Verso la sostenibilità energetica: il gas come combustibile di transizione
Da alcuni anni si assiste ad un cambiamento nella politica energetica europea che si contraddistingue per una crescente integrazione tra le istanze ambientali e quelle energetiche. E’ in questo contesto che l’Unione ha definito una strategia di riduzione delle emissioni climalteranti del 20% entro il 2020 formalizzata nella Direttiva 2009/28/CE del 5 giugno 2009 , che fornisce specifici indirizzi relativi alle fonti rinnovabili.
Questa strategia risulta improntata a tre diversi obiettivi principali: la riduzione dell’entità dei consumi globali di fonti energetiche, l’aumento della presenza di fonti rinnovabili nel totale delle fonti utilizzate e la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.
Il loro raggiungimento richiederà la mobilitazione di ingenti risorse finanziare e un lasso di tempo sufficiente, dal punto di vista tecnico ed economico, ad operare il cambiamento. Durante la transizione la domanda tenderà a spostarsi su fonti a minore impatto ambientale e in grado di essere utilizzate in tecnologie più efficienti. E’ questo il caso del gas naturale, che vanta un indiscusso vantaggio ambientale rispetto alle altre fonti fossili ed è perciò destinato a svolgere un ruolo fondamentale nella transizione verso un bilancio energetico maggiormente sostenibile. Alla sua domanda concorreranno, oltre i tradizionali importatori, anche le economie emergenti del Far East asiatico, con la possibilità che si creino tensioni dal lato dell’offerta, in termini di quantità e prezzi, che potrebbero avere un impatto negativo sulle economie dei paesi consumatori di gas naturale come l’Italia, in cui i consumi di gas sono elevati e sempre più concentrati nel settore termoelettrico, anche in considerazione della mancanza di generazione nucleare.
Il gas naturale è una delle principali fonti energetiche utilizzate al mondo. I consumi energetici mondiali sono infatti rappresentati per il 35% da petrolio, per il 28% dalla fonte solida, per il 6% da energia idroelettrica e geotermica, per il 5% dal nucleare, mentre la fonte gas presenta un’incidenza del 26% sulla domanda complessiva, collocandosi al terzo posto. Secondo l’EIA, l’Agenzia per l’Energia statunitense, i consumi di gas sono destinati ad aumentare considerevolmente nei prossimi anni a causa delle crescenti preoccupazioni ambientali, e si prevede in particolare un aumento di oltre il 36% tra il 2010 e il 2030.
Tab. 1 – Composizione dei consumi di energia primaria e loro incremento atteso
% |
Petrolio |
Gas |
Solidi |
Rinnovabili |
Nucleare |
Incremento atteso 2010-2030 |
Mondo |
35 |
26 |
28 |
6 |
5 |
36 |
Europa |
41 |
25 |
18 |
12 |
4 |
21 |
Italia |
40 |
39 |
9 |
12 |
- |
12 |
Fonte: EIA, 2010.
Nell’Unione Europea il gas naturale rappresenta il secondo input energetico per ordine di importanza. In particolare i consumi di gas incidono sulla domanda complessiva per il 25%. La fonte petrolifera si colloca invece al primo posto con il 41%. La fonte solida, il nucleare e l’energia idroelettrica ed eolica rappresentano rispettivamente il 18, il 12 e il 4%.
Tab. 2 – Previsioni di consumo di gas in Europa
Miliardi di metri cubi |
2010 |
2030 |
Variazione percentuale |
UE a 27 |
566 |
625 |
10 |
Francia |
51 |
54 |
6 |
Germania |
98 |
109 |
11 |
Paesi Bassi |
45 |
46 |
2 |
Spagna |
42 |
40 |
-5 |
Regno Unito |
89 |
84 |
-6 |
Fonte: Commissione Europea, 2009.
Nell’Unione vengono attualmente consumati circa 566 miliardi di metri cubi di gas naturale di cui solo 226 prodotti internamente, dando luogo ad una dipendenza dall’import del 60% destinata ad aumentare per effetto del progressivo esaurimento delle riserve domestiche.
Stando alle previsioni della Commissione Europea i consumi di gas dovrebbero attestarsi sui 625 miliardi di metri cubi al 2030, facendo segnare un incremento di circa il 10%. Secondo altre fonti l’aumento dei consumi sarà invece assai più pronunciato e dell’ordine del 30% (Eurogas, 2008).
La composizione del bilancio energetico in Italia evidenzia una maggiore incidenza dei consumi di gas sul totale rispetto a quanto appena visto a proposito del mercato europeo: essi rappresentano infatti il 39% dei consumi complessivi. La fonte petrolifera incide invece per il 40%. I consumi di carbone, e le fonti rinnovabili, insieme alle importazioni di energia elettrica rappresentano rispettivamente il 9 e il 12% della domanda complessiva.
Attualmente vengono consumati in Italia 85 miliardi di metri cubi di gas, di cui circa 70 importati dall’estero. La dipendenza energetica è dunque superiore alla media europea e superiore all’80%.
Tab. 3 – Consumi di gas in Italia: previsioni e dettaglio settore elettrico
2010 |
2020 |
2030 |
|
Miliardi di metri cubi |
85 |
98 |
110 |
Di cui per la generazione elettrica: |
34 |
44 |
53 |
Fonte: elaborazioni proprie su dati Unione Petrolifera 2010.
I consumi di gas sono dunque attesi crescere significativamente tra il 2010 e il 2030: in particolare l’aumento previsto è del 30% e si presenta nettamente superiore rispetto agli incrementi ipotizzati per altri paesi europei. Il delta cresce sensibilmente, al 56%, se riferito ai soli consumi della generazione elettrica, che rappresenta in Italia il settore di consumo per eccellenza.
