Il riscatto delle Agricole parte dalla terra
A fermarle ci hanno già provato tre volte. Furti, intimidazioni, atti vandalici. Persone che non accettano che queste 19 donne calabresi, molte provenienti da situazioni difficili, ragazze madri, disabili, rom, ce la facciano da sole. Ma Le agricole, questo è il nome della cooperativa sociale che Rita Barbuto, la presidente, ha creato insieme ad altre donne due anni e mezzo fa, non si perdono d’animo. Continuano a coltivare i tre ettari di terreno con la stessa costanza e dedizione: ortaggi e grano biologici, un antico frutteto da recuperare, piccoli orti sociali affidati a famiglie e giovani, il sogno di una fattoria didattica. Siamo in campagna, vicino a Lamezia Terme, il terreno è della diocesi, che lo affitta per una piccola somma.
Il progetto è nato ad agosto 2008 da persone provenienti da diverse esperienze nell’ambito del sociale, tra cui la Comunità Progetto Sud, attiva in Calabria dal 1976 a favore di disabili e tossicodipendenti, e l’Associazione Mago Merlino, che accoglie e assiste ragazze madri. «Ci siamo guardate intorno e ci siamo accorte che per queste donne in difficoltà non c’erano opportunità di lavoro. Così abbiamo deciso di creare noi queste occasioni», spiega Rita Barbuto, che è anche direttrice della costola italiana di Disabled Peoples’ International e da anni studia l’esclusione sociale delle persone svantaggiate. Trovare lavoro per una ragazza rom, una donna disabile o sola con un bambino non è semplice: «Anche se si tratta in gran parte di persone scolarizzate, ci sono molti pregiudizi».
Nella cooperativa, ogni donna ha una mansione, in relazione alle sue competenze ed esperienze precedenti. Un gruppo, che ha seguito un corso di formazione con un agronomo, coltiva la terra; un altro si occupa dell’amministrazione e alcune donne curano la parte culturale e divulgativa. «Il nostro è anche un progetto culturale. Stiamo creando una rete con altre associazioni di donne e organizziamo incontri e seminari». Ogni giorno, le agricole si occupano delle piante, raccolgono gli ortaggi e li vendono tramite un piccolo gruppo di acquisto solidale. «Per le persone anziane che non possono venire alla nostra sede per la distribuzione, offriamo anche un servizio di consegna a domicilio». A giugno scorso, c’è stata anche la prima trebbiatura del grano biologico, «una grande soddisfazione per donne che erano partite dal niente, senza esperienze di coltivazione della terra». E nei prossimi mesi sarà anche recuperato e rimesso in produzione un antico frutteto.
Le agricole non vogliono solo produrre cavolfiori e arance, ma anche cercare, nel loro piccolo, di cambiare una mentalità e trovare nel lavoro riscatto e dignità. «Grazie al lavoro, la nostra dignità viene riconosciuta, le nostre donne non si sentono più delle escluse dalla società. Con la nostra cooperativa poi, vorremmo anche cercare di riavvicinare i giovani alla terra e alle tradizioni. Se perdiamo la nostra storia, siamo come un albero senza radici». Per fare questo, racconta Rita, è già stato avviato un progetto di piccoli orti sociali sul terreno della cooperativa. «Non ci limitiamo ad affidare un orto a una famiglia o un gruppo di giovani, ma facciamo anche una specie di consulenza. Insegniamo quando coltivare certe piante e come fare». E poi a disposizione degli orticoltori provetti ci sono un pozzo e un impianto di irrigazione, costruiti dalle donne della cooperativa. Il sogno per il futuro è la realizzazione di una fattoria didattica, dove i bambini possano venire a scoprire piante e animali.
La realtà calabrese non è facile, tanto più per 19 donne guardate con diffidenza e disprezzo. «E’ una realtà difficile e povera. Purtroppo non abbiamo molti finanziamenti e per ora lavoriamo gratis. Abbiamo iniziato l’attività grazie ai soldi messi a disposizione dalla Comunità Progetto Sud e dall’associazione Mago Merlino e abbiamo acceso un piccolo mutuo. Ancora adesso, però, tutto quello che ricaviamo ci serve per pagare le spese», spiega Rita senza un filo di scoramento. «Questo è la dimostrazione che le ragazze credono molto nel progetto, per loro è una via di riscatto e di crescita». Le agricole, insomma, non hanno proprio intenzione di arrendersi. Neanche di fronte a chi, «con mentalità e mezzi mafiosi», continua a rubare gli ortaggi dai loro campi o a sradicare le piantine appena coltivate.
Veronica Ulivieri