Secondo la Duke University il fotovoltaico batte il nucleare
Sorpasso storico. Mentre in Italia si discute accanitamente sul nucleare, si crea un Forum presieduto dal “sempreverde” Chicco Testa (che riunisce imprese ed enti di ricerca) e ci si accapiglia per nominare il presidente dell’ Agenzia per la Sicurezza Nucleare (Umberto Veronesi?), dagli Usa, e precisamente dalla Carolina del Nord, arriva una notizia importantissima: l’energia fotovoltaica, ormai, sarebbe più conveniente di quella nucleare, almeno sul suolo americano.
Secondo uno studio della Duke University, infatti, a parità di potenza erogata il soprasso sarebbe già avvenuto e l’energia prodotta da impianti fotovoltaici sarebbe, a conti fatti, più conveniente se confrontata con i costi delle future centrali nucleari.
Lo studio si è reso necessario dopo che il presidente Barack Obama ha interrotto uno stop di circa trent’anni, autorizzando la creazione di due nuove centrali nucleari in Georgia, nella città di Burke, che saranno ultimate presumibilmente entro il 2017. Consapevole delle polemiche e della sorpresa con cui sarebbe stata accolta la notizia della costruzione di nuove centrali nucleari, il presidente Obama si era affrettato a dichiarare che il nucleare rimane, allo stato attuale, l’unica forma di energia “pulita” in grado di garantire l’approvvigionamento energetico ai nostri ritmi di paesi industrializzati diminunedo, allo stesso tempo, la dipendenza dalle fonti fossili e, quindi, le emissioni di CO2.
Anche il verde Obama, tuttavia, così come i sostenitori italiani del nucleare, si è “dimenticato” di citare il problema delle scorie e di chiarire come sarà gestito.
“Le opinioni diverse - ha detto Obama - non possono impedirci di fare passi avanti. Su una questione come quella energetica che condiziona la nostra economia, la nostra sicurezza e il futuro del nostro pianeta, non possiamo continuare a essere bloccati nel vecchio dibattito tra destra e sinistra, tra ambientalisti e imprenditori“. Giustissimo.
“Per soddisfare i nostri bisogni crescenti di energia ed evitare le conseguenze dei cambiamenti climatici – continua Obama – avremo bisogno di centrali nucleari“. Sul sillogismo ci permettiamo di dissentire. Il presidente del we can tradisce infatti, in questo passaggio, una visione, tutt’altro che innovativa, ignara del modello di generazione diffusa (caro all’amico Al Gore) e supina rispetto all’attuale modello di produzione e sviluppo economico.
Obama è irremovibile: “Per lungo tempo si è dato per scontato che chi si batte per l’ambiente deve essere contrario al nucleare, ma il fatto è che, anche se negli ultimi trent’anni non sono state costruite centrali, l’energia nucleare rimane la nostra principale fonte di energia pulita“. E la più economica, aggiunge in un altro passaggio del panegirico.
I risultati dello studio della Duke University potrebbero però smentire, almeno in parte, questo caposaldo ed aprire nuovi scenari di sviluppo, confronto e dibattito. Secondo John Blackburn, docente di economia della Duke University, infatti “il solare fotovoltaico ha raggiunto le altre alternative low cost al nucleare”.
Nel suo articolo intitolato “ Solar and Nuclear Costs: the Historic Crossover”, pubblicato sul sito dell’ateneo, Blackburn sostiene, dati alla mano, che “il sorpasso è avvenuto da quando il solare costa meno di 16 centesimi di dollaro a kilowattora”. Lo studio evidenzia per altro come negli ultimi otto anni il costo del fotovoltaico sia sempre diminuito, mentre quello di un singolo reattore nucleare è passato da 2 miliardi di dollari nel 2002 a 10 miliardi nel 2010.
Blackburn non è nuovo nell’esprimersi a favore della sostenibilità, anche economica, delle fonti di energia rinnovabile rispetto al nucleare: in un’altro articolo ha infatti cercato di dimostrare come solare ed eolico, lavorando in sinergia, possano tranquillamente sopperire alle esigenze energetiche di uno stato come il Nord Carolina, senza le interruzioni di erogazione dovute all’instabilità tipica di queste fonti.
Le cifre e i dati dell’articolo di Blackburn si riferiscono, come è evidente, solo al caso americano, ma ciò non vieta di valutarne l’applicabilità anche ad altri scenari, come ad esempio quello italiano. A questo proposito Blackburn sollecita le istituzioni e i politici ricordando che il settore pubblico è l’unico in grado di calamitare i grossi capitali necessari al finanziamento delle centrali nucleari, mentre laddove il mercato è più libero si investe di più nell’efficientamento energetico delle reti elettriche, nell’eolico, nel fotovoltaico, nella cogenerazione e nel solare in generale: “questo report potrebbe essere il cambio di passo se solo le nostre istituzioni democratiche faranno il loro lavoro”.
Andrea Marchetti
Si veda anche: Umberto Veronesi, “Perchè sto dalla parte del nucleare”, La Stampa 29 luglio 2010