Risparmio energetico: verso l’etichetta di efficienza anche per pc e data center
Nell’Unione Europea è tempo di tornare a parlare di risparmio energetico. Il Vecchio Continente è, infatti, ad un punto cruciale per quanto riguarda la Direttiva Ecodesign, la legislazione disegnata per promuovere la progettazione e la commercializzazione di apparecchi con un ridotto consumo energetico.
Pubblicata dalla Commissione UE il 6 luglio del 2005, la Direttiva, chiamata anche EuP – Energy using Products, il 20 novembre 2009 è stata sostituita da una nuova versione (2009/125/CE). La modifica più importante risiede nel fatto che l’ambito di applicazione, ossia i “Prodotti che consumano energia”, è stato ampliato allo scopo di comprendere “prodotti connessi all’energia” e la norma viene oggi abbreviata con “Direttiva ErP”. Lo scopo è, naturalmente, ridurre il consumo di energia e altri impatti ambientali negativi.
L’obiettivo per il 2020 è una riduzione del 12% del consumo del 2007, un risultato ancora molto lontano. Per fare un esempio sull’entità del risparmio energetico possibile, basta guardare alle stime previste per alcuni dispositivi ancora da standardizzare con le nuove regole. I trasformatori elettrici, ad esempio, consumano in Europa 80 TWh (terawattora) di energia elettrica, e 34 milioni di tonnellate di CO2. Non attuando alcuna misura, nel 2020 queste due cifre dovrebbero arrivare a 92 TWh e a 39 Mt. Dare una forte sterzata verso l’efficienza energetica vorrebbe, quindi, dire essere all’avanguardia nel contrasto ai cambiamenti climatici e nella definizione di eco-misure di sostenibilità a livello mondiale. Senza dimenticare i benefici in termini di risparmio economico per i cittadini. Da uno studio di ECOFYS, dal titolo “Saving energy: bringing down Europe’s energy prices for 2020 and beyond”, si stima in 250 miliardi di Euro l’anno il risparmio complessivo ottenibile in Europa attraverso politiche di efficienza energetica. Un dato ottenuto considerando un arco temporale da qui al 2030.
Purtroppo però, la Direttiva ha tempi molto lenti. Per ora solo pochi prodotti hanno recepito gli standard nuovi per essere messi sul mercato; hanno, cioè, completato l’iter che porta alla standardizzazione delle modalità produttive e dei livelli di consumo massimo permessi, nonché alla commercializzazione con le nuove etichette energetiche. La maggioranza delle quali riguarda, ad oggi, gli elettrodomestici, di cui l’Italia, dopo la Germania, è il più grande produttore d’Europa. Tuttavia, il Parlamento Europeo sarà a breve chiamato a stabilire i nuovi standard di efficienza energetica di server e personal computer. Le associazioni ambientaliste europee, tra le quali anche Legambiente, chiedono agli Eurodeputati standard più stringenti di quelli proposti dalla Commissione Europea, per ottenere risparmi seri e consistenti. Il documento attuale, infatti, che le case di produzione dovrebbero adottare entro il 2014, propone standard di consumo che la maggior parte dei computer di casa o da ufficio in commercio hanno già applicato dal 2011. Parametri sostanzialmente vecchi. Si tratta dei consumi durante le fasi di stand-by o di pausa, non quelli col computer in uso, proprio per non porre limiti alla qualità delle performance del prodotto. C’è, inoltre, da notare che per i computer non esiste neanche l’etichetta energetica per aiutare il consumatore ad indirizzarsi verso i dispositivi più “risparmiosi”. In concreto, si propone di puntare almeno al 20% in meno di consumo energetico (50% per le schede grafiche) quando il computer è in pausa o in stand-by, e di introdurre misure di attenzione verso lo smaltimento dei pc, l’impiego di materie riciclate nella produzione e la diminuzione di sostanze tossiche al loro interno. Tutte istanze ad oggi assenti nella bozza della Commissione.
Quella che si propone è quindi una regolamentazione del settore più coraggiosa, in grado di presentare ai grandi produttori soluzioni convincenti in modo tale da spingerli ad abbracciare soluzioni green ICT, anche in termini di server e data storage, vista soprattutto la grande e rapida diffusione del cloud computing.
Tuttavia, le iniziative in tema di risparmio energetico, soprattutto legato alle tecnologie informatiche, non si arrestano qui. La Commissione Europea ha, infatti, diffuso un Codice di Condotta volontario sull’efficienza energetica dei Data Center. Un programma rivolto a tutti gli operatori di Data Center che intende dimostrare l’impegno di un’azienda nei confronti dell’efficienza energetica dei sistemi ICT. Il Codice di Condotta comprende anche un documento sulle migliori prassi. L’adesione al Codice, al momento, è volontaria.
L’economia 2.0 non è infatti a costo zero dal punto di vista energetico, ma pare, tuttavia, che chi lavora in questo campo non ne sia così consapevole. Lo rivela una ricerca di Emerson Network Power condotta su 341 professionisti. Dalla quale emerge che il 43% di loro non è a conoscenza degli obiettivi energetici europei del programma 20-20-20, che prevede di ottenere entro il 2020 la riduzione delle emissioni di gas serra almeno del 20%, la generazione del 20% dell’energia consumata mediante fonti rinnovabili, la riduzione del 20%dell’uso di energia primaria rispetto ai livelli proiettati. Il sondaggio ha anche rilevato che soltanto il 21% ha già adottato iniziative per uniformarsi ai requisiti. E il 63% di coloro che sono consapevoli di tali requisiti esprimono preoccupazione per l’effetto che il nuovo Codice avrà sull’attività del Data Center.
Il sondaggio di Emerson Network Power rivela però anche alcune note positive. La conoscenza degli obiettivi UE, per esempio, ha indotto quasi tre professionisti del settore su cinque (il 57%) a utilizzare apparecchiature IT più efficienti in termini di consumo energetico. Il 72% indica che l’efficienza energetica è una delle più importanti valutazioni da fare quando si acquistano apparecchiature per il Data Center. Inoltre, le difficoltà sollevate da questi obiettivi non hanno comunque indotto a valutare il trasferimento del Data Center in Paesi con meno restrizioni: soltanto il 3% ha, infatti, adottato questa strategia. Oltre un quarto delle aziende interpellate, infine, può già contare su iniziative ecologiche in ambito aziendale. L’indagine ha anche considerato l’energia rinnovabile: la metà degli intervistati ha indicato nell’energia solare la fonte preferita di energia rinnovabile per alimentare il Data Center primario, ma ha anche affermato che il costo è la principale causa della mancata adozione di fonti rinnovabili di energia.
Beatrice Credi