute in bassa concentrazione. Per le altre, rimarrà sempre più conveniente la coltivazione tradizionale».
La ricerca per arrivare alla tecnologia è stata lunga: Irb è nato nel 1999, ma commercializza gli estratti su larga scala solo dal 2008. Per questo, Htn è una tecnologia abbastanza costosa, «ma fin dall’inizio ci siamo dati l’obiettivo di ottenere sostanze di qualità a prezzi competitivi, utilizzabili cioè anche per produrre cosmetici di largo consumo, e non solo quelli che si trovano in farmacia». E gli estratti dell’Irb hanno anche altri vantaggi per il consumatore: «Venendo da cellula fatte crescere in ambiente sterile, non contengono metalli pesanti e altre sostanze che possono provocare allergie e hanno sempre la stessa concentrazione dei principi attivi, che invece varia in base alla stagione nelle piante coltivate».
Oggi alla Irb lavorano una ventina di persone, di cui otto ricercatori costantemente impegnati in nuove sperimentazioni: «Il nostro motto è che assolutamente non ci si può fermare. In questo momento, grandi aziende hanno capito le potenzialità di questa tecnologia per il settore cosmetico e stanno investendo molto nelle bio-colture. Noi partiamo avvantaggiati, abbiamo già una cinquantina di linee di piante diverse che stiamo studiando».
Veronica Ulivieri