Via Francigena: seconda sgambata. A piedi alla Novalesa.
Dove stanno in genere le strade secondarie? Quelle che non contano niente, le ultime “carrozzabili” o peggio ancora le strade di terra battuta, quelle dei viandanti, dei vagabondi o come si chiamano. Fateci caso: nove volte su dieci stanno dietro la ferrovia.
La ferrovia è il limite estremo. Attrae e separa. Paesi e comunità vi si riuniscono attorno ma, solitamente, oltre la stazione, non c’è più niente di utile.
Io comunque adoro la ferrovia e quella di oggi non è affatto una strada da niente – chi lo pensa non sa niente. Quella di oggi è la via Francigena.
La vagheggio da un po’, ma ormai ho capito che riuscirò a sperimentarla solo a pezzetti, tratto per tratto: meglio di niente. L’antica via affonda le sue origini nelle rotte dei viandanti e dei pellegrini provenienti dalle terre dei Franchi. Da quelle rotte nacque il riferimento a una Via Francigena per identificare una rete di vie che teneva insieme i maggiori luoghi di spiritualità del basso medioevo . Presto la Francigena divenne un’arteria di comunicazione del continente, congiungendo il Nord Europa con Roma e finendo per essere un Grande Itinerario di Culture.
Dal punto di vista del camminatore, la Francigena tra Torino e Susa è poca cosa rispetto ai tratti che collegano la pianura padana, la Toscana o il Lazio. La Bellezza che ha da offrire non sta nel territorio, nelle strade, quanto nei suoi luoghi di preghiera: santuari, abbazie, monasteri, catalizzatori delle rotte storiche e religiose. Solo nel tratto Torino-Susa s’incontrano gemme come l’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso a Rosta, la Sacra di San Michele a Sant’Ambrogio, l’Abbazia benedettina di Novalesa, in Val Cenischia.
Per arrivare a piedi alla Novalesa in giornata, un buon punto di partenza è il paese di Bussoleno (16 km di cammino) o direttamente Susa (8 km con dislivello). A Bussoleno non troverete alcuna indicazione. Sarebbe troppo internazionale. Il modo per trovare la francigena l’avete capito: oltrepassare la ferrovia. Una volta emersi dal sottopassaggio della stazione vedrete correre parallele ai binari un paio di stradine provinciali. Una di queste è la francigena.
Dai margini di Bussoleno la strada procede su asfalto alla sinistra orografica della Val di Susa, in mezzo alle casette a schiera e alla follia dei tagliaerba, fendendo fazzoletti d’orti schiacciati tra i monti. Certo mette addosso una bella emozione seguire la segnaletica in direzione Ovest che indica “Santiago” (in senso contrario si è diretti a Roma).
I primi otto chilometri fino a Susa sono uno scherzo, seppur non sempre piacevole: per un breve tratto il limite tra sentiero e proprietà privata è sottilissimo e lo sguardo dei contadini piuttosto eloquente. Punto tappa tradizionale della Francigena, Susa merita una visita per la sua splendida geolocalizzazione e per gli incredibili esempi monumentali di storia medioevale e romana che conserva.
Per arrivare alla Novalesa si prende la Ciclostrada Val Susa in direzione Venaus. Ancora un tratto senza bellezza, sotto il viadotto della A32 per una mezz’ora almeno. Le strada e il paesaggio tornano ad essere appaganti dopo Mompantero, costeggiando il torrente Cenischia. Intorno avrete solo pascoli, vigne e rovi selvatici che regalano more come se piovesse.
Venaus è il primo paese della Val Cenischia: tipico borgo alpino, così vero che hai l’impressione di varcare un corridoio a cielo aperto, coi paesani ai lati che ti guardano come un parente mai visto prima. Tutto il borgo è disposto lungo l’Antica Strada Reale, o via Francigena del Moncenisio, principale via di salita al valico verso la Francia. Il ponte romanico dell’Esclosa separa il paese di Venaus dal territorio di Novalesa. Prima di entrare in paese, si svolta a sinistra in direzione dell’Abbazia.
L’atto di nascita dell’Abbazia benedettina di Novalesa risale all’anno 726 d.c. quando il nobile Abbone decide di fondare su terreni di sua proprietà un monastero che intitola ai santi Pietro e Andrea, chiedendo come contropartita che i monaci preghino per lui e per la prosperità del regno dei Franchi contro la minaccia longobarda. Per la sua posizione strategica sulla più importante via di transito verso la Francia, la Novalesa divenne una casa di accoglienza per i pellegrini e i viandanti di tutta Europa.
Andare verso la Novalesa è parte della sua bellezza: la posizione del complesso monastico e la strada per giungervi sono il vestibolo della sua forza: isolata e prominente, con intorno il Rocciamelone e la valle del Cenischia.
Si percorrono all’incirca sei-settecento metri di salita all’ombra del bosco, lungo i prati cintati e gli orti coltivati dai benedettini: il motto qui è sempre Ora et Labora. Principale attività è quella del Restauro di libri e codici antichi, seguita dalla coltivazione e dalla trasformazione in prodotti di consumo come miele, marmellate, biscotti, birre, fino ai famigerati amari del monaco.
Quando te la trovi davanti, tutta raccolta intorno al suo chiostro, con la piccola chiesa romanica dei Santi Pietro e Andrea che si concede al visitatore, ti sfugge di nuovo la sua grandezza. La bellezza scabra della Novalesa vibra nel disegno d’insieme e nel suo abbraccio con la Natura.
Orlando Manfredi