Verso una Gaia elettronica
Pubblichiamo in esclusiva un articolo del fisico e futurologo Ian Pearson, che dopo aver lavorato, dal 1985 al 2007, in British Telecom fa oggi parte di Futurizon, società di consulenza in nuove tecnologie e sviluppi futuri.
Le tecnologie applicate alla nostra vita hanno avuto fin dai primi anni ’90 una crescita estremamente rapida. Il progetto genoma umano ha scoperto una parte fondamentale delle informazioni di cui abbiamo bisogno per capire cosa rende un uomo “umano”. Un simile progresso fa pensare che entro poche decadi saremo in grado sia di personalizzare a nostro piacere forme di vita già esistenti sia di creare nuove forme di vita dal nulla.
Cose del genere saranno rese possibili dalla nanotecnologia, che non soltanto accelererà il progresso nelle biotecnologie e nell’informatica, ma ci aiuterà a farle diventare un tutt’uno con conseguenze di portata epocale; spesso per descrivere questa convergenza di tecnologie si usa il termine “convergenza NBIC” (nano-bio-info-cognitivo), anche se si potrebbe ribattere che la convergenza vera e propria sarà tra bio(logia) e info(rmatica): le nanotecnologie infatti sono più che altro ciò che la renderanno possibile, mentre l’avanzamento delle tecnologie cognitive sarà una delle ovvie conseguenze della convergenza tra bio e info.
Nonostante tutte le manipolazioni dei genomi di forme di vita esistenti, ancora non abbiamo avuto modo di vedere il primo batterio assemblato completamente dal nulla da un essere umano. Tuttavia, credo che un simile avanzamento avverrà nel giro di un paio d’anni. Lo sviluppo di una gran varietà di biologia sintetica e di forme di vita sintetiche è inevitabile: la vita diventerà una tra le tante forme della tecnologia umana.
L’utilizzo più ovvio di una tecnologia della vita credo sarà il seguente. Attualmente, gli esseri umani hanno un effetto devastante sul proprio ecosistema, soprattutto per mezzo del disboscamento delle foreste, dell’eccesso di pesca, dell’inquinamento in genere e, ovviamente, dei cambiamenti climatici. Molte specie viventi stanno scomparendo. Per cercare di risolvere questo scottante problema, da un lato si stanno costruendo banche di geni che cataloghino e archivino il maggior numero possibile di forme viventi, e dall’altro molte persone in tutto il mondo si battono per proteggere le specie in pericolo. E’ probabile che tra non molto tempo si potranno riportare in vita specie estinte recuperandone il DNA e usando tecnologie di clonazione. Ma perché dovremmo limitarci a farlo per le specie estinte? Per non creare specie completamente nuove costruendone il DNA dal nulla? Sono certo che sia possibile, in linea di principio, progettare e costruire da zero un nuovo ecosistema; e sono altrettanto certo che qualcosa del genere succederà davvero in un futuro non molto lontano. A dire il vero, potremmo doverlo fare davvero se i problemi ambientali continuano a crescere con questa rapidità.
Essere in grado di modificare i geni non è esattamente la stessa cosa che costruire dal nulla una foresta tropicale. Tuttavia, nonostante si possa pensare inizialmente che uno scopo del genere potrebbe essere raggiunto soltanto attraverso un percorso lento e graduale, non è assolutamente detto che sia così: una volta che la nostra conoscenza raggiunge una certa massa critica il progresso può accelerare così rapidamente da diventare allarmante.
La convergenza di tecnologie diverse creerà un circolo virtuoso in cui le scoperte effettuate in un campo contribuiranno a scoperte in campi del tutto differenti. Una tecnologia informatica migliore implica uno sviluppo più rapido del biotech, e una migliore comprensione delle tecniche usate dalla natura ci porta a un’informatica sempre più avanzata. E’ probabile che tra qualche anno proteine progettate su misura avranno un ruolo importante nell’assemblaggio di componenti informatiche (tramite le nanotecnologie), coinvolgendo le biotecnologie nella fabbricazione dei computer.
La convergenza, d’altro canto, significa inoltre che i confini saranno sfumati anche a un livello molto più fondamentale: tecnologie informatiche impiantate negli organismi ne miglioreranno capacità e prestazioni, fino al punto di costruire nuove forme di vita ibride che esistono in parte tramite corpi fisici (geneticamente modificati o anche costruiti da zero) e in parte tramite una rete che li collega ad altri organismi.
In conclusione, sono convinto che la convergenza dell’informatica e del biotech avrà conseguenze notevoli per la vita nel suo insieme: la nostra foresta pluviale costruita sinteticamente potrà dunque essere popolata da organismi potenziati geneticamente, alcuni collegati tramite una rete – con prospettive divertenti e inquietanti come quella di animali che faranno uso di siti per “cuori solitari” e di navigatori satellitari. Un ecosistema sintetico insieme molto diverso e molto simile al mondo in cui stiamo vivendo oggi. Per così dire, una vera e propria Gaia elettronica.
Ian Pearson
(Traduzione e adattamento di Eva Filoramo)
Ian Pearson. Futurologo, si è laureato in fisica teorica e ha lavorato per la British Telecom dal 1985 fino al 2007, quando è entrato a far parte della società di consulenza Futurizon. Esperto di temi connessi all’information technology, intelligenza artificiale, connessioni uomo-macchina, ha vinto numerosissimi premi prestigiosi, ed è membro di importanti istituzioni come la British Computer Society, la World Academy of Art and Science, la Royal Society of Arts, la World Innovation Foundation.