Nuovo Rapporto Ocse-Fao: ancora prezzi elevati per 10 anni
Un fantasma si aggira nelle stanze dei bottoni di Ocse e Fao, dove si monitora l’agricoltura mondiale. È la paura per l’instabilità dei prezzi, la loro continua tendenza al rialzo. L’Agricultural Outlook 2011-2020, realizzato dalle due organizzazioni, è stato presentato a Parigi questa mattina.
Il rapporto raccoglie le proiezioni sull’andamento dei mercati di biocarburanti, cereali, oli vegetali, zucchero, carni, latticini e pesce da qui al 2020, in caso di normali condizioni meteo, assenza di emergenze di vario tipo e permanenza delle politiche agricole attuali nei vari Paesi. Il timore che la corsa dei prezzi agricoli non si fermi aleggia in ogni pagina: «Il periodo di alta volatilità nei mercati delle commodity agricole dura ormai da cinque anni. I prezzi alti e instabili delle materie prime sono chiaramente tra i temi più importanti che oggi i governi si trovano a fronteggiare. (…) I prezzi rimarranno probabilmente a un livello più alto nel prossimo decennio rispetto a quello precedente».
Gli aumenti, in termini reali, andranno dal +20% di cereali come il mais al + 30% per il pollame rispetto al decennio precedente. Con effetti negativi per l’intero sistema mondiale: «Periodi prolungati di prezzi alti potrebbero rendere più difficile il raggiungimento di una sicurezza alimentare globale, esponendo i consumatori poveri a un rischio più alto di malnutrizione». Ma quali sono le cause di questa tendenza? I fattori sono diversi: «Condizioni meteo, produzione, scorte, prezzi dell’energia». E in molti chiedono che chi governa trovi una soluzione: «L’instabilità dei prezzi, associata al tendenziale aumento della domanda ed alle speculazioni finanziarie legate al commercio delle materie prime agricole dovrebbe essere pressante monito per i governi perché si recuperi l’importanza strategica dell’agricoltura», ha sottolineato ieri il presidente della CIA, Giuseppe Politi, durante il G120 degli agricoltori mondiali.
Questi, secondo l’Outlook, gli altri elementi dello scenario dei prossimi dieci anni: «Le economie mondiali saranno in ripresa rispetto alla crisi globale del 2009», «la crescita della popolazione continuerà a rallentare» e «i prezzi dell’energia tenderanno al rialzo». Una situazione in cui, sottolinea il rapporto, ci sarà «bisogno di misure a breve termine per aiutare a gestire e mitigare i rischi associati alla volatilità, e di investimenti che guardino più lontano per migliorare la produttività e la resilienza del sistema agricolo e alimentare globale». Temi di cui si discuterà i prossimi 22 e 23 giugno a Parigi durante il G20 dei ministri dell’Agricoltura, che proporranno la creazione di un database pubblico sulle materie prime agricole simile a quello adottato dal mercato petrolifero.
Accanto all’instabilità dei prezzi, l’altro grande tema è l’emergere sempre più forte dei Paesi in via di sviluppo sui mercati agricoli: «All’America Latina, il motore della crescita degli ultimi anni, si affiancherà probabilmente l’Europa dell’Est. Queste due regioni diventeranno fornitori agricoli sempre più importanti nel prossimo decennio». Una prospettiva che preoccupa i Paesi industrializzati: «I Paesi UE rischiano di ritrovarsi penalizzati da un forte gap produttivo, questa è una grande sfida per la Politica Agricola Comunitaria», spiega Marco Guidi, presidente di Confagricoltura. E in Asia, America meridionale e Est Europa, cambieranno anche le abitudini alimentari dei cittadini: in queste aree «dove i redditi sono in aumento e la crescita della popolazione sta rallentando, crescerà più rapidamente il consumo di cibo pro capite. La domanda salirà soprattutto per oli vegetali, zucchero, carne e latticini» .
Importante è poi il capitolo dei biocarburanti. Si prevede che i continui aumenti del prezzo del petrolio, insieme a specifiche politiche di sostegno, faranno aumentare la domanda di biodiesel e etanolo, la cui produzione da qui al 2020 aumenterà, rispettivamente, del 140% e del 70%. «Entro il 2020, si stima che il 13% delle farinacee, il 15% degli oli vegetali e il 15% delle canne da zucchero saranno utilizzati per produrre biocarburanti». Un settore che, sottolinea Guidi, si svilupperà molto, perché «prima di avere auto elettriche in quantità adeguata, dovremo risolvere il problema più vicino dei carburanti».
Il rifiuto del nucleare imposto in Italia dal referendum, così come lo stop alle centrali entro il 2022 in Germania e il 2034 in Svizzera farà crescere l’importanza delle energie rinnovabili, tra cui ci sono le agroenergie. Di questo, il rapporto Ocse-Fao non parla, ma è indubbio che il tema, soprattutto in Europa, è di grande attualità. «L’Italia deve darsi una politica energetica: servono leggi più precise e di più ampio respiro, perché questi investimenti hanno tempi di resa lunghi. E poi serve una politica precisa sui sottoprodotti dell’agricoltura, che potrebbero diventare una fonte di produzione di energia. È un’attività che attira molti giovani, e che diventa utile come integrazione del reddito dell’agricoltore. Se verranno prese misure adeguate, il settore agricolo ha le carte in regola per diventare, nel 2020, completamente autonomo dal punto di vista energetico», continua Guidi di Confagricoltura. E secondo uno studio presentato qualche giorno fa da Coldiretti, «dalle campagne italiane è possibile ottenere nei prossimi dieci anni energia rinnovabile in grado di sostituire tre centrali nucleari, con il diretto coinvolgimento delle imprese agricole e senza causare danni al territorio».
Veronica Ulivieri