“Un mondo sbagliato”: come l’ideologia del dominio ci ha allontanati dalla natura
Il disastro sociale ed ecologico in cui siamo immersi discende dall’aver distrutto l’armonia del nostro habitat e la sua straordinaria biodiversità, alterando profondamente il nostro rapporto con essa, con noi stessi e soprattutto quello con gli altri animali. L’isolazionismo che nel corso dei secoli l’umanità ha stabilito rispetto alla natura e in particolare verso i suoi abitanti ci ha fatto dimenticare che degli animali abbiamo bisogno «come compagni, come stimolatori di empatia e cura, come strumenti per alimentare e plasmare la nostra mente e come parenti che ci ricordino la nostra vicinanza al resto del mondo vivente». Il nostro modo di concepirci come dominatori gli uni sugli altri e sulla Natura sta all’origine dell’attuale crisi ambientale e della relazione tra questa e le altre forme di oppressione sociale: la guerra, la violenza sulle donne e la schiavitù intra-umana. Nel libro “Un mondo sbagliato“, da poco pubblicato dalla casa editrice Sonda, Jim Mason, avvocato attento alle relazioni tra uomo e animali, riflette sul nostro rapporto con la natura e conduce un’analisi dettagliata di quell’ideologia del dominio che troppo spesso sfocia nello sfruttamento distruttivo della Terra. Per la rubrica “Racconti d’Ambiente“, pubblichiamo oggi la prima parte dell’introduzione.
Questo libro è scritto con spirito di speranza e di gioia. La speranza è di riuscire a trovare la forza per liberarci degli elementi distruttivi della cultura occidentale. La gioia è per tutti quegli elementi positivi che potrebbero crescere negli spazi così liberati.
Molti ritengono che la nostra società stia progressivamente diventando sempre più folle. Costoro si rendono conto dell’odio ridicolo che ci tiene pressoché costantemente in guerra gli uni contro gli altri e constatano che stiamo insozzando la nostra unica casa, annientando gran parte della biosfera e rendendo sempre più infelice la nostra stessa vita.
Io non credo che stiamo diventando folli; penso, invece, che non abbiamo ancora imparato a considerare in maniera sufficientemente approfondita le cause dei problemi sociali e ambientali. Penso, insieme a un numero sempre più crescente di persone, che questi problemi abbiano avuto origine diversi millenni fa, quando i nostri antenati divennero agricoltori e allevatori, distruggendo così i vincoli originari con il resto del mondo animale e ponendo gli esseri umani al di sopra di tutte le altre forme di vita. Abbiamo perso il senso di fratellanza che dovrebbe legarci agli altri abitanti di questo pianeta e la capacità di sentircene parte. La nostra tradizione è una tradizione di arroganza nei confronti del mondo vivente, considerato inferiore, da usare e da sottomettere. In breve, siamo alienati dalla natura.
Il prezzo che paghiamo per mantenere la supremazia è una profonda frattura tra noi e il resto del mondo vivente. In molti hanno compreso il rischio che tale frattura comporta e vorrebbero porvi rimedio. Costoro si domandano quale sia il posto dell’umanità all’interno della biosfera. In ambito accademico, questa serie di problemi prende il nome di «questione ecologica». Il presente saggio intende contribuire a far sì che tale questione entri a pieno titolo nell’agenda del dibattito sociale.
Dare una risposta alla «questione ecologica» richiederà tempo. Innanzitutto sarà necessario comprendere il nostro passato e capire come abbiamo fatto ad arrivare dove ci troviamo. Sarà poi importante renderci conto che le visioni del mondo non sono monolitiche e immodificabili, ma piuttosto il risultato di un insieme di credenze, cultura e abitudini, da sempre sottoposte a incessanti modifiche. Quindi nulla ci lega in eterno a questo presente, nulla ci obbliga a permanere nel credo della supremazia umana su un mondo sempre più ferito e dolente.
Dobbiamo inoltre capire che l’estinzione di intere specie e la distruzione delle foreste pluviali sono solo una parte della posta in gioco. La guerra alla natura si traduce in una guerra contro noi stessi e la convivenza tra umani. Pur essendo parte della natura, spesso non accettiamo tale realtà. Vogliamo sovrastarla, metterci alla destra del Padre. E, in effetti, molti credono veramente di essere più simili a Dio che al resto del mondo vivente. Dall’alto di questa credenza,costoro guardano in basso verso tutti gli altri esseri che considerano,con lo stesso astio e disprezzo che riservano alla natura ingenerale, come esseri semplicemente naturali, inferiori e bestiali. Costoro trattano tutti gli altri esseri esattamente come trattano la natura e cioè come qualcosa da controllare e da sottomettere.
Così, non ci rende felici scoprire la natura anche in noi stessi, nel nostro corpo, nel suo benessere, nella sessualità e negli altri aspetti fisiologici del vivere. Poiché la nostra tradizione culturale è ostile alla natura animale in genere, non stupisce scoprire che alberghiamo un’analoga ostilità verso la nostra stessa natura animale e che la trattiamo come trattiamo il resto della natura: controllandola e sottomettendola.
Questo libro vorrebbe contribuire a sanare tale frattura con il mondo animale. Attualmente, solo pochi intellettuali sembrano aver capito quanto gli altri animali siano essenziali per gli umani e come essi siano gli esseri più vitali della natura, l’anima e la commozione della natura. Gli animali sono rappresentazioni e simboli del mondo naturale e delle sue forze, da sempre hanno alimentato la mente e la cultura umane, offrendoci gli strumenti per comprendere il mondo. Un tempo, quando erano considerati come nostri parenti prossimi, gli animali ci fornivano un vincolo profondo con il resto del mondo vivente e un senso di appartenenza al tutto. Attualmente, invece, la componente animale della «questione ecologica»viene totalmente ignorata se non addirittura ridicolizzata e banalizzata. Chi invece la considera un problema importante viene apertamente osteggiato. La «questione animale» è considerata marginale,una sorta di futile distrazione che toglie risorse all’impegno che i maggiori esponenti dell’ambientalismo vorrebbero fosse spesoa favore della «questione ecologica». Al contrario, chi scrive è assolutamente convinto che la «questione animale» è parte centrale e fondamentale della «questione ecologica». Non saremo mai in sintonia con la natura fintantoché non lo saremo con gli altri animali e con l’animalità, dal momento che, per la nostra mente e per la nostra civiltà, gli animali sono la componente più importante della natura.
Jim Mason*
* Vive in Virginia, è avvocato e da sempre ha focalizzato la sua attenzione sulla relazione uomo/animali. Mason è diventato famoso grazie ad Animal Factories, un libro pubblicato nel 1980 e scritto in collaborazione con Peter Singer. Ha anche contribuito al volume collettaneo In difesa degli animali (Lucarini Editore, 1987) e, empre con Peter Singer, ha recentemente pubblicato The Way We Eat (Rodale Press 2006). Il suo articolo A Plague of Gypsy Moths è stato scelto per essere inserito nell’antologia Cases for Composition (Little, Brown, 1984). Suoi articoli sono apparsi, tra gli altri, su “The New York Times”, “New Scientist”, “Newsday”, “Country Journal” e “Orion Nature Quarterly”. La sua inchiesta sul commercio di animali esotici, pubblicata nel 1993 su “Audubon”, è stata nominata per il National Magazine Award ed è stata inserita nell’antologia Preserving Wildlife: An International Perspective (Prometheus Books, 2000).