L’ambizione del governo Cameron e la formichina italiana
La nuova strategia britannica sul clima e l’energia del governo Cameron è stata presentata ieri a Roma durante il seminario a Villa Wolkonsky, residenza dell’Ambasciatore inglese a Roma, organizzato in collaborazione con Kyoto Club.
I relatori britannici, Robert Deane dell’Ambasciata, Chris Dodwell del Ministero dell’Energia e dei Cambiamenti Climatici, Matt Jackson del Ministero degli Esteri, hanno ricordato la frase pronunciata da Cameron il giorno dopo la sua elezione: l’impegno a diventare “the greenest government ever”, il governo più verde della storia. Una dichiarazione fortemente impegnativa, che ha catalizzato l’attenzione degli osservatori internazionali.
Rispetto al suo predecessore, Gordon Brown, gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, del 34% al 2020 e dell’80% al 2050, rimangono infatti invariati. Ciò che cambia è l’approccio e la distribuzione delle risorse finanziarie: si taglia sui ministeri, sulle istituzioni come il Carbon Trust, ma non sui finanziamenti alle energie rinnovabili, alle nuove tecnologie per la riduzione della CO2, al risparmio energetico residenziale. Per i britannici il prezzo del carbonio nei mercati della CO2 è un segnale troppo debole per incentivare la trasformazione a un’economia low carbon, per cui è necessario un sostegno ai prezzi.
Riguardo alla ripartizione internazionale dell’impegno verso clima ed energia, Chris Dodwell ha dichiarato che è semplicemente ”anacronistico pensare che l’Europa stia facendo degli sforzi, mentre gli altri non stanno facendo niente”. Molti altri paesi stanno investendo nella trasformazione delle proprie economie, compresa la Cina. Per la Gran Bretagna non c’è dunque alcun dubbio sulla necessità di portare l’impegno della riduzione delle emissioni di gas serra al 30%: costerebbe all’economia solo lo 0,5% del PIL, e collocherebbe l’Europa in una posizione di leadership nelle trattative sul clima.
La posizione del governo italiano, espressa da Corrado Clini, è diversa: gli strumenti a disposizione sul piano internazionale, come il Protocollo di Kyoto, si sono dimostrati insoddisfacenti dal punto di vista dei risultati, per cui si dovranno creare nuove modalità di collaborazione internazionale. Sull’Europa, Clini lamenta la mancanza di una politica fiscale comune in materia energetica, che consentirebbe di inserire una carbon tax sui combustibili fossili. Se è vero che la Cina sta investendo molto su tecnologie ed energia verde, nota infine Clini, il reale motivo è il bisogno di differenziazione del mix energetico. Per questo gli obiettivi vincolanti di riduzione della CO2 non servirebbero.
Per Mario Gamberale, di Kyoto Club, in Italia ciò che manca per facilitare la transizione e l’innovazione è un’alleanza tra Stato, industria e associazioni. “Cento chilometri quadrati nel Sahara ricevono, come irraggiamento, l’energia necessaria all’Europa, trecento potrebbero essere sufficienti per il Pianeta”. Sergio Andreis sottolinea invece come andrebbe sfruttato il potenziale di riduzione dei consumi: con interventi di efficienza energetica, si potrebbero ridurre i consumi del 30%.
A Francesco Starace, Chief Executive Officer di Enel Green Power, spetta illustrare il panorama sulle energie rinnovabili dal punto di vista di un’azienda che è grande tra le piccole: “è la bellezza di questo mercato”, la presenza di molti operatori. L’innovazione, dice, passa attraverso due strade: la ricerca di nuovi componenti e la scoperta di nuove modalità di utilizzo. Proprio quest’ultimo fattore è stato la chiave per l’impianto “Archimede”, in Sicilia, che combina solare termico a concentrazione e geotermia, producendo 9,7 GWh l’anno.
Il clima del meeting è cordiale, ma le differenze d’impostazione tra i due Paesi sono evidenti: da una parte una Gran Bretagna con una continuità di politica climatica e una strategia di lungo periodo, al di là del colore politico del governo; dall’altra un’Italia con iniziative positive e grandi potenzialità imprenditoriali, ma sprovvista di un quadro politico di lungo periodo.
Veronica Caciagli