Una “rivoluzione solare” per uscire dallo stallo rinnovabili
A indicare una strada possibile, una via d’uscita dalla situazione di stallo, ci prova Gianni Chianetta, presidente di Assosolare. Lo scenario è quello del Solar Revolution Summit, l’appuntamento annuale per tutti gli operatori del solare organizzato da Business International.
La proposta è semplice: «Chiediamo al ministro Romani un decreto legge per tutelare gli investimenti già partiti e di prendere invece un po’ di tempo per la legge sugli incentivi». Regole che vanno scritte, sottolineano gli operatori, dopo una riflessione attenta e un approfondimento delle dinamiche del settore.
La situazione è di blocco totale. Aziende congelate, prospettive incerte: oltre 10.000 persone potrebbero essere messe in cassa integrazione, sarebbero bloccati – e in parte già lo sono – 40 miliardi di euro di investimenti. Con conseguenze distruttive anche sulla presenza di molti investitori esteri in Italia.
Luca Piffer, country manager Italia del gruppo cinese Ldk Solar, sottoscrive la frase che da giorni tutte le aziende straniere ripetono come un mantra: «Se non ci saranno modifiche al decreto rinnovabili, saremo obbligati a spostare la nostra attenzione su altre parti del mondo». Ma a dimostrare che la speranza c’è ancora, è per esempio il mancato tracollo in Borsa della Terni Energia: «I nostri titoli continuano ad avere un valore alto, è il segno che gli investitori sono fiduciosi», commenta Paolo Ricci, consigliere delegato dell’azienda.
D’altra parte, come essere pessimisti di fronte al vero e proprio boom del settore? Alcuni dati significativi raccontano di un fenomeno comunque in forte sviluppo, sostenuto da una green sensibility crescente, unita a possibilità reali di risparmio sull’energia e a ritorni economici cospicui sugli investimenti. Il settore rinnovabili conta infatti oggi 20.000 aziende e 140.000 occupati tra diretti e indotto, per un fatturato che supera i 13 miliardi.
«Nel 2010 sono stati connessi oltre 74.000 impianti fotovoltaici , per più di 2.700 megawatt. Un raddoppio rispetto al 2009, e un raddoppio ci si aspetta anche quest’anno rispetto al 2010. Le richieste in corso riguardano 36.281 mw di fotovoltaico e 9.633 mw di eolico», spiega Eugenio Di Marino, responsabile Ingegneria e unificazione di Enel Distribuzione.
Davanti a questi risultati, per gli operatori le parole di Confindustria sul decreto Romani non sono state facili da digerire. Frasi come «Il Ministro dello Sviluppo economico ha adottato il giusto approccio per razionalizzare il sistema di incentivazione, garantendo sia il contenimento dei costi al 2020 sia la certezza del quadro normativo, indispensabile per programmare gli investimenti» hanno lasciato spiazzati gli imprenditori del settore. E il rapporto con Confindustria e Anie (il braccio dell’associazione che raccoglie le imprese elettrotecniche ed elettroniche di ogni tipo) non è facile.
«In Confindustria ci sono persone ancora poco informate sulle rinnovabili, così come chi oggi decide sul futuro di questo settore. Ma bisogna anche dire che Confindustria è disponibile a sostenerci nella nostra battaglia», assicura Gert Gremes di Anie. Associazione in cui, spiega Paolo Rocco Viscontini, consigliere di Anie e Gifi, «il tema del fotovoltaico è stato preso a cuore».
Se oggi c’è ancora molto poco di certo sul futuro, Antonio Nodari, managing director di Pöyry Management Consulting, prova a fare una previsione: «Da uno scenario caratterizzato da elevati incentivi e specificità nazionali, si passerà a un altro con incentivi ridotti, aumento della concorrenza e competizione per la terra dove installare tanti impianti non superiori a 1 mw». Il progressivo ritiro dei certificati verdi, inoltre, «garantirà ai consumatori un costo inferiore dell’energia, circa 20 euro in meno a megawattora».
Un esempio di come le rinnovabili possano essere, come dice Filippo Levati, chief operating officer di Mx Group, «l’opportunità di rilancio complessivo» di un paese, è il Progetto Desertec. L’idea è quella di realizzare una rete di centrali elettriche e infrastrutture per distribuire in Europa energia prodotta da fonti rinnovabili, in particolare energia solare dai deserti del Sahara e del Medio Oriente ed energia eolica prodotta sulle coste atlantiche dell’Africa. Investimenti che favoriranno una modernizzazione dei cosiddetti paesi Mena, grazie alla creazione di infrastrutture e posti di lavoro. «Il Marocco – racconta Cornelius Matthes, director Business Alliance di Desertec Industrial Initiative – si è dato come obiettivo al 2020 il raggiungimento di 2 gigawatt di eolico e 2 di solare». Tra i 14 paesi che partecipano al progetto, «l’Italia gioca un ruolo importante, sia perché tra i soci ci sono grandi aziende italiane come Terna, Unicredit, Enel, Italcementi, sia come compratore di energia pulita per il raggiungimento degli obiettivi 2020».
Veronica Ulivieri