Rapporto IREX: dalle rinnovabili 90.000 posti di lavoro
Le fonti di energia rinnovabile potrebbero produrre in Italia 90.000 posti di lavoro aggiuntivi, per un valore tra i 28,6 ed i 42,3 miliardi di euro entro il 2020.
È questo uno dei dati più interessanti contenuti nel Rapporto Annuale Irex sulle energie rinnovabili, elaborato dalla società di consulenza Althesys. A decidere il futuro di un comparto florido e con grandi potenzialità saranno le politiche energetiche nazionali ed internazionali e gli incentivi che gli stati membri adotteranno.
Primo aspetto su cui si sofferma lo studio, realizzato sotto la direzione di Alessandro Marangoni, riguarda gli investimenti italiani negli ultimi anni. L’immagine che ne esce è positiva e raffigura un settore dinamico, «in marcata crescita nonostante la congiuntura economica sfavorevole e le incertezze ricorrenti nel quadro regolatorio». «Nell’ultimo anno, sono state realizzate 203 operazioni (nuovi impianti e attività di finanza straordinaria) con investimenti per 12,3 miliardi di euro e 5.165 MW. La crescita interna rappresenta, come nel 2008‐2009, quasi la metà delle operazioni mappate, quella esterna il 34% circa e le forniture, compresi i contratti EPC (cioè quelli per cui le aziende si occupano di tutte le attività e i servizi necessari per la progettazione e la costruzione di impianti, ndr), il 18% del totale. I soli investimenti in impianti equivalgono a quasi lo 0,4% del PIL italiano», si legge nella sintesi del rapporto.
Particolare è il campo del fotovoltaico, in cui le aziende con il ruolo di EPC contractor hanno scelto la strategia dell’«integrazione lungo la value chain; in misura più ridotta a monte verso la produzione delle tecnologie; più marcata a valle verso la generazione. Il progressivo consolidamento del mercato sta, invece, riducendo gli spazi per i developer e gli operatori locali che, nel lungo periodo, avranno un ruolo marginale».
Un discorso a parte merita poi la chiusura dei rubinetti del credito seguita all’incertezza legislativa degli ultimi mesi. «L’indagine presso le imprese evidenzia come il rischio, percepito o reale, dell’investimento nelle rinnovabili stia aumentando. Due terzi degli operatori dichiarano di aver ridotto gli investimenti a causa della situazione finanziaria. L’aumento del rischio ricade sulla bancabilità dei progetti: il 27% delle aziende rinuncia a oltre il 30% dei progetti in portafoglio per questioni collegate al finanziamento. Gli operatori prevedono un maggior ricorso all’equity e al leasing per finanziare i progetti, mentre si riduce l’accesso al credito bancario e al project financing», spiega lo studio. Una considerazione che richiama anche le preoccupazioni del commissario europeo per l’Energia Günter Oettinger. Da lui è infatti arrivata in questi giorni una severa bacchettata all’Italia per l’instabilità normativa che mette a rischio anche gli investimenti già fatti dagli operatori internazionali.
Proprio sulle azioni per lo sviluppo delle rinnovabili nel quadro delle politiche ambientali ed energetiche il dibattito è ancora aperto, sia a livello europeo che italiano. Il nodo cruciale è il saldo tra costi e benefici di queste misure. In diversi Paesi europei, i sistemi di incentivazione sono stati riconsiderati e ricalibrati, e dovranno via via scomparire con il raggiungimento della grid parity, ossia la parità di costo tra un kilowattora prodotto da fonti convenzionali e uno da fonti rinnovabili.
Le previsioni di Althesys per l’Italia sono, anche in questo caso, ottimistiche: «L’analisi costi‐benefici svolta su due sentieri di sviluppo delle FER al 2020, mostra un saldo netto positivo per l’Italia tra 24,2 e 32,3 miliardi di euro, in aumento rispetto ai calcoli del 2010. La spesa per gli incentivi (ipotizzati in calo fino ad azzerarsi con la grid parity al 2020 nel sentiero di minore crescita) è più che bilanciata dai numerosi benefici: aumento di occupazione e indotto, ricadute sul PIL, diminuzione delle emissioni, minor dipendenza energetica e fuel risk».
Grande assente nei piani di sviluppo del nostro Paese è ancora l’efficienza energetica, che «pur essendo un elemento chiave della Direttiva 20‐20‐20, non è stata finora al centro delle politiche energetiche italiane». Il report mette in guardia sui rischi e gli oneri futuri: «L’impatto del mancato raggiungimento degli obiettivi previsti in questo ambito per la componente elettrica è rilevante; il rispetto del target complessivo della Direttiva richiederebbe l’installazione di ulteriore potenza nelle rinnovabili (da 1,6 a 8,2 GW) rispetto a quanto già previsto dal Piano di azione nazionale al 2020. Ciò comporterebbe una maggior spesa per incentivi tra 14,2 e 24,4 miliardi di euro».
Veronica Ulivieri