WWPI: l’indicatore italiano per la qualità delle acque reflue
Di recente, sulla rivista Environmental Monitoring and Assessment, è stato pubblicato uno studio italiano dal titolo “Wastewater polishing index: a tool for a rapid quality assessment of reclaimed wastewater”. La ricerca, condotta da un gruppo di studiosi dell’Università di Ferrara, ha come oggetto un nuovo indicatore che serve a valutare la qualità delle acque reflue trattate dai depuratori. Lo studio rientra nel progetto Adria-Safe finanziato dal programma comunitario Interreg IIIA Transfrontaliero Adriatico per la tutela e la salvaguardia dell’ecosistema marino dell‘Euroregione Adriatica, e vede coinvolti altre a partner italiani, quali le province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini e Ferrara, anche l’Albania, la Croazia, il Montenegro e la Slovenia.
Entrando nel merito della ricerca vera e propria, il nuovo indicatore, denominato WasteWater Polishing Index (WWPI), dovrebbe essere d’aiuto ai decisori e agli imprenditori che operano nel settore ambientale nel valutare rapidamente la qualità delle acque reflue trattate.
Allo stato attuale dei fatti, le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche degli effluenti dei depuratori delle acque reflue sono regolamentate dalla legge nazionale ed europea relativa al loro riuso o allo scarico nei fiumi e nel mare degli stessi effluenti. Nella pratica, la maggior parte dei scienziati considera necessario effettuare delle misurazioni separate ed autonome di tutti i parametri che indicano la qualità dell’acqua, parametri definiti a loro volta dalla legge. Al fine di semplificare la procedura, sono stati creati una serie di indici, ad esempio, per monitorare la salute degli eco-sistemi oppure il livello di inquinamento. Fino ad oggi, però, nessun indice era stato definito per monitorare l’aderenza ai trattamenti standard legali. Infatti i limiti imposti dalla legge per i vari tipi di agenti inquinanti variano da Paese a Paese. Lo studio in questione, invece, considera che il WWPI è sensibile abbastanza per essere utilizzato in diversi Paesi, e per svariati agenti inquinanti, tramite l’applicazione dei metodi prescritti dalle condizioni legali locali.
Prendendo in considerazione l‘Italia, la regolamentazione italiana sugli effluenti considera 55 parametri chimici, fisici e microbiologici, molti dei quali sono tecnicamente difficili da usare per la misurazione della qualità delle acque reflue trattate. Per questo motivo, generalmente, vengono considerati solo i più semplici e i più rappresentativi. L’indice proposto dallo studio italiano, invece, utilizza sei criteri, quali i solidi sospesi, l’ossigeno biologico necessario, l’ossigeno chimico necessario, l’ammoniaca, i fosforo totale e l’Escherichia coli, i quali sono ampiamente considerati come i parametri più critici per valutare la qualità dell’acqua, al fine di riutilizzarla o semplicemente scaricarla nei fiumi o nel mare senza provocare danni ambientali.
Per ciascun parametro, le curve di valutazione sono disegnate su una gamma di 0-100, dove zero corrisponde a una concentrazione di agenti inquinanti pari allo zero, e 100 corrisponde al limite locale legale consentito per il riuso e lo scarico delle acque reflue trattate. Quando combinati, tutti i criteri sono trattati allo stesso modo, ad eccezione per l’Escherichia coli, la cui scala è ridotta a 1,4, poiché è considerato il fattore più importante per il riuso delle acque. Come risultato dalla ricerca, il WWPI è 7 volte su 40 più sensibile all’Escherichia coli, rispetto agli altri parametri.
Il WWPI è stato testato dalle misurazioni sperimentali nell’ambito dello stesso progetto Adria-Safe, le cui indagini sperimentali sono state eseguite per la definizione del processo di affinamento dell’effluente del depuratore generale delle acque reflue della città di Ferrara. Obiettivo finale del processo era quello di immettere nel Po acque con elevata qualità, in grado di minimizzare il carico inquinante sul fiume, quindi sul mare Adriatico, sia relativamente alle caratteristiche fisico-chimiche delle acque sia relativamente alle caratteristiche microbiologiche, nonché di garantire una costanza di qualità nel tempo delle caratteristiche delle acque reflue depurate, limitando al massimo le variazioni, anche a fronte di sensibili modifiche a monte del carico inquinante, a tutto vantaggio della stabilizzazione dei processi naturali. Inoltre, per il raggiungimento di tali obiettivi sono state utilizzate tecniche naturali di depurazione del tipo della fitodepurazione e del lagunaggio. I risultati sono stati soddisfacenti dal momento che, sulla base delle conclusioni del progetto, il rispetto dei limiti di legge per il riuso (parametri microbiologici) può essere garantito nel caso di un sistema di fitodepurazione a flusso sub-superficiale ben progettato, nei periodi di elevate temperature ambientali e che il livello di qualità dei corsi d’acqua della rete locale, solitamente utilizzati per l’irrigazione, in molti casi è ben peggiore della qualità dell’effluente affinato mediante la sola fitodepurazione.
La definizione dell’indicatore WWPI insieme all’intero progetto, è la dimostrazione che con il supporto alla ricerche e con la sperimentazione di tecniche adeguate diventa possibile trovare soluzioni al problema dell’inquinamento dei bacini idrici e del riutilizzo delle acque reflue, quest’ultimo notevolmente importante al fine di affrontare la questione della scarsità idrica.
Donatella Scatamacchia