Saglia: la visione d’insieme deve conciliarsi con le esigenze delle imprese
Dopo le dimissioni di Claudio Scajola da Ministro per lo Sviluppo Economico, il Sottosegretario Stefano Saglia è stato a lungo il principale punto di riferimento politico per chi in Italia si occupa di questioni energetiche. E’ l’uomo che ha mantenuto attivo il filo diretto con le aziende e i tecnici che operano nel settore e pertanto gli abbiamo chiesto di rispondere alle critiche mosse al Governo dall’Onorevole Vittorio Prodi, ripubblicate oggi su Greenews.info.
“A differenza di quanto sostiene garbatamente l’Onorevole Prodi, il nostro tentativo è stato proprio quello di puntare su una visione d’insieme per poter gestire temi così delicati e strettamente collegati. Con la consapevolezza però di dover conciliare le giuste esigenze dell’ambiente con le necessità di un grande paese manifatturiero, il secondo paese europeo per capacità industriale. Si pensi ad esempio alla questione delle emissioni di CO2. In passato la negoziazione delle quote di emissione in atmosfera ha seguito una strada sbagliata. Il Governo ha cercato di correggere quegli errori avendo sempre presente che doveva rispettare gli obiettivi europei senza però penalizzare le imprese italiane. Si pensi ancora al dissesto idrogeologico. In questo settore, pur dovendo fare i conti con un problema di risorse, abbiamo investito circa un miliardo di euro, soldi che sono tuttora in gestazione rispetto ai progetti presentati dai comuni. In merito al trasporto pubblico e urbano stiamo poi lavorando sul tema dell’auto elettrica, un tema di rilevanza mondiale per il cui conseguimento riteniamo l’Italia possa svolgere un ruolo. Si tratta solo di alcuni esempi della politica avviata dal Ministro Stefania Prestigiacomo e dal Governo: una politica a mio parere efficace tenuto conto della scarsità delle risorse.”
D) Sottosegretario Saglia, l’Onorevole Prodi vi contesta la scelta nucleare, che a suo parere non sarebbe conveniente per una serie di motivi. A cominciare dai problemi concernenti lo smaltimento delle scorie e all’individuazione dei relativi siti di stoccaggio. Temi destinati a far molta presa sulla popolazione.
R) Prima di tutto va chiarito che il nostro paese affronta l’emergenza scorie da molti anni ma non ha mai saputo trovare la vera soluzione a questo problema, vale a dire la realizzazione di un deposito unico nazionale. Ecco perché insieme a SOGIN e all’ENEA stiamo lavorando per individuare il sito più idoneo e per fare del deposito un parco tecnologico.
D) Quindi un grande centro di ricerca?
R) Certo, non solo un cimitero delle scorie. Senza contare fra l’altro che il deposito unico nazionale deve essere realizzato a prescindere dalla decisione di fare un nuovo programma nucleare. Perché esso servirà anche a risolvere il problema delle scorie già presenti sul nostro territorio e perché l’Italia spende moltissimo per stoccarle in altri paesi, come Francia e Inghilterra. Che le ospitano, ma che poi un giorno le restituiranno.
D) Per cui lei è d’accordo con chi sostiene che il sito unico di smaltimento dovrebbe essere fatto a prescindere dall’effettiva ripartenza del nucleare, perché le scorie tenute ora in diversi siti ammonteranno a 70-80 mila metri cubi, comprendendo quelle già stoccate e quelle in produzione?
R) Assolutamente sì. In Italia vi sono più di 170 luoghi dove sono tenute le scorie. Che, lo ricordo, non sono solo di derivazione da centrali nucleari. Vi sono, certo, quelle concernenti il decommissioning, ma anche quelle di origine ospedaliera e industriale. E’ un dovere civile sanare una tale situazione.
D) L’onorevole Prodi contesta tempi e costi di realizzazione delle centrali nucleari. Qual è la situazione dal suo punto di vista?
R) L’unica risposta possibile è che bisogna cercare di fare il nucleare con efficienza ed efficacia. I tempi di realizzazione di una centrale sono legati in primo luogo alle modalità di sicurezza che s’intendono adottare. Secondo gli standard internazionali le centrali di nuova generazione si possono realizzare in un arco di tempo che va dai cinque ai sette anni, un periodo non molto superiore rispetto a quello necessario alla realizzazione di centrali convenzionali. Per cui tutto dipende sempre dalla capacità di governo di questi processi. E siccome tutto ciò avviene in altri paesi, non vedo perché non si debba fare anche in Italia.
