E se i ghiacciai non si sciogliessero? Almeno in India…
Avvicinandosi alla Climate Change Conference di Copenhagen giornali e telegiornali ricordano con insistenza la necessità di ridurre le emissioni, cantanti e attori, politici e scrittori si sentono in dovere di seguire il “main stream” dell’impegno ambientale per essere, in termini giornalistici, “sul pezzo” ed ergersi a paladini della sostenibilità. Il coro sembra perfettamente intonato e l’orchestra procede con la sinfonia.
Ma cosa succederebbe in Europa se un ministro dell’ambiente sostenesse che il riscaldamento globale non ha poi queste gravi conseguenze sullo scioglimento dei ghiacciai? Una stecca degna dei fischi del pubblico? Può darsi, ma la complessità e la delicatezza delle questioni ambientali impone di ascoltare con attenzione tutte le voci, anche le più stravanganti – purchè sufficientemente documentate e argomentate.
La voce fuori dal coro arriva, in questo caso, dall’India: “non esiste una prova scientifica che leghi il riscaldamento globale con cosa sta accadendo ai ghiacciai dell’Himalaya” ha dichiarato, nell’ indifferenza mediatica europea, il Ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh lunedì scorso. L’ardita tesi del Ministro si basa su un rapporto del governo intitolato “I ghiacciai dell’Himalaya” che, sulla base di dati raccolti in 150 anni dal Geological Survey of India su un campione di 25 ghiacciai, smentisce ogni tipo di “allarmismo in stile Al Gore”.
I ghiacciai si starebbero ritirando ad una velocità non preoccupante e nulla suggerirebbe che – come al contrario molti affermano – siano destinati a sparire. “Fin tanto che avremo i monsoni, avremo i ghiacciai. Ci sono molti fattori da considerare se vogliamo scoprire quanto rapidamente si sciolgano i ghiacci.” afferma Vijay Kumar Raina, il geologo responsabile del rapporto, aggiungendo che l’errore degli scienziati occidentali deriva dal ricorso ad indici di scioglimento dei ghiacci inadeguati per l’Himalaya, che costituirebbe invece una realtà a sé stante.
Il sospetto sorge spontaneo: è l’Himalaya a costituire una realtà a sé stante o è un paese in piena via di sviluppo e boom produttivo, come l’India (o la Cina, o il Brasile), a necessitare di uno status particolare che non ne freni lo slancio?
Rajendra Pachauri, presidente del IPCC (Integovernmental Panel on Climate Change), l’agenzia delle Nazioni Unite che valuta i rischi derivanti dal riscaldamento globale, pare orientato sulla seconda opzione e risponde piccato a Ramesh: “Abbiamo un’idea chiara di cosa sta accadendo. Non so perché il Ministro stia supportando questa inaffidabile ricerca. Si tratta di un’affermazione molto arrogante.”
Bollando come “non scientifico” il rapporto del governo Indiano, il presidente riconferma gli studi dell’IPCC che danno come molto probabile lo scioglimento completo delle superfici ghiacciate del pianeta entro il 2035. Il bacino del Gange, che rifornisce di acqua milioni di persone nel nord dell’India, potrebbe di conseguenza sparire.
La rilevanza dell’episodio, al di là della questione di chi abbia ragione e su che basi, poggia sulle modalità stesse in cui la questione è affrontata. Se da una parte viene denunciata la “saggezza convenzionale” (sic) dall’altra si risponde con secche accuse di “negazionismo”. Due estremismi che sicuramente non aiutano a formarsi un opinione fondata.
Ilaria Burgassi
Vedi anche:
Alessandra Carboni, “La Groenlandia si scioglie in fretta“, Corriere della Sera.it, 13 novembre 2009