“Vogliamo il sole, non chiediamo la luna”: voci dalla manifestazione contro il decreto Romani
La sala del Teatro Quirino di Roma è gremita di gente. Un migliaio di persone sono riuscite a entrare, altre 300 o 400 sono fuori, con i loro striscioni. Sono arrivate nella capitale da tutta Italia, preoccupate per gli effetti che il decreto Romani avrà sull’intero settore delle energie rinnovabili, visto che a partire da giugno gli incentivi per il fotovoltaico saranno rimodulati, sicuramente al ribasso. Gli operatori, i lavoratori, le associazioni ambientaliste e quelle di categoria si sono riunite a Roma per parlare degli scenari futuri e delle azioni da portare avanti, per chiedere una correzione della legge.
L’incontro, a cui hanno partecipato anche Legambiente, Wwf, Greenpeace e Ambiente e/è vita, è stato promosso dalle associazioni di categoria Anev, Assosolare, Asso energie future, Aper, Gifi e Ises Italia. Sul web, l’hanno seguito in diretta streaming in 22.000.
Come hanno evidenziato molti imprenditori raccontando le loro esperienze, il settore delle rinnovabili è uno dei pochi che, anche in tempo di crisi, è cresciuto in Italia. Nel 2010 ha toccato i 20 miliardi di kilowattora, arrivando a produrre il 24% dell’energia sul totale dei consumi energetici (4% in più rispetto al 2009). Gli occupati, spiega il presidente di Ises (International Solar Energy Society) Giovan Battista Zorzoli, sono 150.000, che raddoppiano contando anche l’indotto, e 800 sono le sole aziende attive nel fotovoltaico. Un patrimonio di «innovazione tecnologica che non può essere ammazzato da un decreto».
Per quanto riguarda in particolare il fotovoltaico, gli investimenti nel 2010 sono stati di 10 miliardi, mentre il costo degli incentivi è pari a 2,26 miliardi all’anno: nel 2011, spiegano le associazioni di categoria, lo sviluppo del fotovoltaico costerà 1,70 euro al mese a famiglia. Senza contare i benefici ambientali: «Con 8.000 megawatt di fotovoltaico, che saranno raggiunti più o meno entro giugno, si riducono le emissioni di Co2 del 5%».
Le prospettive di crescita per il settore sarebbero dunque positive. Molti imprenditori raccontano di aver investito pensando agli incentivi, «uno strumento che consente di rafforzare le imprese italiane, aiutandole anche a sbarcare all’estero». Prima di tutto, in questo momento, servono certezze per il futuro. Tutti gli oratori lo ripetono come un mantra: «Abbiamo bisogno di una visione di ampio respiro, di incentivi sicuri». «Quello che ci serve è stabilità e certezza del diritto. Attualmente, il tempo che intercorre tra l’idea e la messa in funzione dell’impianto è di 18-24 mesi e noi dobbiamo avere certezze per i prossimi anni», sottolinea Luca Concone, direttore di Solar Investment Group. Lo scenario attuale è fatto di incertezza sul futuro e anche sul passato: la norma è infatti retroattiva, e dunque «non va a bloccare solo i progetti futuri, ma anche quelli già avviati e finanziati, mettendo a rischio fallimento aziende fino a ieri stabili e in crescita», spiega Aper (Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili). Prospettive che, racconta Carlo Montella dello Studio Legale Orrick, «stanno facendo scappare tutti gli investitori stranieri dall’Italia. Statunitensi e cinesi non capiscono che cosa sta succedendo». E simili scenari non aiuteranno neanche le aziende di casa nostra a investire all’estero. Le stesse banche, di fronte al decreto, hanno deciso di chiudere i rubinetti del credito.
Secondo Zorzoli, «sono in pericolo 300.000 posti di lavoro, pari a un’altra Fiat». Inoltre, continuano le associazioni, «se il decreto non verrà corretto, produrrà il ricorso immediato alla cassa integrazione straordinaria per oltre 10.000 persone direttamente impiegate nel settore delle rinnovabili e il blocco degli investimenti per oltre 40 miliardi di euro programmati per i prossimi mesi». Sono molte le aziende che hanno dovuto bloccare gli investimenti, perdendo cifre importanti. «A causa del decreto, il nostro gruppo ha dovuto annullare investimenti per 40 milioni di euro», spiega Massimo Cavaliere, manager di 9Ren, un’azienda che sviluppa e realizza progetti per impianti fotovoltaici, eolici e solari termici. E non è andata meglio alla Solsonica, un’impresa reatina che produce celle e moduli fotovoltaici: «Abbiamo perduto 35 milioni di euro per questo decreto», spiega il Direttore Marketing Paolo Gianese.
Le centinaia di lavoratori presenti in platea sono preoccupati. Qualcuno ha portato anche i figli, altri stendono uno striscione con scritto: «Vogliamo il sole, non chiediamo la luna». «L’altro giorno – racconta il titolare di Siel Enrico Pensini – ho dovuto convocare un’assemblea con tutti i miei dipendenti, che erano preoccupatissimi per gli effetti negativi che avrà il decreto. E ho dovuto sforzarmi per tranquillizzarli, trasmettere loro un messaggio ottimistico». Gli imprenditori chiedono alle associazioni di categoria di stare unite e fare sistema. Assosolare, Aper & co. aspettano il 15 marzo per l’incontro con il ministro Romani. Ma, a dire il vero, per adesso, nessuna delle associazioni presenti oggi al teatro Quirino è stata invitata.
Veronica Ulivieri