Save the Truffle: il tartufo come simbolo di turismo sostenibile
Un bosco con i tartufi “è un bosco sano”. Parola di Carlo Marenda, albese, 33 anni, trifulau (cercatore di tartufi) che, con il socio Edmondo Bonelli, 34 anni, naturalista, ha dato anima e corpo al progetto Save the Truffle, nella patria del tartufo bianco, Alba, che anche quest’anno celebra il preziosissimo fungo ipogeo, fino al 27 novembre, nella tradizionale Fiera del Tartufo, divenuta un evento di richiamo mondiale.
L’obiettivo di Carlo e Edmondo è molto chiaro: tutelare uno dei simboli dell’eccellenza della cucina italiana, “salvare il tartufo”. Ma non si tratta dell’ennesimo piano di valorizzazione del Made in Italy, anzi i due giovani scrivono esplicitamente, nel proprio sito web, che per difendere questo prezioso frutto del bosco “non bisogna parlare di commercializzazione e vendita“. Il vero valore aggiunto è nel richiamo internazionale per il turismo sostenibile nell’area Langhe-Roero Monferrato, sito riconosciuto nel 2014 Patrimonio dell’Umanità Unesco. Tutelare il bosco e il tartufo ha un significativo impatto ambientale e può far crescere un’economia alternativa basata sui viaggi responsabili.
L’eco-missione parte dalla constatazione che negli ultimi 25 anni “aumentano le superfici coltivate, cresce il valore delle produzioni, ma calano del 30% le aree tartufigene” spiegano Carlo e Edmondo, che lottano appunto per non perdere valore, biodiversità e memoria storica. Per capire le loro ragioni e la passione insita in questo progetto, bisogna conoscere le loro storie personali. Carlo già da bambino accompagnava Aldo, amico di suo padre, nella ricerca per i boschi vicino a casa poi l’adolescenza, le distrazioni e solo più tardi riesplode la passione. Ripercorre i sentieri e incontra l’anziano trifulau Giuseppe Giamesio in arte Notu di cui diventa amico, confidente, allievo. Nel 2014 l’anziano, sul punto di morte, gli lascia i suoi tre cani Mara, Emy e Buk e soprattutto un testamento morale: portare avanti le sue idee e il suo modo di vivere il bosco. Questa l’eredità che dà vita al progetto attuale, che poggia ora su solide basi scientifiche. Quelle di Edmondo che coltiva la passione per botanica, micologia, pedologia, geologia ma pure paleontologia, con la scoperta di fossili come il “Mastodonte di Verduno” e la “Balena di Santa Vittoria”, conservati nel Museo Civico Federico Eusebio di Alba.
C’è passione dunque, ma ci sono anche le competenze. E da un anno c’è il progetto. “Puntiamo sulla didattica nelle scuole, la facciamo anche con i turisti nelle escursioni nel bosco. Il nostro lavoro è culturale. Il 60% dei cercatori ha più di 60 anni, c’è la necessità di preservare questa memoria storica“. “Ai proprietari dei boschi spieghiamo i vantaggi di una gestione sostenibile. Chi ha una cantina può associare la visita allo stabilimento con una passeggiata nel bosco”. Una visione integrata di valorizzazione del territorio.Con l’obiettivo primo di difendere i boschi: “I nostri nonni lo pulivano, oggi non viene più fatto e sono invasi dagli “alieni” come ailanto, robinia ed edera. Quando viene gestito porta invece vantaggi a tutti, anche al vigneto che si trova di fianco dove si va ad eliminare, per esempio, la flavescenza dorata”. Il concetto è chiaro: se non c’è manutenzione, il motore naturale grippa.
Per dare gambe anche economicamente al progetto è nata una raccolta fondi e sono già arrivati 11.000 euro, ma c’è tempo fino a Natale per donare. Un gesto utile a ripristinare 4 aree ambientali piemontesi con l’impianto di nuovi alberi e azioni colturali mirate, come anche la pulizia del sottobosco. In altri termini è la rigenerazione del paesaggio del tartufo. Battaglia che, oltre le istituzioni (l’ente della Fiera del Tartufo e il centro nazionale Studi del Tartufo), ha conquistato pure il prestigioso New York Times, che ha dedicato a Carlo e Edmondo un articolo .
Gian Basilio Nieddu