Verso COP21: la Francia presenta il testo preliminare
L’attesa conferenza sul clima di Parigi (COP21) si avvicina e Stati, organizzazioni internazionali, associazioni e società civile cominciano ad affilare le armi in vista di quello che ormai, senza ombra di dubbio, si profila come un vero appuntamento con la Storia.
Dopo che dal 19 al 23 ottobre a Bonn si è tenuto l’ultimo round dei negoziati tecnici, cresce l’attesa per la pubblicazione, da parte dell’ONU, del rapporto che fa il punto sugli effetti dei contributi di riduzione delle emissioni a livello globale presentati fino a questo momento. L’accordo finale dovrà trovare il via libera di 196 Paesi. Il lavoro è ancora lungo, visto che nella sua versione attuale, il testo contiene circa mille opzioni su cui i partecipanti alla conferenza dovranno concordare, ad esempio il punto che riguarda la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, raccoglie ben 16 diverse opzioni.
A tirare le fila, a soli trenta giorni dall’inizio della COP21, ci ha pensato il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, che presiederà la grande conferenza di novembre. In un’audizione all’Europarlamento ha tracciato la roadmap verso l’incontro. Affermando che il testo in discussione per arrivare ad un accordo globale sul clima è ormai ridotto a 50 pagine, ma molti nodi rimangono aperti.
Sono quattro le condizioni che, secondo Fabius, saranno necessarie perché la conferenza venga definita un successo. La prima è una questione di contenuto. Occorre, cioè, arrivare a un accordo che limiti il riscaldamento globale da qui alla fine del secolo da 2°C ad 1.5°C. Fabius si schiera quindi al fianco dei leader Buddisti, a Papa Francesco e alle piccole nazioni insulari, che altrimenti rischiano di essere sommerse. A sostenere il francese, c’è anche il Ministro dell’Ambiente peruviano Manuel Pulgar-Vidal, presidente di COP20, in carica tecnicamente fino al 30 novembre. La seconda riguarda la forma: l’accordo deve essere giuridicamente vincolante per garantire il raggiungimento dei giusti obiettivi a breve termine. Al contrario di quanto richiesto dagli USA. La terza chiama in campo, invece, l’aspetto economico e tecnologico. Il vincolo giuridico consentirebbe ai Paesi più poveri di ricevere aiuti economici da parte di quelli più ricchi, attraverso un fondo istituito ad hoc che prevede, a partire dal 2020, 100 miliardi di dollari l’anno da investire in sviluppo e tecnologia nei Paesi in via di sviluppo, sostenendo le iniziative taglia-C02 e di adattamento. La quarta, infine, guarda a l futuro. “mi batterò per la clausola di revisione, uno strumento che ogni cinque anni ci permetta di fare il punto e rivedere gli impegni“, ha dichiarato il Ministro francese.
Per lavorare su questi quattro punti cardine, Fabius, prima dell’incontro ufficiale, riunirà a Parigi una sorta di ‘Pre-COP’, con 80 ministri. Le tappe successive saranno poi la riunione del G20 in Turchia a metà novembre e poi quella del Commonwealth a Malta. “Il mio compito è quello di raggiungere un compromesso ambizioso. Non abbiamo un piano B perché non esiste un Pianeta B”, ha aggiunto.
Nel suo discorso davanti agli Eurodeputati Fabius ha, infine, posto l’accento sulla responsabilità della nostra generazione, a cui è affidato il compito di salvare la vivibilità sulla Terra. Secondo lui non siamo più o meno cattivi o sfruttatori delle generazioni precedenti, ma siamo gli unici ad avere coscienza del problema e della sua estrema gravità, gli unici ad avere la coscienza e le competenze adatte per fare un’inversione di marcia.
Sul fronte dell’Unione Europea, dal 1990 al 2014 il vecchio Continente, ha già ridotto le sue emissioni di gas serra del 23%, superando quindi il target fissato del 20% per il 2020, ma per arrivare all’obiettivo del 40% per il 2030 dovrà fare molto di più. Come indicato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA). Per i target fissati per il 2020 che includono anche rinnovabili ed efficienza energetica, “l’UE è sulla rotta giusta” ha, infatti, affermato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’EEA, ma allo stesso tempo “per centrare i nostri obiettivi per il 2030 e 2050 sono necessari cambiamenti fondamentali nel modo in cui produciamo e usiamo energia in Europa“.
Dello stesso avviso Miguel Arias Canete, Commissario Europeo al Clima, che ha poi dichiarato: “gli impegni taglia-CO2 assunti finora a livello globale costituiscono un fatto senza precedenti, ma da soli non saranno sufficienti per mantenere il riscaldamento globale entro i due gradi centigradi”, cioè la soglia critica. Secondo Canete, inoltre, “a Parigi abbiamo bisogno di concordare un obiettivo a lungo termine”. Il nuovo accordo atteso dal summit parigino “deve mostrare al mondo che i Governi sono uniti, determinati e seri quando si tratta di lottare i cambiamenti climatici” ha concluso il Commissario.
Beatrice Credi