Un paese nucleare basato sui numeri: non ci resta che piangere
Che bella prospettiva per noi trentenni amanti della green economy! Cerco sempre di tenermi a margine delle questioni “politiche” o politicamente strumentalizzabili, perché sono orgoglioso dell’indipendenza e del carattere apartitico del nostro magazine. In alcuni casi però è difficile tacere. Come di fronte a simili prospettive bipartisan:
1) Le scorie prodotte dalle centrali nucleari, ha detto ieri il professor Umberto Veronesi (Pd), noto oncologo in corsa per la presidenza dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, “non emettono radiazioni pericolose”, e per la loro sistemazione “ci sono tante soluzioni”. Un’affermazione di scientificità impeccabile – non come tutte quelle balle degli antinuclearisti, che il professore attribuisce alla deprecabile circostanza che “l’Italia non ha mai avuto una grande tradizione di amore per la scienza”. L’On. Veronesi , novello Candide e positivista ottocentesco, dichiara invece di avere “una grande fiducia nella scienza e nella tecnologia”. Tutti argomenti forti e inoppugnabili, che ci tranquillizzano. Soprattutto per l’età del venerando maestro che, a 84 anni, può permettersi il rischio di una scommessa pascaliana: al peggio, se si fosse sbagliato, lui non ci sarà più per chiedere scusa. Ermete Realacci, suo compagno di partito e fautore della green economy, lo ha definito una “foglia di fico” sul progetto nucleare italiano. Bontà sua. “Le scorie – prosegue il professore – vengono vetrificate e poste in zone protette, dove possono restare per sempre. Naturalmente – ha ribadito – bisogna pensare ad una sistemazione definitiva. A questo fine esistono tante soluzioni e tutte fattibili“. Professore, ce ne elenca cortesemente qualcuna? Ricordandosi che siamo in Italia, dove un’opera pubblica “normale” viene abitualmente realizzata nel triplo del tempo necessario, al doppio del costo e con un’inconfessabile timore di fondo: “funzionerà?”. E, per massima trasparenza, dica anche agli Italiani – come ha fatto il suo collega Carlo Rubbia (non esattamente un antiscientista) – che, per raggiungere il 30% del fabbisogno nazionale, di centrali ne serviranno 15 o 20 e non 3 o 4.
2) Per fugare qualsiasi sospetto di faziosità, passiamo sull’altra sponda politica, alla dichiarazione resa dal ministro Giulio Tremonti (Pdl), ospite del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio. Con magnifico senso dell’opportunità il divo Giulio ha detto: “anni fa la politica veniva prima dei numeri, era l’arte di inventare i numeri, ora si deve adattare ai numeri”. Nobilissima concezione della politica di una volta. Quella attuale, invece, sì che è pragmatica ed efficace: “prima recuperi, poi spendi, non viceversa”. In termini ragionieristici non fa una piega. Ma siamo sicuri di arrivare a quel poi in cui potremo spendere? La mia impressione è che le piccole e medie imprese non possano aspettare molto. E forse nemmeno il cittadino medio. Sicuramente non può attendere l’ambiente. Non possono attendere i Parchi, la tutela della biodiversità, le politiche di riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento, la mobilità sostenibile, il contrasto ai cambiamenti climatici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Ma soprattutto non può attendere la ricerca scientifica e tecnologica in questa direzione. Proprio quella ricerca invocata da Veronesi, che non può però esaurire tutte le risorse sul nucleare. Va bene il rigore di bilancio, ministro, ma ci conceda qualche visione un po’ più lungimirante!
Andrea Gandiglio