Tab. 4 – Composizione delle importazioni di gas in Europa (miliardi di metri cubi)
Russia |
Norvegia |
Algeria |
Nigeria |
Altro |
41 |
27 |
17 |
5 |
10 |
Fonte: Commissione Europea, 2009.
Come evidenziano le Tabelle 4 e 5, la dipendenza dalle importazioni di gas è elevata sia in Europa che in Italia. I flussi in ingresso in Europa provengono prevalentemente dalla Russia e dalla Norvegia oltre che dall’Algeria e dalla Nigeria. In Italia il gas viene importato da Russia e Algeria, che contribuiscono al soddisfacimento della domanda interna sostanzialmente in ugual misura.
Tab. 5 – Composizione delle importazioni di gas in Italia (dati in miliardi di metri cubi)
Russia |
Algeria |
Libia |
Olanda |
Norvegia |
22 |
23 |
9 |
8 |
7 |
Fonte: BP, 2010.
Gli accordi di lungo periodo intercorrenti tra Europa e paesi esportatori hanno sino ad oggi garantito la continuità e la sicurezza delle forniture, nonostante non siano mancati episodi di temporanea restrizione dell’offerta per cause tecniche, come l’indisponibilità di alcune infrastrutture di importazione e, soprattutto, geopolitiche, come nel caso della reiterata “guerra del gas” tra Russia e Ucraina. Molti esperti ritengono tuttavia che tensioni sul fronte dell’offerta potrebbero in futuro derivare dall’aumento atteso della domanda, determinato dal concorso ai consumi mondiali delle economie in via di sviluppo. Se negli ultimi due anni, a causa della crisi, si è addirittura assistito ad una diminuzione dei consumi, che tendono a riattestarsi sui livelli precedenti solo quest’anno, e tali preoccupazioni sono state smentite dall’evidenza empirica, la situazione potrebbe da oggi rapidamente cambiare in caso di ripresa della crescita economica.
Tra le variabili dalle quali è destinato ad essere influenzato il bilancio domanda e offerta paiono particolarmente rilevanti lo sviluppo del mercato del Gas Naturale Liquefatto (GNL) e il recente rinvenimento di cospicue riserve di idrati di metano (gas shales).
Il GNL, importato via nave, non crea un legame fisico fra importatore e produttore, così come avviene invece nel caso dei gasdotti, e consente perciò una diversificazione del portafoglio importazioni, contribuendo ad una maggiore sicurezza di approvvigionamento, oltre che ad un’accresciuta competizione nel settore derivante dall’entrata sul mercato da parte di nuovi operatori attraverso la realizzazione di un terminal di rigassificazione. È appunto in quest’ottica che i paesi europei stanno massicciamente investendo nel settore: la capacità di ricezione di GNL attesa al 2020 è infatti più che doppia rispetto a quella attuale. Nonostante l’abbondante capacità di importazione in corso di realizzazione, sotto il profilo della disponibilità di materia prima emergono vincoli fisici sul fronte della capacità mondiale di liquefazione che, al 2020, potrebbe risultare pari a meno della metà della capacità di ricezione. Il gap potrebbe risultare ancora più drammatico qualora si escludessero dal computo gli impianti di liquefazione iraniani, la cui realizzazione pare essere oggi a rischio per motivi geopolitici. Gli importatori europei di GNL si troverebbero dunque ad affrontare una competizione molto aspra con gli importatori di GNL degli altri continenti. Sul fronte del costo del gas importato è bene inoltre precisare che confrontando la catena del valore del trasporto via gasdotto con quella GNL emergono maggiori costi a carico di quest’ultimo che si sono sino ad oggi tradotti in un prezzo maggiore sul mercato finale, anche se la competitività del GNL sulle lunghe distanze permane. Quanto al costo della molecola, al netto del trasporto, indicizzato al prezzo del petrolio (oggi peraltro nuovamente crescente), l’analisi dei costi attesi di produzione di gas in Russia – il principale fornitore via gasdotto, e il maggiore esportatore all’Europa, e, in prospettiva, all’Italia – evidenzia un trend inequivocabilmente rialzista, riconducibile alla messa in produzione di nuovi campi di estrazione a costi marginali crescenti. Tale elemento rafforzerebbe le tensioni sul prezzo determinate da un’eventuale scarsità di offerta. Quest’ultima potrebbe, d’altro canto, essere mitigata dal recente rinvenimento di massicce quantità di idrati di metano negli USA, che potrebbero rendere questo paese, per i prossimi anni, esportatore di gas, e liberare la capacità di liquefazione sino ad oggi destinata alla copertura della domanda americana.
In conclusione se il gas naturale rappresenta una scelta opportuna quanto obbligata nella transizione verso un settore energetico maggiormente sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che da quello della dipendenza dall’estero, non mancano elementi di criticità nello scenario di domanda e offerta che va delineandosi. In particolare, al verificarsi di alcune condizioni, quali l’aumento della domanda e restrizioni sul fronte dell’offerta, potrebbero verificarsi delle tensioni sui prezzi con evidenti ricadute negative sulla crescita economica dei paesi importatori.
Le variabili coinvolte sono molteplici nonchè di effetto contrapposto e rendono perciò estremamente difficile la formulazione di previsioni corrette, che sarebbero invece fondamentali per il timing e la scelta degli investimenti.
Susanna Dorigoni
Docente Master MEMAE, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano