Medio Oriente e Nord Africa: quale futuro per l’energia?
Inaugura oggi a Roma il Solar Revolution Summit, un confronto tra gli operatori privati e i rappresentanti delle istituzioni, del mondo bancario e della finanza sulle opportunità di investimento nel solare, in Italia e all’estero. In occasione di questo evento Greenews.info ha chiesto a Bruno Pampaloni, esperto di questioni energetiche, di tracciare lo scenario che si sta delineando in un’area – vicina e fondamentale per gli approvvigionamenti energetici europei – come i cosiddetti paesi “Mena“.
Prima è crollata la Tunisia, poi l’Egitto infine la Libia. Ma il contagio è in rapida diffusione. Per ora i governi di Algeria, Giordania, Yemen, Bahrein, Oman e dell’Arabia Sauditahanno circoscritto l’entità delle proteste, in alcuni casi intervenendo con promesse di riforme, elargizioni o negoziando concessioni politiche. Ma quel che conta capire è se e quali altri paesi appartenenti all’area Nord Africa e Golfo Persico saranno travolti dall’onda lunga delle rivolte che stanno sconvolgendo il mondo arabo-islamico.
Perché se la Tunisia, pur priva di risorse energetiche, è importante per gli equilibri della regione mediterranea, se l’Egitto più che per la sua discreta produzione di gas va considerato un fondamentale attore geopolitico e se la Libia con riserve per 44 miliardi di barili si piazza all’ottavo posto assicurandosi una posizione significativa fra i detentori di greggio, i veri player energetici restano gli stati del Golfo Persico.
Il contagio colpirà anche da quelle parti? Di fatto, con oltre 264 miliardi di barili l’Arabia Saudita è il numero uno in termini di riserve. Tra i primi dieci detentori a livello globale vi sono anche Iran, Iraq, Kuwait, Emirati Arabi Uniti. Con la Libia assommano complessivamente a circa 760 miliardi di barili. Arabia Saudita, Iran, Emirati e Iraq rientrano anche nella classifica dei dieci principali produttori di oro nero (quasi diciannove milioni di barili al giorno). Un mare di petrolio. Senza contare il gas naturale, di cui Nord Africa e Medio Oriente detengono circa il 45 per cento a livello mondiale, anche se gli sprechi, le inefficienze e l’instabilità politica ne riducono di molto l’offerta.
In ogni caso, la combinazione petrolio-gas naturale resta il principale rubinetto energetico dell’economia globale, che ha soddisfatto circa il 55 per cento della richiesta di energia primaria nel 2008 e il 98 per cento di quella di Medio Oriente e Africa settentrionale.Servirebbe un cambiamento davvero epocale. Che deve riguardare soprattutto investimenti in efficienza, sostenibilità e risparmio energetico. Se non per convinzione virtuosa, proprio per conservare le strategiche risorse petrolifere, Medio Oriente e Nord Africa (in rapida trasformazione) dovrebbero sviluppare maggiore efficienza energetica e fonti rinnovabili.
E’ quanto emerge da uno studio di Al Masah Capital. Durante il periodo 1999-2009 il loro consumo medio annuo di energia primaria è aumentato del 5,3 per cento, il secondo in assoluto dopo quello di Asia e Pacifico. Nel mondo i consumi sono previsti in aumento del 45% entro il 2030 a una media dell’1,6% l’anno. In teoria le buone notizie arrivano dall’International Energy Agency, secondo la quale in Medio Oriente e Nord Africa gli impianti dedicati al solare a concentrazione realizzati potrebbero provvedere fino a 100 volte il fabbisogno di elettricità dell’intera area e dell’Europa. Al Masah Capital reputa inoltre che il fotovoltaico sia una soluzione adeguata per rispondere alla domanda di energia distribuita a livello rurale.
Proprio nell’area Mena è stato pensato, del resto, uno dei progetti più affascinanti per chi guarda a quella regione come avanguardia nella ricerca sul solare a concentrazione. Desertec è infatti un progetto ambizioso portato avanti principalmente da imprese tedesche con l’appoggio dell’Unione Europea. L’idea è di coprire almeno il 15% del fabbisogno energetico del nostro continente.
Ma come potrà resistere il programma all’urto delle rivolte nordafricane? Il management di Desertec fa sapere di guardare “con favore all’onda democratica” e che la collaborazione con i paesi dell’area possa servire alla loro stabilizzazione. Soluzione delle vicende geopolitiche a parte e considerati i limiti delle infrastrutture presenti, il progetto non può fare a meno di grandi investimenti per iltrasporto dell’elettricità. Secondo uno studio pubblicato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei il solare a concentrazione nei paesi Mena potrebbe diventare competitivo a cominciare dall’ultimo terzo del secolo.
Negli Emirati Arabi Uniti è stata pensata invece Masdar City, città sperimentale che combina pratiche di risparmio energetico e fonti rinnovabili. E che proprio di recente il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha elogiato come modello virtuoso a livello mondiale. Tradotto volgarmente: è difficile che gli Stati Uniti intendano defilarsi dalla regione dove mantengono grandi interesse e dove la forza militare americana resta il sostegno per le élite locali, pragmaticamente orientate a uno sviluppo economico di cui la green revolution aspira a far parte.
Bruno Pampaloni