D) Lei sa bene quali sono le obiezioni principali a ogni parola rassicurante su tempi e costi: Olkiluoto, le recenti polemiche sulle falle del reattore nucleare francese EPR che sarebbero state rilevate nei sistemi di sicurezza…
R) Noi e ENEL abbiamo scelto la collaborazione con EDF e quindi la tecnologia Areva e il modello EPR, proprio perché esso si fonda sulla ridondanza dei sistemi di sicurezza. Costi e lunghezza della realizzazione sono determinati dal fatto che, dopo l’11 settembre 2001, si è deciso di mettere in totale sicurezza questo tipo di centrali. E con un’attenzione quasi maniacale. Ritengo che l’intoppo riscontrato nella realizzazione degli impianti sia un giusto prezzo da pagare alle preoccupazioni dell’opinione pubblica e alla costruzione di un sistema assolutamente sicuro. Naturalmente anche perché si sta parlando di impianti molto grandi, da 1600 MW. Ci si mette un po’ di più, insomma, ma alla fine si ottiene un risultato straordinariamente importante. Certo, come in tutte le imprese, l’aumento del tempo produce anche un aumento dei costi. Stiamo parlando peraltro di una tecnologia, quella nucleare, che ha sì il difetto di essere capital intensive ma che ha una durata di esercizio compresa fra i 40 e i 60 anni. Anche in conseguenza di questo fatto il costo dell’energia elettrica prodotta, è assolutamente competitivo rispetto a quella da altre fonti. E in definitiva costa di meno.
D) I ritardi finlandesi sarebbero quindi dovuti solo a un eccesso di scrupolo?
R) Assolutamente sì. Le polemiche sulle falle sono un falso problema. Il caso finlandese dimostra che è stata la dialettica creatasi fra il produttore, fra l’operatore e l’Agenzia per la sicurezza nucleare ad aver determinato i ritardi. Rallentamenti dunque non dovuti a difetti nella costruzione ma al fatto che chi è preposto a garantire la sicurezza dell’impianto pretende performance formidabili.
D) Che cosa risponde a chi, pur favorevole al nucleare, sostiene che, più che a un immediato risparmio del chilowattora in bolletta – opinabile secondo molti - la ripartenza del nucleare sarebbe auspicabile per questioni strategiche, visto che importiamo circa l’80% della nostra energia primaria dall’estero e produciamo energia elettrica per il 70% con combustibili fossili? Non crede che sarebbe più efficace insistere sul fatto che il nucleare contribuisce, in maniera importante, al taglio di emissioni inquinanti e ai costi relativi al rispetto del protocollo di Kyoto sulle emissioni di CO2?
R) Che il costo unitario dell’energia prodotta da nucleare sia assai contenuto lo sappiamo ed è giusto dirlo. Come è altrettanto corretto dire che per ottenere questo obiettivo ci vuole molto tempo. Premesso ciò sicurezza degli approvvigionamenti e riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera sono i due elementi fondamentali che qualificano prima di ogni altra considerazione la ripartenza del nucleare in Italia. Di fatto, le centrali sono impianti che non producono nessuna emissione o hanno pochissime emissioni. Inoltre, il primo dovere di un paese è di assicurare alle future generazioni la possibilità di avere energia abbondante per lungo tempo. E il nucleare è l’unica fonte in grado di rispondere a questi obiettivi perché la materia prima, l’uranio, incide solo per il 5% nell’impresa di un’energia per nucleare civile.
D) In base ad alcuni studi, fra i quali quelli di NEA e IAEA, le riserve, tra convenzionali e non convenzionali, ammontano a diversi secoli, al rateo di consumo odierno, e quelle fisicamente censite basterebbero per un secolo. Eppure l’onorevole Prodi rileva come “le stime sulle riserve” di uranio “sono contrastanti.” Può aiutarci a capire?
R) Guardi, io non posso che confermare le cifre fornite da NEA e IAEA. Senza tenere in conto i progressi tecnologici che potrebbero metterci in grado di sfruttare meglio le risorse disponibili con un sempre minor consumo di materia prima.
D) Altra obiezione: uso militare del nucleare. Come risponde?
R) Non sono un ingegnere ma posso affermare con assoluta certezza che il passaggio fra nucleare civile e nucleare militare necessità di processi davvero complicati, tecnologie e intelligenze di cui un paese difficilmente dispone. L’Italia, ovviamente, ha firmato tutti gli accordi di non proliferazione. Il nostro percorso sarà verificato secondo gli standard americani e francesi, che sono i più performanti in assoluto. E l’Italia fa poi parte dei paesi che sono sottoposti a controlli da parte della comunità internazionale, cosa di cui siamo ben felici. La cooperazione fra le agenzie di sicurezza sarà centrale negli standard che adotteremo.
D) E a chi vi accusa di non essere ancora riusciti, colpevolmente, a nominare l’Agenzia per la Sicurezza?
R) L’Agenzia sconta un ritardo di circa otto mesi. Non mi nascondo: abbiamo sbagliato a far passare tutto questo tempo. Ora però c’è finalmente un ministro in carica nel pieno delle sue funzioni e sono pertanto assolutamente convinto che a breve l’Agenzia sarà pienamente operativa.
