Contaminati da Artissima 2010
Passeggiando tra i corridoi di Artissima, la Fiera Internazionale di Arte Contemporanea tenutasi all’Oval di Torino dal 5 al 7 di novembre, salta all’occhio che il tema dell’ambiente, pur non essendo il fulcro della fiera, si è ormai indiscutibilmente insinuato nel modus operandi degli artisti attraverso il riciclo e il riuso dei materiali.
Giunta alla sua 17esima edizione, Artissima pone come filo conduttore del proprio calendario una commistione di linguaggi e registri che vede coinvolte discipline creative come l’architettura, il design, la letteratura, il cinema e la danza, con una dichiarata ispirazione alla Poesia in forma di rosa pasolinana, dove le opere liriche prendevano in prestito forme e stilemi del copione cinematografico.
Allo stesso modo, in ogni angolo, oggetti destinati, nel migliore dei casi, alla raccolta differenziata riprendono vita sottoforma di sculture, tele e installazioni, in una metamorfosi concettuale che ha bisogno di lunghi sottotitoli.
Massima espressione dell’ambizioso obiettivo proposto dal neo-direttore della fiera, Francesco Manacorda, è la Casa delle Contaminazioni: un progetto del collettivo berlinese Raumlabor-Berlin che vede la realizzazione di un prototipo a grandezza naturale di un centro culturale in cui diverse discipline possano parlarsi ed intersecarsi. Il termine “contaminazione”, prima di divenire espressione di interdisciplinarità, rimanda tuttavia a scenari ben più tristi in cui gli scarti industriali alterano gli ecosistemi e lo sfruttamento incondizionato delle risorse e l’uso di tecnologie irrispettose dell’ambiente condizionano il futuro del nostro pianeta.
Coerentemente con quest’accezione, la Casa delle Contaminazioni si presenta come un castello del futuro, una roccaforte di rifiuti compatti generati da una civiltà pressoché estinta. Qui, plastica, carta tessuto e legno generano corridoi, stanze, tende arredati con vecchi frigoriferi lavatrici porte e tapparelle pronte per la discarica e l’edificio lascia allo spettatore la possibilità di fruire liberamente delle diverse prospettive spaziali e tematiche offerte dal percorso.
Per il Raumlabor, dunque, l’interdisciplinarità e la contaminazione costituiscono le chiavi per una nuova forma di progettazione urbana, in cui l’interazione tra esperti di diversi campi rappresenta l’unica possibilità per un’analisi critica del nostro modello sociale. Un’utopia in scala 1:1 che sicuramentestimola la riflessione.
Giulia Novajra