UE: l’onda lunga dello scandalo Volkswagen
A proposito del dieselgate, ormai, si è detto e scritto di tutto. Al netto del fatto, che sembra ormai chiaro, molto altro potrebbe però ancora emergere. Qual è dunque la posizione dell’Unione Europea verso uno scandalo che rischia di scuotere l’economia e la credibilità del suo Paese “locomotiva” e, con la Germania, anche il resto degli Stati UE?
“Quello che è veramente necessario ora è avere una fotografia chiara della situazione di quanti veicoli ci sono in Europa con il software ingannevole“. Ha sintetizzato Lucia Caudet, la portavoce della Commissaria per il Mercato Interno, ricordando che la questione verrà discussa negli imminenti incontri comunitari.
La commissaria UE responsabile del tema – Elzbieta Bienkowska – ha, infatti, chiesto alla Presidenza lussemburghese di turno di mettere il caso Volkswagen in agenda della riunione del Consiglio Competitività del 1°ottobre a Lussemburgo.
La riunione a Bruxelles con le autorità nazionali di omologazione, invece, dovrebbe essere stata fissata per il 6 ottobre. Questo è, senza dubbio, il tema più delicato. Visto che sul tavolo ci sarà, probabilmente, la proposta della creazione di un’autorità indipendente europea che sostituisca le 28 autorità nazionali di omologazione dei veicoli nell’UE.
In attesa di questi appuntamenti formali, con la sensazione che l’eco-scandalo si possa allargare a macchia d’olio, l’Esecutivo comunitario chiede il rispetto delle norme e agli Stati Membri di vigilare e, nel caso, avviare indagini. L’obiettivo è avere, appunto, una “fotografia chiara” della situazione attuale.
L’apparente tiepida reazione di Bruxelles alla vicenda trova ragione nella ripartizione di competenze. Se è la Commissione che fissa limiti e regole, il potere di applicarle e verificarne il rispetto è tutto nelle mani degli Stati membri. Che si occupano anche dell’applicazione di possibili sanzioni ai produttori di auto che non le rispettano. La Commissione non ha quindi poteri per aprire “un’inchiesta europea”, come era stato chiesto dal Ministro dell’Economia francese Michel Sapin, ma anche dall’organizzazione dei consumatori europei (Beuc). Bruxelles ha comunque dato la sua disponibilità a coordinare le indagini nazionali e il relativo scambio di informazioni.
Nel quadro appena descritto è necessario, inoltre, tenere presente che già dal 2016 saranno in vigore nuovi test su strada per le emissioni degli ossidi di azoto – proprio quelli “truccati” dal software sulle auto del gruppo Volkswagen. Questi, in una prima fase, saranno complementari a quelli in laboratorio, in quanto è già stato riscontrato come in generale i valori tra i due tipi di test possano divergere notevolmente. La decisione UE risale allo scorso maggio, ma restano da definire alcuni dettagli non secondari: i limiti che i nuovi test non dovranno superare e il da farsi sul fronte dell’omologazione, quando le prove in condizioni reali di guida non coincidano con quelli svolti in laboratorio.
Certo è che l’Unione Europea non può assolutamente permettersi il lusso di perdere il polso della situazione. Anche perché il software sulle emissioni incriminato è su 11 milioni di auto in tutto il mondo e non solo su modelli Volkswagen. Anche se la casa produttrice tedesca si è affrettata ad assicurare che le nuove euro 6 diesel vendute in UE sarebbero “in regola” perché tutte rispondenti alla normativa europea per i gas di scarico EU6. Un po’tardi per reclamare credibilità.
Nessuno può ancora prevedere le ripercussioni, sul piano economico, dello scandalo Volkswagen, ma assistere, in pochi giorni, al passaggio della Germania da prima della classe a traditrice di quelle buone regole che a tutti gli effetti ha contribuito a scrivere solleva grandi interrogativi anche sul risultato di parecchie partite che l’UE sta giocando su altri fronti.
Il coinvolgimento nell’affaire Volkswagen porta, ad esempio, a domandarsi quali saranno le sorti del TTIP, l’accordo per il partenariato transatlantico su commercio e investimenti. E poi con quale credibilità l’Unione Europea si presenterà al tavolo dei negoziati sul clima alla conferenza di Parigi ormai alle porte?
Beatrice Credi