Torniamo alla “Terra Madre”. Intervista a Ermanno Olmi
Dei suoi 81 anni Ermanno Olmi ne ha passati più di 60 dietro la macchina da presa, come regista innanzitutto, ma anche come sceneggiatore, montatore, produttore e, per non farsi mancare nulla, scenografo. Un palmarès, quello collezionato con le sue opere cinematografiche, degno di un campione olimpico che abbia scoperto l’elisir di lunga vita, dalla terna di premi per il suo capolavoro sul mondo contadino “L’albero degli zoccoli” del 1978 (Palma d’oro, Nastro d’argento e Premio Cesar), al Leone d’oro alla carriera nel 2008 al Festival del Cinema di Venezia, dove in queste settimane ritorna come presidente della giuria del Green Drop Award. Ciò che traspare dalle sue opere è soprattutto un grande, smisurato amore per la natura in tutti i suoi aspetti, dalla natura umana, raccontata in molte sue pellicole, alla “Terra madre”, protagonista di un omonimo documentario del 2009 divenuto un cult per tutti gli ambientalisti. Lo incontriamo a Venezia all’inaugurazione di una mostra di un suo giovane amico architetto intitolata, guarda caso, “Come uno spazio fra gli alberi”… nomen omen. Quando ci presentiamo e diciamo che Greenews.info parla esclusivamente di ambiente esclama: «mi pare che abbiate fatto una buona scelta». Una piccola soddisfazione.
D) Maestro, lei si è occupato molto anche di lavoro, in questo periodo di crisi cosa consiglia ai giovani?
R) Guardare alla natura, che si esprime attraverso la sua varietà. È questa la sua forza. Pensando di guadagnare qualcosa noi sacrifichiamo questa immensurabile varietà, è il caso delle monocolture intensive, ma così buttiamo via un patrimonio di biodiversità. Assecondando il progetto della natura, al tempo stesso si trova il proprio progetto, che può essere di insediamento, nel caso di un architetto, o di vita – un concetto che vale per tutti. Quando l’uomo subentra alla natura senza porsi da amico e alleato crea, uso un’immagine forte, un casino enorme.
D) All’ingresso, nella sala espositiva della mostra “Come uno spazio fra gli alberi“, c’è un grande albero sradicato da un tornado. Un segno che la natura non sempre è benigna. Che effetto le ha fatto?
R) Mi ha molto impressionato, dico la verità. Il tornado è un fenomeno naturale che noi uomini definiamo “disastro” ma a ben guardare ha delle ricadute positive perché la natura si riappropria dei suoi spazi, ricrea la condizione zero per riprodurre se stessa. Guardando quest’albero sradicato, con tutte le sue radici, riusciamo a vedere, per la prima volta forse, ciò che non vediamo di solito di un albero, ciò che sta sotto alla realtà visibile. È stato messo qui per essere contemplato.
D) È un concetto non semplice da comprendere, specie per chi ha subito gravi danni a seguito di calamità naturali, non trova?
R) La differenza tra un tornado e un campo di monocoltura estensiva, queste vaste chilometrate di mais, ad esempio, che troviamo nella pianura padana, non è poi molta, se ci riflettiamo. Quella produzione di mais, che dà un certo profitto all’uomo, è un danno per la natura, il tornado, quando non comporta perdite di vite umane, è invece un momento di necessità armonica della natura stessa.
D) Sembra una visione mistica…
R) Un po’ lo è. Vede, noi siamo creature in qualche modo in vista nel piano della Creazione, ma non siamo i padroni della terra. Soprattutto non siamo in grado di capire le ragioni che muovono il mondo, comprese le calamità naturali. Dobbiamo chiederci dov’è il punto di rottura tra uomo e natura. Per me è quando l’uomo pretende di fare delle scelte che sfidano la natura.
D) Nella sua opera cinematografica e documentaristica i temi ambientali sono molto presenti. Quanto hanno influenzato la sua quotidianità?
R) Mi piace moltissimo cucinare, uno degli atti di creazione più alti consentiti all’uomo. Invento anche delle ricette.
D) Questa dichiarazione sembra l’incipit del suo “Terra madre”, che si apre con le parole di Vandana Shiva alla convention internazionale sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura di Torino nel 2006: “tutto è cibo e tutto è il cibo di qualcun altro. Questo è ciò che ci unisce. Siamo cibo, mangiamo cibo e siamo fatti di cibo”. Non mi dica che si produce da solo ciò che mangia e cucina?
R) Se mi sta chiedendo se faccio l’orto, le rispondo di sì! Mi aiuta mia moglie.
D) Qualche consiglio particolare per orticoltori e aspiranti tali? Qualche dieta particolare?
R) Uso prodotti seguendo i ritmi delle stagioni, la natura sa ciò di cui abbiamo bisogno.
D) Lei ha vissuto per anni a Milano, poi ha deciso di trasferirsi in montagna, nell’Altopiano di Asiago. C’è un motivo particolare in questa scelta?
R) E da quasi cinquant’anni che vivo ad Asiago ormai. La città era cresciuta troppo in fretta e non la riconoscevo più. Ho cercato un luogo dove ritrovare me stesso e ricominciare a vivere e a ripensare il mio lavoro.
Alessandra Sgarbossa