D) Circola già qualche nome…
R) Sicuramente pensiamo ai migliori cervelli rimasti in Italia nell’ambito dell’ingegneria nucleare. Perché comunque l’Agenzia si occupa d’impianti e non si possano mettere persone senza competenze tecniche adeguate a guidarla. Al tempo stesso abbiamo ragionato anche su un grande nome della medicina come Umberto Veronesi, nome che riconfermo. Il professor Veronesi è in grado di fornire ai cittadini ampie garanzie nel campo della salute. Confido, dunque, che il professore possa avere un ruolo. Va tenuto poi conto che l’Agenzia avrà due organi principali: il collegio amministrativo e il comitato scientifico. Ecco perché penso che diverse persone di altissimo livello possano essere coinvolte a fare parte della squadra a vario titolo: professori come Marco Ricotti, Giuseppe Zollino o Maurizio Cumo. Penso anche al dottor Francesco Troiani, che ha lavorato nell’ambito di una società importante per il sistema nucleare come Nucleco.
D) L’Italia è un paese vergine in materia di nucleare. Ha già optato per la scelta francese. Secondo lei quella del reattore americano AP 1000 di Westinghouse è una tecnologia altrettanto valida? E ritiene possibile la convivenza di due tecnologie, parimenti importanti, in modo che il portafoglio delle macchine sia più ampio e vi sia dunque più competizione tra i venditori?
R) Sono un sostenitore di questa tesi. Sono convinto che l’accordo ENEL-EDF sia un punto di partenza fondamentale. Il loro programma prevede la realizzazione di quattro reattori e, va da sé, la nostra strategia comprenderà questo progetto. Al tempo stesso stiamo lavorando perché vi sia almeno un’ipotesi alternativa. Vi sono varie tecnologie nel mondo, penso per esempio a quella di Westinghouse o a quella di General Electric. Per quello che ci risulta anche da parte di Westinghouse esiste grande interesse ad entrare nel mercato italiano. Diciamo che i reattori di terza generazione avanzata in costruzione oggi nel mondo sono appunto quelli francesi e quelli americani. Dovrebbero essere pronti entro il 2014. Sarà una bella gara a chi finisce prima. Vedremo concretamente come saranno realizzati, ma io spero e penso che in Italia vi sia spazio per due tecnologie.
D) Le fonti rinnovabili potranno contribuire davvero al mix energetico italiano e quale, tra le varie fonti, a suo parere, ha maggiore maturità industriale?
R) Il nostro programma prevede che il nucleare e le rinnovabili possano fornire insieme più del 40% dell’energia. Ovviamente quest’obiettivo potrà essere raggiunto nell’arco di venti anni e non in pochi giorni. Ma le rinnovabili stanno già fornendo il loro contributo. In maniera più significativa l’idroelettrico, che per l’Italia vale il 15-16% della produzione nazionale di energia elettrica. E’ il nostro oro blu. Anche se è stato completamente sfruttato, vi sono ancora spazi nella realizzazione di mini impianti idroelettrici. Da un punto di vista del rendimento energetico si sta diffondendo molto per la sua versatilità e per gli incentivi pubblici il solare fotovoltaico. Il suo contributo in termini di quantità di energia prodotta è tuttavia piuttosto modesto. L’energia rinnovabile che ha più possibilità d’investimento da un punto di vista quantitativo è certamente quella eolica, che però sconta un paese, l’Italia, con poche zone ventose ma soprattutto tanti pregiudizi sul territorio e altrettante difficoltà d’installazione. Se si riuscissero a superare questi ostacoli, l’eolico potrebbe davvero fornire un grande contributo. In questo panorama possono trovare ampio spazio anche le biomasse, legate al mondo agricolo e la geotermia diffusa. E proprio su questo stiamo ragionando con l’ENEA per la messa a punto di alcuni dispositivi.
D) Come per ogni settore industriale, anche il sistema bancario potrebbe aiutare lo sviluppo delle rinnovabili. Le banche scontano, però, i postumi della recente crisi globale e sembrano interessate a puntare su progetti sicuri e ampiamente garantiti e meno su quelli innovativi.
R) Le banche non possono pensare che gli investimenti in rinnovabili siano come mettere i soldi in cassaforte. Dal canto nostro, il Governo deve promuovere una legislazione trasparente e duratura nel tempo. La partecipazione delle banche allo sviluppo del paese è importante ed è giusto che ricevano garanzie ma anche per loro esiste il rischio d’impresa. Chi, in questi anni, ha però puntato sulle rinnovabili ha ottenuto grandi soddisfazioni proprio perché c’era la garanzia dello Stato. Si è trattato di rendimenti importanti e copiosi difficilmente ottenibili con altre attività industriali. Spero che con le banche si possa fare un ragionamento molto franco. Non le costringeremo certo a investire in imprese impossibili, ci mancherebbe. Anche perché, lo ripeto, parliamo di un settore che dà ampie garanzie.
D) Sopravvivrà la politica energetica impostata dal governo in caso di crisi politica?
R) Non ho la sfera di cristallo. Ma penso di sì. Abbiamo messo in campo delle evidenze ed è difficile che possano essere messe in discussione se non da un punto di vista ideologico. Ma l’energia è nemica dell’ideologia.
Bruno Pampaloni